Il sofà delle muse

Gli ex di Ecce Bombo contro Moretti: ormai non fa più nemmeno i giroto

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Rachael
view post Posted on 6/11/2005, 13:21




Ecce bombo", semanticamente, non vuol dire un tubo. Era sproloquio in 16mm, nonsense, un pernacchio ad uso della critica cinematografica che non capiva ma - diomio- gridava al capolavoro. Eppure nel ' 78 il film- culto di Nanni Moretti sulle disillusioni di una generazione ( la sua), innescò una rivoluzione sfiancante e silenziosa. Molto sfiancante e molto silenziosa. Al punto che nella rimpatriata dell'altra sera al teatro Belli inTrastevere, dopo 27 anni, tra i reduci del film ( in sala 200 persone che si sbellicavano nella nostalgia), mancava proprio Moretti.
Eppure c'erano tutti. Piero Galletti e Giorgio Viterbo, oggi dirigente Rai e informatico; e il bibliotecario Vincenzo Vitobello; e Paolo Zaccagnini, del Messagero che faceva il cazzuto parastatale con la mania del rock. C'erano tutti: l'amico Etiope, gli studenti che scambiano i presidenti della Repubblica per l'Inter anni 70, il fantasma del " poeta contemporaneo Alvaro Rissa" evocato nella scena della commissione d'esame. Tutti i compagni. Tutti tranne Nanni. Il quale Nanni, nel romanzo del " come eravamo", era lo spettro, l'imputato in contumacia che ha lasciato in piedi le domande senza neppure tentare ( come fecero molti della sua generazione da Lotta continua in poi) di cambiare le risposte; Nanni non c'era perchè " vedeva gente, faceva cose" e aveva un film da restaurare e una scenografia da allestire.
Ma, di fatto, l'ex autarchico Michele Apicella ha trattato la sua vecchia ghenga di barricaderi come una colf a cui si dà gli otto giorni.
C'era finalmente da fare qualcosa di sinistra, e lui ha girato la telecamera dall'altra parte. Oggi, nel trambusto dei celentanismi televisivi, di questo ripudio delle radici anarcoidi s'è accorto solo " Il Riformista"( con Tommaso Labate), il quale ha registrato il voltaspalle di Moretti come un tradimento, l'ennesimo segnale di una parte politica in bilico sulle proprie ideologie.
In realtà, in tempi normali, questo distacco morettiano, questo sfilarsi dalla lotta, avrebbe infuocato il dibattito, perché « Nanni, in fondo, non è mai stato di sinistra » ha raccontato Piero Galletti - nel film era Goffredo lo studente sessantottardo - « una notte per liberare un set dalle prostituite chiamò la polizia, come ora fa Cofferati... » ( dall'entourage del regista ribattono: « un complimento » ) . « Magari nessuno di noi l'aveva invitato; non è poi così importante, quando la politica oggi si riduce a Celentano, in questo ha ragione Feltri ... » commenta Zaccagnini « Moretti come Cofferati? Boh. Cofferati fa una battaglia politica: è come mescolare la besciabella con la schiuma da barba, sempre crema, che c'entrano?... Certo, la politica di oggi è più misera e Nanni odia la folla, infatti avete notato che non fa più manco i girotondi? » . L'hanno notato. In molti. Come hanno notato che dopo le Primarie, svolta prodiana, il morettismo è scivolato dal " J'accuse" di piazza Navona nel silenzio di chi non ha capito cosa gli sta accadendo intorno. E, per una volta- magia del cinema- Nanni vive lo stesso spaesamento che ghermisce i fruitori dei suoi film. Francesco Specchia

Il girotondino Nanni odia la folla, "é così poco snob mischiarsi alla plebe" tongue.gif
Sti' sinistri, ma che ce ne fosse uno, che sia uno sporco opportunista rolleyes.gif
 
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verbenasapiens
view post Posted on 6/11/2005, 20:15




Il fatto è questo : i sinistri hanno tanta voglia di afre i ricchi borghesi agiati, ma ovviamente non possono perdere la faccia..di bronzo peraltro..
Leggete questa chicca e vedrete che personcine c'erano a quei tempi..

Lambiase e i terroristi alle vongole

Diventa sempre più difficile leggere libri belli e divertenti come Terroristi brava gente di Sergio Lambiase (pagg. 151, euro 12, edito da Marlin, la nuova casa editrice degli Avagliano dopo l’uscita da quella che porta il loro nome). Tanto che lo si beve tutto d’un fiato, con le labbra sintonizzate sul sorriso. È uno spasso seguire le stralunate vicende di un gruppetto di terroristi, persi, nei plumbei anni Settanta, dietro le bandiere rivoluzionarie e finiti a rimestare caglio in un caseificio di Castelvolturno. Ma andiamo per ordine (e con qualche ellisse). Già in CGDCT (Come giustamente diceva il compagno Togliatti) del 1997 Lambiase aveva saputo raccontare con benevolente ironia le retoriche miserie e gli aggrovigliati sogni della cosiddetta sinistra ufficiale in anni che a riconsiderarli oggi ci sembrano preistorici, come appare consegnata alla storia l’era delle P38 che è lo sfondo e la sostanza delle picaresche giornate di Febo Landolfi, giovane borghese napoletano e narcolettico, che si ritrova catapultato nella lotta armata più come Oblomov che come un demone di Dostoevskij, e della sua sgangherata banda che sembra partorita dalla mente di Magnus&Bunker. Nella colorita chiorma spiccano, poi, Evelina Miniero, detta Zazà, piccola e scatenata rivoluzionaria, che ama anche cantare in equivoci locali dei Quartieri Spagnoli, e suo fratello Giosuè, paraplegico malupino che passa da Evola a Fanon, alle rapine a mano armata ai benzinai romani. Senza cadere nell’equivoco di una lettura come romanzo a chiave sui Nap, alla cui vicenda effettivamente si ispira in modo parodistico Lambiase, Terroristi brava gente è il racconto della parabola eversiva della fantomatica Colonna Gavino Prunas dei Gam (Gruppi Armati Meridionali). «Il Vomero era un concentrato di noia mortale intorno al ’73, come tutta la città d’altra parte» scrive. Era l’epoca degli scontri fisici con i fascisti che stazionavano a piazza Vanvitelli (l’estrema sinistra era padrona di mezza piazza Medaglie d’Oro) e si viveva «smemorati come batraci nella palude napoletana». La scelta della lotta armata contro il capitalismo, che si pensava in fase terminale, avviene in Febo e gli altri per scivolamento progressivo, dalla scoperta che i sogni della classe operaia di Bagnoli sono molto piccolo-borghesi all’invasamento per i déraciné (tanto che poi alcuni finiranno a fare proselitismo tra i barboni della stazione Termini a Roma). Lambiase immerge il lettore nella sgangherata quotidianità di «terroristi che vivevano nel terrore» e si circondavano di amuleti religiosi (da Padre Pio a Moscati, alla Madonna dell’Arco), bestemmiavano, si abbuffavano di fumetti e scatolette di tonno, maneggiavano con gloriosa imperizia plastico e timer, lucidavano armi cecoslovacche tra covi micragnosi dallo Scudillo a Cavalleggeri, tenevano la pistola sotto il cuscino, si autofinanziavano con espropri nei supermercati e con il rapimento di una giunonica oculista (che finisce per dar loro lezioni di tango), mettevano bombe davanti a caserme e manicomi, prendevano a prestito teschi dal cimitero delle Fontanelle per fare meditazioni amletiche, invidiavano e volevano emulare le Brigate Rosse, finivano in carcere, evadevano, erano ripresi e, nei mesti anni Novanta, chiedevano di tornare in prigione pur di non fabbricare più mozzarelle in regime di semilibertà. Comici, spaventati terroristi, quindi, questi di Lambiase, disegnati con una lingua che sa dosare il lessico napoletano e con uno stile sicuro che riesce a padroneggiare gli innesti presi dalla cultura alta e dalla subcultura di quegli anni in cui l’ideologia schiacciava sogni e persone. Dopo saggi ricostruzioni, testimonianze e film di opposto spessore, oggi possiamo anche ridere di quei cupi orizzonti di gloria, perché non è più un semplice esorcismo, ma una consegna definitiva al capitolo tragicomico del «come eravamo». Convinti, più che mai, che una risata li ha seppelliti.
Pietro Treccagnoli

http://ilmattino.caltanet.it/mattino/view....l&type=STANDARD
certo ma qualcuno mica lo sa che una risata l'ha seppellito w00t.gif
 
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1 replies since 6/11/2005, 13:21   95 views
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