Il sofà delle muse

Amnistia? Meglio nuove regole

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*Ishtar*
view post Posted on 3/1/2006, 18:51




Depenalizziamo i reati minori e lasciamo agli storici la soluzione di casi come la morte di Tenco

Quando l'Italia discute di amnistia, come accadde dopo la visita del Papa a Montecitorio tre anni fa e come accade in questi giorni, vorrei avere le certezze di Marco Pannella o quelle del leghista Roberto Castelli, ministro di Grazia e giustizia.
Vorrei avere idee chiare, convinzioni precise ed essere serenamente schierato da una parte o dall'altra. Confesso invece di avere idee confuse e molti dubbi. Proverò a elencarli.
L'ultima amnistia risale al dicembre del 1989, quando guardasigilli era Giuliano Vassalli e presidente del Consiglio Giulio Andreotti. In Parlamento Vassalli spiegò che la recente riforma del Codice penale e soprattutto la più ampia competenza dei pretori avrebbero aumentato il carico di lavoro arretrato della magistratura. Fu questa la ragione per cui il provvedimento proposto dal governo era più generoso del precedente (1986) e prevedeva, con un certo numero di eccezioni, soprattutto nei casi di corruzione, una sanatoria per i reati puniti sino a quattro anni.
Superata qualche resistenza, l'amnistia venne approvata insieme a un indulto e fu la ventunesima della storia repubblicana. Subito dopo, tuttavia, si decise che l'Italia doveva smetterla di ricorrere a questi mezzi ogniqualvolta desiderava svuotare le carceri e ridurre il numero dei processi.
Per correggere questo vecchio vizio nazionale ed evitare di cadere in tentazione, la classe politica modificò l'articolo 79 della Costituzione e portò a due terzi il quorum dei voti necessari all'approvazione del provvedimento in Parlamento. La modifica dell'articolo 79 fu approvata con la Legge costituzionale n. 1 del 6 marzo 1992 e ha prodotto l'effetto desiderato.
Se finora non vi è stata amnistia, nonostante gli appelli di Giovanni Paolo II e le manifestazioni di Pannella, la responsabilità non è dei «giustizieri», pregiudizialmente contrari a qualsiasi provvedimento di clemenza, ma dei limiti che il Parlamento ha imposto a se stesso. Gli effetti dell'amnistia del 1989 furono questi.

Il numero dei carcerati passò da 30.680 a 26.150, ma nel 1991 i detenuti, grazie alla nuova legge sulla droga e alle misure antimafia, erano 35.485. Lo sfoltimento dell'arretrato non impedì che il numero dei processi pendenti continuasse ad aumentare. E la cancellazione dei reati per finanziamenti illeciti ai partiti politici creò una sorta di «impari condicio» che divenne evidente all'epoca di Tangentopoli.
Ne trassero un considerevole beneficio infatti i comunisti, che avevano ricevuto aiuti finanziari, direttamente o indirettamente, dall'Unione Sovietica; ma ne trassero un minore vantaggio i partiti che si erano alimentati grazie a reati di corruzione che l'amnistia non condonava.
Ecco alcune delle ragioni per cui mi chiedo se un'ennesima amnistia sia davvero il provvedimento di cui l'Italia ha bisogno. Viviamo in un'epoca di criminalità crescente e i nostri carcerati sono più di 50 mila. Ma in Gran Bretagna si aggirano sui 70 mila, mentre in Francia e in Germania superano i 60 mila. E non parlo degli Stati Uniti, un paese che ha 281 milioni di abitanti e, al 31 dicembre 2004, 2.135.901 carcerati.
Non possiamo svuotare il carcere ogniqualvolta il pendolo oscilla verso la compassione e riempirlo con l'approvazione di nuove norme (come accadrà grazie a quella parte della legge Cirielli che concerne i recidivi) non appena oscilla verso l'indignazione per un nuovo omicidio, una nuova forma di teppismo, una nuova truffa bancaria.
Occorrerebbe prendere in considerazione altre strade: la depenalizzazione dei reati minori, una radicale riforma dell'edilizia carceraria, la creazione di colonie di lavoro.
E occorrerebbe fissare regole che impediscano ai magistrati di riaprire vecchie vicende come quella del suicidio del cantante Luigi Tenco.
La giustizia di cui abbiamo bisogno è quella che interessa la nostra esistenza, che serve a migliorare la società in cui viviamo e che può metterci al riparo, con provvedimenti tempestivi, dalle insidie di un ladro o di un truffatore.
Sulla morte di Tenco, come su altri avvenimenti controversi degli ultimi decenni, possono indagare gli storici.
Sergio Romano
http://www.panorama.it/opinioni/archivio/a...1-A020001034170
Romano non ha tutti i orti ma si sa che in tante cose l'Italia è schizofrenica.Quando alla riapertura del caso Tenco, meglio stendere un velo pietoso.Resta il fatto che tanto populismo buonista non è proprio gradevole perechè da l'idea che alla fine tutto è permesso, tanto c'è l'amnistia, io credo che occorra valutare caso per caso anche perchè la gente non sopporta l'arrogante microcriminalità
 
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