Il sofà delle muse

Il Corriere dell'Unione

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verbenasapiens
view post Posted on 11/3/2006, 22:06




L'outing di Paolo Mieli è il sintomo che il partito dei padroni vuole la rivincita sul governo
I padroni stanno con Romano Prodi, il popolo con Silvio Berlusconi.
È un paradosso, ovviamente, e anche una forzatura linguistica legata al vecchio modello conunicativo classista. Ma in fondo è così.
Il direttore di via Solferino Paolo Mieli si è espresso in modo chiarissimo, il che non è sempre nelle sue abitudini, e ha votato centrosinistra con un editoriale-pagella in cui i promossi sono Prodi, Rutelli, Pannella, Boselli, Fassino, Bertinotti, e perfino Fini e Casini come futuri oppositori di sua maestà (unico bocciato il buon D'Alema).
Il Corriere è un'antica istituzione, ma si modernizza.
Fa come il Washington Post, che sceglie sempre i presidenti per premurarsi poi, eventualmente, di farli dimettere a colpi di scoop. E vabbè.
Vedremo per gli scoop, se l'operazione dovesse riuscire.
Ma il Corriere borghese e lombardo non è solo.
La Stampa subalpina sembra a tratti un giornale dilibertiano, dalla politica estera rigorosamente antiamericana alla politica interna impastata di neotravaglismi, tardocomunismi ed eterni liberalismi al Barolo, però sempre addosso a Silvio Berlusconi.
Della Repubblica si sa. Del partito democratico Carlo De Benedetti ha la tessera numero 1, e si riserva anche lui di sceglierne i dirigenti per le generazioni future.
La Galassia del nord, Montezemolo-Fiat, De Benedetti hanno scelto in modo inequivocabile e legittimo di abbattere il Cav., cioè l'intruso, quell'imprenditore che nella sua vita ha scavalcato grandi e piccoli establishment, ha inventato un popolo di piccole partite Iva in ribellione contro la concertazione stato-grandi gruppi, ha sequestrato per sé una montagna di denari nel business più fiorente degli anni Novanta, la tv commerciale, senza lasciare ad altri nemmeno le briciole.
È una storia di odio-amore che va avanti da 15 anni, Giovanni Agnelli fu il battistrada nel suo celebre cinismo, salvo salire sul carro della rimonta berlusconiana, per breve tempo, nel 2001.
Le classi abbienti, per tornare a un idoneo linguaggio anni Cinquanta, non possono sopportare che un uomo di grandi profitti faccia appello direttamente al popolo, si faccia un suo partito, partecipi alle elezioni e le vinca, governi per cinque anni senza propensione alla spartizione delle spoglie.
La grande regola non scritta è sempre stata in Italia che i soldi stanno da una parte, e fanno politica a modo loro, e la politica dall'altra, per far soldi a modo suo.
Chi incarni l'unificazione dei due mezzi alla fine deve essere demonizzato ed espulso dal gioco in nome della battaglia contro il conflitto di interessi, che come si sa è sempre e solo quello degli altri. Il populismo democratico e anticomunista nelle mani di un imprenditore dal celebre sorriso, legittimato per di più dal Congresso plaudente degli Stati Uniti, è una mortale minaccia.
Che Berlusconi abbia fatto poco, anzi niente, per disinnescare la minaccia, per consolidare una linea confindustriale di movimento, per dividere il sindacato dei padroni da quello dei lavoratori, è un fatto.
Che la minaccia segnali il rischio di un ritorno all'indietro del nostro modello politico, tutti a riconcertare con tecnici e politici professionali il gigantesco conflitto di interessi universale nel centrosinistra, anche questo è un fatto.
Centrosinistra e padroni sono legati a doppio filo dall'opposizione radicale al fenomeno Berlusconi, ma anche dalla comunanza di linguaggio, di stile e fashion, dal modo in cui si proteggono dalla trasparenza televisiva indicata come la Grande Corruttrice della democrazia, dal rapporto incestuoso con intellettuali, artisti, opinionisti, circuiti europei delle alte burocrazie e dei grand commis de l'état, con una pubblica amministrazione gelosa del suo quieto vivere. Berlusconi non è e non sarà mai «classe dirigente» in questo senso, il tocco di avventura personale prevale su tutto, nel bene e nel male. Ma a sua volta la «classe dirigente» padronale aggregata al carro della sinistra politica non combinerà niente.
Per dirla con Pietrangelo Buttafuoco, finirà così: finirà che Romano Prodi, se riesce il colpo, cercherà invano di ricostruire un compromesso tra interessi in conflitto, predicando la fine del conflitto di interessi, e verrà travolto. La componente liberale e riformatrice del centrosinistra dovrà fare i conti con i fantasmi del solidarismo, fioccheranno tasse, e alla fine lo scambio non sarà di reciproca soddisfazione. È già successo, al tempo dei governi fastosi e impotenti dell'Ulivo mondiale.
Ma almeno, ragionano così i padroni, con la storia dell'alternanza, se saggiamente amministrata, possiamo limitare le perdite, l'accumulazione di poteri autonomi insopportabili, e soprattutto quell'inaudito richiamo alla sovranità delle casalinghe e delle vecchie zie che ha sfregiato con il Cav. il bel volto antico della democrazia compromissoria all'italiana.
Che il 9 aprile vuole prendersi la sua rivincita, scatenando il partito dei padroni contro il governo dell'imprenditore.

di
Giuliano Ferrara
http://www.panorama.it/opinioni/archivio/a...1-A020001035232
Sarà pure un repobro volta gabbana ma è intelligente e capace di farsi capire bene...peccato che i gonzi siano proprio ottuso e del resto basta leggerli in certi forum e si capisce eccome wink.gif
 
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0 replies since 11/3/2006, 22:06   16 views
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