Il sofà delle muse

Una Tragica verità a Lecco, come si puo' ammazzare un figlio

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verbenasapiens
view post Posted on 26/5/2005, 05:55




Come si puo' ammazzare un figlio e soprattutto PERCHE'?

Bimbo annegato, vicina
la soluzione del mistero
E inn serata la madre del bimbo, la cui versione non ha mai
convinto gli inquirenti, ricoverata al pronto soccorso per malore


I Ris in casa Magni
LECCO - Sembra proprio questione di ore. Ore nelle quali potrebbe risolversi il mistero della morte di Mirko Magni, il bimbo di cinque mesi annegato una settimana fa nella sua abitazione, in provincia di Lecco, mentre la mamma gli stava facendo il bagnetto. O quanto meno l'inchiesta potrebbe subire una svolta verso una soluzione che confermerebbe l'ipotesi più agghiacciante: il piccolo sarebbe stato affogato da qualcuno, che lo ha tenuto per qualche minuto sott'acqua.

Insomma quella di oggi è stata una giornata molto convulsa e piena di voci, che si sono rincorse continuamente. Tra gli unici dati certi c'è che, in serata, la madre di Mirko, Maria Patrizio, colta da malore, è stata ricoverata al pronto soccorso dell'ospedale di Merate. Nel pomeriggio si era incontrata a lungo con i suoi legali, Fabio Maggiorelli ed Ernesto Rognoni di Genova (nominati solo ieri dalla famiglia), che poi erano andati a incontrare il procuratore capo di Lecco, Anna Maria Delitala, uscendo dal colloquio piuttosto scuri in volto. "E' una donna disperata, distrutta, non fa altro che piangere" ha detto Maggiorelli, riferendosi alla sua cliente.

La giornata era cominciata con le indiscrezioni pubblicate da un quotidiano locale secondo il quale il bimbo è stato, appunto, assassinato. Non si sarebbe trattato, quindi, di un incidente, del tragico epilogo di una rapina (come ha sempre dichiarato la mamma) ma di un omicidio vero e proprio. Certo, ancora non si dà per scontato chi sia il colpevole, ma gli elementi sicuri finora sono due: un bimbo morto e l'unica persona che era con lui in quel momento, la madre, che ha sempre respinto ogni responsabilità nel dramma. Un po' come nel caso di Cogne.

"Mi hanno aggredito alle spalle, stavo lavando Mirko quando qualcuno mi ha picchiata e ho perso conoscenza", ha ripetuto per sette giorni Maria, giovane donna sposata con Christian Magni, operaio nella zona, e con un figlio, Mirko, tanto voluto, tanto atteso, nato dopo cinque anni di matrimonio. Quel mercoledì mattina nell'abitazione su due piani nella cascina Valaperta, nella ricca Brianza lecchese in casa c'erano solo loro due, Mirko e la sua mamma. A un certo punto è scattato l'allarme. Sul posto erano arrivati il 118, i carabinieri. In casa la donna, sotto choc e sconvolta, che era stata trovata poco prima dal marito e dal suocero. "Era legata con del nastro adesivo", hanno spiegato.

Una versione, questa dell'aggressione, che dal primo momento non ha convinto gli inquirenti, che hanno comunque deciso di indagare a tutto campo: rapina, ma anche un incidente o l'infanticidio. Dopo due giorni sono arrivati i Ris di Parma che hanno setacciato l'intera abitazione, trovando decine di tracce organiche e biologiche ed elementi tuttora sottoposti ad analisi nei loro laboratori. E' stata eseguita l'autopsia su Mirko, ma finora un esito ufficiale degli esami non è stato comunicato, anche se le indiscrezioni circolate tra ieri e oggi rivelano, appunto, l'ipotesi dell'omicidio.

(25 maggio 2005)

da repubblica.it
 
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valmont74
view post Posted on 26/5/2005, 07:42




Omicidio e simulazione di reato, attesa la convalida dell'arresto
Maria Patrizio oggi in carcere a Milano Giallo sulla confessione: la donna avrebbe ammesso di avere ucciso il piccolo Mirko.
Nessuna conferma dagli inquirenti

LECCO - Omicidio aggravato e simulazione di reato. Sono queste le accuse con cui i carabinieri hanno fermato nella notte Maria Patrizio, la mamma di Mirko, il bimbo di 5 mesi trovato morto annegato una settimana fa nella sua abitazione a Casatenovo. La notizia è stata confermata dal procuratore della Repubblica di Lecco, Annamaria Delitala, dal sostituto Giovanni Gatto e dal comandante provinciale dei carabinieri di Lecco Michele di Salvo. Si attende ora la convalida dell'arresto da parte del giudice per le indagini preliminari. La donna, ricoverata nell'ospedale Mandic di Merate dopo un malore, sarà trasferita nel carcere di Milano.
Secondo alcune indiscrezioni, i carabinieri - che hanno l'hanno interrogata in ospedale - sarebbero riusciti ad ottenere una confessione. Ma né i militari né i magistrati che si stanno occupando del caso hanno dato conferme. Non si sa dunque se resta ancora in piedi la ricostruzione fornita dalla donna, che aveva parlato di un'aggressione subita da persone introdottesi nell'abitazione.
Per questa mattina è prevista una conferenza stampa in cui saranno diramati ulteriori particolari sulla vicenda.
26 maggio 2005

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronach...nfessione.shtml
Non mi permetto di giudicare da questi fatti nudi e crudi..provo solo tanta amarezza e pena

Edited by valmont74 - 26/5/2005, 08:43
 
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valmont74
view post Posted on 26/5/2005, 07:46




Foto e tv, le ambizioni di Maria

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CASATENOVO (Lecco) - Comparsate in televisione e foto in posa. Mamma amorevole alle prese con il battesimo del figlio. I due volti di Maria. Bella, taglio alla moda, look accattivante. Sguardo dolce e malizioso, nello stesso tempo. La gioia dei piccoli manager dello spettacolo incaricati di riempire posti in platea con facce interessanti. Ne approfitta la giovanemamma di Casatenovo che ha le carte in regola per fare la figurante. Lineamenti regolari, mani curate, piedi affusolati.
Particolari necessari per buone inquadrature sul pubblico e per riprendere dettagli del corpo e del volto. Per lei è un lavoro divertente e anche remunerativo. Più soldi in tasca senza compromettere l’impiego da dipendente: commessa in una panetteria di Arcore. Un part-time che le lascia il tempo di integrare lo stipendio. Soprattutto nella prospettiva di comprare una nuova casa.
E poi c’è la vanità da tenere a bada. Di ragazza carina e pure sveglia, che nella vita può fare di più che vendere michette. Come le presenze in tv: la soluzione migliore per lei. E, tra conoscenze e passaparola, qualche anno fa è saltato fuori un amico fotografo disposto ad aiutarla. Subito Maria si mette in posa. Cambia abiti e atteggiamento. Da ragazza di provincia si trasforma in gatta affascinante. Tira fuori grinta e audacia. Quanto basta per bucare l’obiettivo.
Così fa i primi passi in televisione. Bionda, aggressiva ma non troppo, è la bellina della porta accanto. Si vede in trasmissioni come «Il milionario» di Gerry Scotti. Lei seduta tra il pubblico. Famiglia e amici a contemplarla da casa. Orgoglio per le piccole partecipazioni, ma soprattutto gratificazione per essere pagata. E tanto le basta. Perché Maria non è lamodellina che cerca successo. Non pensa ai calendari e non frequenta posti per conoscere artisti.
Da un lato la voglia di apparire. Dall’altro il desiderio di casa, famiglia, sicurezza. Così la descrive l’amica del cuore, la dirimpettaia confidente per la quale, apparentemente, non ha alcun segreto. Federica Capone, commessa in un supermercato, la conosce da sette anni. Da nove giorni piange per la morte del piccolo Mirko. Ieri all’«angioletto biondo » ha lasciato un bouquet di fiori bianchi, con un bigliettino firmato «zia Chica». All’amica-madre che ha perso l’unico figlio, invece, dedica tutti i suoi pensieri.
Gentile, educata, solare. Maria che parla con tutti, Maria sempre disponibile, Maria l’amica ideale: «il vero volto di Maria». Quella che scimmiotta le modelle, «ma solo per guadagnare e comprare un’altra casa». La stessa che, dopo la felicità condivisa del parto, le esprime preoccupazione per la gestione del bimbo. «Era ansiosa, temeva di non potercela fare».
Poi le comunica di essersi rivolta a uno psichiatra: «Una conoscente farmacista le aveva indicato un professionista di sua conoscenza. Fu lui a prescriverle i farmaci». Medicine per controllare l’ansia, pasticchette per frenare la paura di cadere in depressione. Ma solo «farmaci omeopatici ». Lo assicura Federica, cercando di allontanare i sospetti di una vera depressione post partum. «In realtà lei stava bene. La depressione è un’altra cosa». E torna a descrivere Maria come «una donna intelligente che si è presa cura di sé rivolgendosi a uno specialista».
Un comportamento misurato, dice Federica, incompatibile con l’ipotesi di madre assassina. «Ci metterei una mano sul fuoco, Maria non avrebbe mai aver fatto del male a Mirko. Alei ho affidato addirittura mia figlia Lorella, che ha tre anni. L’ultima volta è stato due giorni prima della tragedia ».
Un racconto da brivido: «Le avevo portato il regalo per il battesimo del bambino. E lei come tante altre volte mi ha detto: "Lasciami Lorella, così gioca con Mirko". Se solo avessi dubitato di lei, non l’avrei mai fatto». L’ultimo ricordo è l’incontro con Maria nella caserma dei carabinieri, quel terribile mercoledì: «Era seduta accanto a me. Io le guardavo i segni sul corpo: taglietti sulle mani e sui piedi, gli occhi cerchiati. All’improvviso mi ha detto: "Lo sai che a te non posso mentire. Non sono stata io". Le credo tuttora».
E non si stacca più dal passato: «Maria è distrutta emi rincresce di non poterla vedere. Ma per me resta l’amica che ognuno vorrebbe, la persona che ho sempre stimato. No, non avrebbe mai fatto male al mio angioletto».
Grazia Maria Mottola
http://www.corriere.it/
In realtà credo c'entri molto la depressione post partum..l'incapavità di reggere psicologicamente ad una vita diversa da quella di sempre..un film sconvolge la vita..e non si fa solo per egoismo..perchè lo si vuole dato che ce l'hanno gli altri..è un grosso peso un figlio piccolo, non solo una grande gioia..possibile che nessuno avvertisse il disagio della madre?
Se tutto sarà confermato, ovvio
 
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Camille
view post Posted on 26/5/2005, 11:02




Non so come commentare queste vicende, so solo che in questi ultimi anni si sono centuplicate e che a rimetterci sono loro, i bambini, piccoli e indifesi che vengono uccisi dalle proprie madri, da quelle che hanno dato loro la vita e con freddezza agghiacciante gliela tolgono.
Costruendo poi complicate messe in scena per nascondere di aver ucciso.
Mi domando, la depressione può far commettere un atto incolsulto, ma dopo quanta freddezza ci vuole per legarsi, imbavagliarsi e recitare la parte della madre disperata?
E non é solo questo caso, ma tanti altri come quello della mamma del bimbo autistico annegato in piscina, la Franzoni, un' altra che ha annegato i suoi due figli in un fiume perchè aveva conosciuto un uomo e voleva "rifarsi" una vita, i due genitori che hanno fatto morire di fame la loro bimba,per non parlare poi dei neonati buttati via come spazzatura e di quelli maltrattati...
E' spaventoso se si fa mente locale, e NON mi si venga a dire che é la povertà, perché la povertà vera, quella di 50 anni fa non esiste più, eppure allora queste cose non succedevano. Il caso di quella donna che uccise la moglie e i figli dell'amante fece talmente scalpore che rimase nell'immaginario collettivo per decine di anni.
Oggi non passa mese che un bambino non venga ucciso in modo orribile.
C'è qulcosa di tremendamente sbagliato in tutto ciò.
 
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verbenasapiens
view post Posted on 26/5/2005, 15:00




Io non mi meraviglio, questo attuale è un mondo in cui non esitono valori nè tantomeno la parola sacrificio..si cerca solo il proprio "bene" ;degli ALTRI fossero anche figli, non interessa un tubo..sono un freno al proprio edonismo ambizioso..Del resto piu' si considera la vita come qualcosa di non piu' sacro ma vincolata a tante variabili, piu' credo che possano avvenire certi fatti atroci..cosa ci si può aspettare, in effetti?.
Non è tanto l'infanticidio che fa specie ( si fa per dire) ma il fatto che si abbia un raptus di follia e poi la freddezza per preparare delle messe in scena.
Mi chiedo se è stato un raptus improvviso o qualcosa di folle covato nel tempo non lo so..preferisco pensare ad un raptus improvviso

Edited by verbenasapiens - 26/5/2005, 16:03
 
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verbenasapiens
view post Posted on 26/5/2005, 15:03




Bimbo annegato, la mamma di Mirko
trasferita in carcere a Milano


MILANO - E' stata trasferita in carcere a Milano Maria Patrizio, la mamma del piccolo Mirko, accusata dell'omicidio aggravato del bimbo e di simulazione di reato. La donna, nel corso della notte, è stata portata dall'ospedale di Merate alla locale caserma dei carabinieri e, quindi, dopo alcune formalità, a Milano.

Al momento solo Maria Patrizio risulta indagata e in stato di fermo per l'omicidio del figlioletto Mirko. Anche se vi sono aspetti ancora da chiarire sul loro racconto, dalla vicenda sarebbero completamente esclusi il marito, Cristian Magni, e il papà del ragazzo, Gianluigi. I due uomini furono i primi a entrare nel bagno dell'orrore.

In attesa che i carabinieri convochino in giornata una conferenza stampa dopo quella improvvisata di stanotte alla presenza, tra gli altri, del procuratore capo Annamaria Delitala, del suo sostituto Giovanni Gatto, titolare dell'indagine, del comandante dei Carabinieri, colonnello Michele Di Santo e del comandante della Compagnia di Merate Alessandro Ciuffolini, continuano a filtrare indiscrezioni sulle ultime ore investigative che hanno subito lo scossone decisivo quando gli inquirenti hanno avuto tra le mani i risultati di alcune analisi scientifiche compiute dal Ris di Parma, ma ancor prima quando in procura è giunta la relazione dell'anatomopatologo dell'ospedale di Lecco, Paolo Tricomi.

In quel documento viene descritta la modalità di annegamento del neonato. Sempre secondo indiscrezioni, pare che il medico legale abbia stabilito che la testolina del piccolo Mirko sia stata premuta con due mani e tenuta sott'acqua per una decina di minuti, probabilmente anche qualche minuto dopo il decesso.

In particolare l'anatomopatologo avrebbe individuato alcuni segni all'altezza dello sterno del neonato: nessuna frattura o trauma particolare, anche perché i neonati hanno una struttura ossea piuttosto elastica. Sarebbero però ben visibili i segni della pressione esercitata con le mani, evidenziati a quanto pare da alcuni lividi.

http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/cr...palagiusti.html
 
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Rachael
view post Posted on 26/5/2005, 16:47




Depressione, problemi psicologici: ogni anno in Italia circa 20 bambini vengono uccisi dai genitori. A Castiglione delle Stiviere si cerca di capire perché.
di Bianca Stancanelli

Sembrava un giorno di festa. La mamma aveva vestito i suoi bambini, li aveva fatti salire in macchina, aveva guidato verso il lago. Nell'auto i due fratellini non riuscivano a star fermi per la gioia. Una volta arrivati, il più piccolo, che aveva appena imparato a camminare, si è avviato tranquillo verso l'acqua. La mamma lo ha spinto dolcemente fino al punto dove non toccava, poi lo ha lasciato andare. Spaventato, il fratello maggiore ha provato a difendersi, a reagire. Una mano di ferro, la mano della mamma, gli ha inchiodato la testa sotto l'acqua. Fino a quando non si è mosso più.

Una storia tremenda, quanto quella della madre cremonese che lunedì 6 dicembre si è gettata nel vuoto con la sua creatura. La donna responsabile del doppio infanticidio oggi vive sulle colline mantovane, chiusa nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, a 5 chilometri dall'incanto del lago di Garda. Unico fra gli opg italiani dotato di un reparto femminile, l'ospedale di Castiglione è il solo che ospiti madri che hanno ucciso i propri figli. A due condizioni: che siano state dichiarate totalmente incapaci di intendere e di volere e giudicate «socialmente pericolose». Racconta Antonino Calogero, 57 anni, psichiatra, dal 1976 al lavoro nell'opg e dal 2003 direttore: «L'ospedale dipende dal ministero della Salute, ma ha una convenzione con il ministero della Giustizia. Su 190 internati, le donne sono 80. Dieci di loro sono figlicide». Nella maggioranza dei casi la diagnosi è: depressione.

Depresse come Rosa Sansone, 39 anni, la donna di Volpiano (Torino) che mercoledì 1° dicembre ha ucciso a coltellate la figlia Nausicaa, 4 anni, e si è poi pugnalata fino a perdere i sensi. In cura da tempo, assistita dai servizi psichiatrici della asl, Rosa Sansone sembrava ai vicini una donna chiusa e triste. Ma nessuno, nemmeno il marito, Giampaolo Sellitto, impiegato nell'ufficio pesi e misure della Camera di commercio di Torino, avrebbe mai sospettato che potesse impugnare un coltello per uccidere sua figlia.
Com'è potuto accadere? A Castiglione delle Stiviere è appena stato avviato un progetto di ricerca: d'accordo con l'università romana La Sapienza, gli esperti dell'ospedale psichiatrico giudiziario stanno tentando di capire se esistono segni premonitori del figlicidio. Chiarisce il direttore Calogero: «Non è sufficiente dire che una donna è depressa. Bisogna indagare la storia familiare, in cui figurano a volte anche madri afflitte da depressione, le relazioni con i familiari, con il partner, gli eventuali conflitti».

Secondo l'Istat, ogni anno circa 20 figli vengono uccisi dai genitori, nella quasi totalità dei casi dalla madre. «Ma solo una su tre finisce in ospedale psichiatrico giudiziario» avverte Giuseppe Gradante, psichiatra e primario dell'area femminile nell'opg di Castiglione. «Le altre vanno in carcere, perché sono considerate sane di mente. Quando una donna uccide i suoi figli, la gente pensa: è un gesto contro natura, che contraddice l'istinto materno. Ma quell'istinto non esiste. C'è un sentimento materno, piuttosto, che non è innato e può essere più o meno accentuato, o non esserci del tutto».
Da quando il delitto di Cogne è esploso nei media con tutto il suo carico di mistero e di angoscia, l'ospedale di Castiglione è sommerso dalle richieste di laureandi che vogliono dedicare la tesi al figlicidio. «Ma ogni storia è un caso a sé» sostiene il primario Gradante. «L'unico elemento comune è che si tratta di donne che soffrono. E sono più vittime che carnefici. Vanno curate, non punite».

C'è Anna, ragazza di buona famiglia che ha avuto un bambino da un uomo più grande di lei, con il quale convive, e che un giorno, senza ragione apparente, apre la finestra del suo appartamento al secondo piano, col piccolo di due anni in braccio, e lo lascia cadere giù.
C'è Maria che, a quarant'anni, con due figlie adolescenti e un maschietto di 3 anni, si convince che il bambino sia malato, arriva a credere che la vita gli riservi un destino di sofferenza e di dolore e, non sapendo come proteggerlo, si ritrova a gettarlo in un canale, affidandolo alla corrente. C'è Angela che ha soffocato suo figlio, 2 anni appena, con un cuscino: voleva punire il marito, così distante, così freddo.

Nel dicembre 2003, quando le internate per figlicidio erano 14, Antonino Calogero ha stilato una rapida statistica. Trentasei anni e mezzo, l'età media delle madri al momento del delitto. Fra i 3 e i 5 anni, l'età delle vittime, maschi e femmine in ugual misura. Donne del Nord, nel 55 per cento dei casi (il 27 per cento provenienti dalla Lombardia). Titolo di studio, in maggioranza, la licenza media, ma in qualche caso il diploma. In nove casi su 14 il marito o il compagno non ha retto: si è allontanato. La famiglia d'origine, al contrario, spesso assicura sostegno, aiuto, comprensione. Accoglie le donne quando, per poche ore o qualche giorno, possono uscire grazie a un permesso dall'ospedale psichiatrico, da queste palazzine bianche con le grate alle finestre e un parco con piscina e laboratori di sartoria, falegnameria, grafica, informatica. Quelle brevi pause fuori dall'ospedale sono la prova generale del ritorno alla vita.

L'internamento in opg dura cinque o dieci anni, secondo le disposizioni della magistratura. Ma se il recupero della salute psichica è più veloce, i tempi possono abbreviarsi. Per tutte il momento più duro arriva quando si rendono conto di ciò che hanno fatto. Racconta Gradante: «Vengono nel mio ufficio, dicono: "Dottore, sto male: mi viene in mente mio figlio". Nessuna riesce a dimenticare, tutte ripetono: se potessi tornare indietro…».
Fra le madri uscite da Castiglione delle Stiviere nessuna ha avuto altri bambini. «Eppure» osserva Calogero «in molte donne che hanno appena ucciso un figlio scatta il desiderio di averne un altro». Nell'atelier di pittura dell'opg Margherita ha dipinto una madre che aspetta un bambino: in un violento color arancio ha rappresentato sulla tela il piccolo tutto chiuso nella pancia della mamma. Quando lo aveva tra le braccia, il suo bambino, Margherita l'ha lasciato cadere nel vuoto, sporgendosi dalla ringhiera del balcone.

Prigioniero nel carcere di Reading, un malinconico Oscar Wilde affidò ai versi di una ballata un pensiero struggente: «Ognuno uccide ciò che ama». Le mamme di Castiglione l'hanno fatto, e non sanno perché.

panorama
 
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verbenasapiens
view post Posted on 26/5/2005, 17:55




Molto interessante..ma ripeto non possiamo sapere cosa scatta in una mente umana specie se è sottoposta a lungo a stress..in effetti resta sole sconcerto e pietà

I pm: "La madre di Mirko ammette
solo la simulazione di rapina"
Per il procuratore capo si tratta di una confessione "parziale
ma sostanziale". Gli esami escludono l'incidente


L'arresto di Maria Patrizio
MILANO - C'e' stata una "confessione piena" sulla simulazione della tentata rapina, da parte di Maria Patrizio; ma sul momento cruciale, la morte del figlioletto Mirko di cinque mesi, la donna ha affermato di non ricordare nulla. E' quanto ha detto il procuratore della Repubblica di Lecco, Anna Maria Delitala, nel corso della conferenza stampa sulla morte per annegamento del piccolo. Gli inquirenti al momento non ritengono ci sia coinvolgimento di altre persone, confermando che la mamma del bambino è l'unica indagata.

Secondo il procuratore, quella della donna è stata una "confessione parziale ma sostanziale". Che fa "ritenere, in unione con gli altri elementi raccolti, di poter emettere un provvedimento di fermo per l'omicidio del figlio e simulazione di reato".

In altri termini, sempre secondo quanto ha rivelato il magistrato, "Maria non ha ammesso l'omicidio del figlio. Per parlare chiaro, non ha mai detto: 'sì l'ho ucciso io'. Anche perchè l'interrogatorio si è sempre svolto in una condizione molto delicata e difficile, e non siamo mai riusciti ad arrivare al punto cruciale, ma la dinamica di quanto è avvenuto è chiara lo stesso".

Dunque la Patrizio ha riconosciuto solo di essersi legata con una corda, per far credere che ci fosse stata in casa un'irruzione dei rapinatori, mentre lei faceva il bagnetto a Mirko. Il bimbo morto dopo essere stato tenuto per circa dieci minuti sott'acqua, secondo quanto risulta dall'autopsia.

Gli accertamenti, comunque, sono ancora in corso: per ora l'autopsia ha accertato soltanto che il bimbo è morto per annegamento. Il procuratore capo Annamaria Delitala ha rivelato invece l'esito parziale degli esami sulla vaschetta dove è morto il piccolo Mirko: dai risultati dell'esperimento è emerso che il corpo non può essere scivolato accidentalmente.

E se la rapina è stata simulata (come la diretta interessata ha confessato), e se non si è trattato di una caduta accidentale, l'unica ipotesi possibile resta quella dell'omicidio.

(26 maggio 2005
da repubblica.it

Edited by verbenasapiens - 26/5/2005, 18:56
 
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Ishtar
view post Posted on 27/5/2005, 09:27




Maria Patrizio nelle immagini sui suoi trascorsi televisivi

Non giudicatela per quella foto«Testimonia quanti danni abbia combinato il magistero televisivo nelle menti di tante brave ragazze e altrettanti bravi ragazzi»




di Isabella Bossi Fedrigotti

Una delle foto in posa di Maria Patrizio (Fotogramma)
Non bisogna dar retta alla foto che raffigura la commessa di panetteria Maria Patrizio, la «mamma di Lecco », come tutta l’Italia la conosce, in versione aspirante velina, con sguardo da maliarda, bocca semiaperta e mano sull’ampio décolleté, incerta se abbassare o meno la spallina. Non vuole dire nulla quella foto, che soltanto testimonia quanti danni abbia combinato il magistero televisivo nelle menti di tante brave ragazze e altrettanti bravi ragazzi in ogni angolo del nostro Paese. Soprattutto, non ha nulla a che vedere con un infanticidio.
Come fumo avvelenato, già salgono, infatti, dai forum e dalle chat—spesso versione virtuale dei bar Sport — voci acrimoniose che giudicano senza pietà: «Una che si fa fotografare così...», «Voleva andare in tv come la mamma di Cogne...», «Il bambino di certo era un ostacolo se aveva in mente di fare la velina...», «Ecco a cosa ha portato l’emancipazione femminile...», «Se le madri i figli non li buttano prima nei cassonetti li mettono poi in lavatrice o li annegano nel bagnetto...».
Ed è subito coro, il solito coro che da tempo canta il suo maligno ritornello contro le donne, tutte le donne, naturalmente, tornate diavoli senz’anima come si sosteneva (e si credeva) nel buon tempo andato del più oscuro Medioevo. Nessuno, probabilmente, aveva mai creduto molto alla storia pasticciata raccontata da Maria Patrizio, secondo la quale un aggressore misterioso l’aveva costretta a lasciar annegare il suo bambino; ma ora che sappiamo con certezza come è andata, quella foto di lei, procace e ammiccante, oltre alla costernazione per i penosi sogni indotti da certa tv, non può che suscitare pietà, in quanto tragicamente assurda e irreale, testimonianza di un’altra vita, di un altro tempo, migliore e spensierato, passato da qualche mese o da qualche settimana appena e tuttavia irrevocabilmente tramontato e perduto.
Pietà che, naturalmente, più della foto, riguarda la donna raffigurata, l’infelice «mamma di Lecco» che nella depressione post partum—leggera è stato detto e scritto,machi possiede il giusto metro di misura della malattia? — ha ucciso, come molte altre tragiche madri prima di lei, il suo minuscolo e, sicuramente, amatissimo bambino: gesto incurabile e inguaribile oltre che indimenticabile per lei e per la sua infelice famiglia.
Né, probabilmente, come nel caso della supertelevisiva Annamaria Franzoni, ci sarà un nuovo figlio consolatore, non solo perché ci sono voluti anni per mettere al mondo Mirko, ma anche perché non possono essere molti i padri disposti a rischiare una seconda volta. Non a caso pare che la povera Maria Patrizio, subito dopo la confessione, piangendo abbia pregato i suoi: «Per favore, non lasciatemi sola, adesso».
27 maggio 2005

il corriere.it

infatti nessuno qui se la prende con lei..ma con certi modelli imposti e vacui certamente..E del resto il 3D più letto qui è quello sulla trasmissione della De Filippi, falsa, vacuo, finto buonista e ruffiana..ma la gente ci crede e abbocca..come desiderato dall'audience
 
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Rachael
view post Posted on 27/5/2005, 17:40




Mi spiace ma non riesco a provare pena per la donna di Lecco, la mia pena va tutta al piccolo Mirko che ha fatto una morte orribile.
Alla sua vita non vissuta e a tutto quello che ha perso.
Fare un figlio non é come comprare un paio di scarpe che se diventano strette, si buttano.
Fare un figlio é responsabilità e sacrificio.
E non riesco a non pensare alle nostre mamme e nonne che di figli ne hanno cresciuti tanti e con grandi sacrifici anche materiali, eppure per loro era sempre una gioia, la depressione era quasi sconosciuta, e se il figlio capitava, in ogni caso una volta nato, lo amavano e lo accudivano.
Adesso i figli si buttano nella spazzatura, si affogano, si lasciano morire di fame...e la colpa va alla società, alla televisione ecc.
Mi spiace io non ci sto, sempre e comunque, anche a costo di sembrare insensibile, sono dalla parte dei bambini, i più deboli, i più indifesi, che non chiedono di nascere, ma che vengono messi al mondo con "leggerezza", per poi accorgersi, che limitano la libertà, che stancano fisicamente, che, magari, NON sono come li si immaginava, o sani biondi e rubicondi come i bimbi della pubblicità.
Ma un figlio, dovrebbe essere veramente "un pezzo di cuore" e un suo sorriso, il profumo della sua pelle, lo sguardo fiducioso nel suo visetto paffuto, dovrebbe diventare l'universo per chi ha deciso di metterlo al mondo.
Non mi fanno pietà quelle madri che uccidono, mi fanno rabbia e non riesco a giustificarle, soprattutto quando con freddezza e calcolo, cercano di nascondere il loro gesto orrendo, con macchinose messe in scena.
 
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verbenasapiens
view post Posted on 27/5/2005, 18:37




beh hai ragione nella sostanza..in effetti pensare a certe cose fa veramente molto male..si prova orrore..ma io lo stesso ho pena e pietà per questa donna..certe cose marchiano per la vita in modo orribile..
 
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Ishtar
view post Posted on 27/5/2005, 19:44




La ricostruzione Mirko spinto nell'acqua a faccia in giù

Sulla testa del bimbo l'impronta della mano destra della madre.
L'accusa: omicidio volntario aggravato

LECCO - Contraddizioni, parziali ammissioni, esami di laboratorio. Così l’altra notte la procura di Lecco ha accusato Maria Patrizio, la mamma di Casatenovo, di aver ucciso il figlioletto di 5 mesi facendolo annegare in una vaschetta di plastica azzurra. Secondo gli investigatori, Maria si è incastrata con le sue stesse mani. Prima il racconto della rapina giudicato inverosimile, poi i contrasti con la versione dei parenti, infine la confessione sulla simulata aggressione. A rafforzare l’impianto accusatorio, i risultati dell’autopsia sul bimbo e quelli del Ris.
LE PROVE. Nessuno sconosciuto in casa né una tentata rapina. Maria Patrizio era sola quando mercoledì 18 maggio Mirko è stato trovato morto in una vasca per bebè. Lo ha ammesso lei stessa l’altra notte. Una versione contrastante con quella di dieci giorni fa quando, poco dopo la tragedia, aveva raccontato di essere stata aggredita alle spalle da un rapinatore che l’aveva legata e imbavagliata con nastro adesivo: lei resta imprigionata nella stanza da bagno chiusa a chiave, il piccolo muore annegato. La sua storia, però, non convince. Subito arrivano i Ris da Parma per la selezione dei reperti. Cercano la chiave del bagno, il rotolo di nastro adesivo, tracce di estranei. Questione di giorni per mettere insieme i primi esiti e la versione di Maria comincia a vacillare. In casa non risultano entrati sconosciuti e la porta del bagno presenta alla base una fessura di oltre 2 centimetri che permette il passaggio di una chiave. I dubbi si rafforzano quando, trovata la chiave vicino alla scala a chiocciola che collega piano terra e primo, si prova a controllarne la traiettoria se lanciata da sotto la porta. Il risultato conferma i sospetti. Ma non basta. Viene verificata anche la posizione del bambino nella vaschetta: può essersi girato da solo e finire con la testina rivolta verso il fondo? La risposta arriva dopo una simulazione realizzata con un manichino: impossibile, Mirko deve essere stato spinto. A questo punto il cerchio si stringe. La famiglia di Maria nomina due avvocati, apparentemente per tutelare nome e immagine. In realtà la mamma di Casatenovo è già nel mirino della magistratura. Dall’autopsia, sarebbe risultato che il piccolo è stato tenuto sott’acqua. Pochissimi minuti, ma sufficienti a ucciderlo.
IL NASTRO. Non un incidente, quindi, ma omicidio volontario. Intanto da Parma giunge la certezza che sul rotolo di nastro usato per legarla ci sono solo le sue tracce. Ormai Maria è con le spalle al muro. Oltre sei ore di interrogatorio in una stanzetta del pronto soccorso dell’ospedale di Merate. Mercoledì 25 maggio Maria è lì dal pomeriggio, perché si è sentita male dopo l’incontro con gli avvocati. Alle 19 la raggiunge anche il capo della procura di Lecco, Anna Maria Delitala. Un faccia a faccia difficile, faticoso. Per entrambe. Domande su domande, per ricostruire con lei i momenti precedenti e successivi alla tragedia. Ma non gli attimi cruciali. Il magistrato dirà poi: «Non le ho chiesto direttamente se ha ammazzato suo figlio». Perché Maria è a disagio. In modo evidente.
I PROBLEMI. Parla dei suoi problemi dopo il parto, delle cure nelle mani di uno psicologo di Casatenovo e di uno psichiatra di Milano. Poi dice di non ricordare. Così gli investigatori non approfondiscono quei lunghissimi minuti fatali per il piccolo Mirko. Per accusarla di omicidio volontario aggravato e simulazione di reato, spiegano, basta tutto il resto. E Maria ha ammesso pure di essersi inventata tutto: i rapinatori, le botte, i legacci, il disordine. Gli inquirenti hanno controllato anche le sue ferite: tagli, graffi, escoriazioni. «Precedenti o procurate da lei, forse anche per disperazione». Così il cerchio si chiude. Da ieri Maria è in carcere, al San Vittore di Milano. In attesa dell’interrogatorio di convalida del fermo. Oggi il nullaosta per il funerale di Mirko.
Grazia Maria Mottola

corriere.it
 
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Rachael
view post Posted on 27/5/2005, 20:11




E intanto un altro bimbo di 4 anni é affogato in una piscina di un residence nel bresciano...dov'erano i genitori mentre affogava?
Un'altra vita stroncata per la superficialità di chi dovrebbe avere cura del proprio figlio...
No, questi adulti non mi fanno nessuna pietà.
 
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Ishtar
view post Posted on 27/5/2005, 20:57




Rach ti racconto un fatto allora..
C'era una volta un bambino di 4 mesi che aveva avuto una crisi respiratoria diciamo da broncospasmo..Dopo una fiala di cortisone aveva cominciato a stare un poco meglio ma a quell'età non si puo' mai dire, possono stare male da un momento all'altro per cui l'ospedale dove l'aveva portato, ovviamente aveva consigliato il ricovero, altrove, dato che non aveva posto.
Bene , il bambino fu trasferito in un altro ospedale ma la madre assolutamente non voleva restare vicino al bambino e in quell'ospedale era obbligatorio che la madre stesse con il figlio,infatti ci sono stanze con lettino per il bimbo e letto per la madre..Entrambi i genitori erano ubriachi, la madre assolutamente NON voleva rimanere con il bmbino di 4 mesi e adduceva problemi psicologici per giustificare questo fatto..Le fu detto di restare almeno per la notte e il marito che puzzava di vino lontano un miglio aveva cercato anche di convincerla.
Mentre si discuteva ci fu un'altra chiamata..e i due se ne approfittarono per scappare.Il medico se ne accorse e chiamo' in portineria per far sbarrare l'ingresso..La madre sbraitava che lei voleva portare via il figlio e denunciare il medico che non voleva assisterlo..Il medico, pediatra, donna, a quel punto chiamo' il 113..venne quasi subito un carabiniere che non poteva credere a quello che sentiva..ma non ci fu nulla da fare..La madre firmo' il rifiuto del ricovero, pur essendo messa al corrente dei rischi e se ne ando' con il bambino..
Fine del racconto ..che dire?Non lo so..io continuo a provare pena per questa gente e, ovvio, per il bambino..soprattutto per il bambino..t immagini che razza di genitori?E poi dicono che togliere i bambini a genitori non all'altezza è una cosa che non si fa...
 
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verbenasapiens
view post Posted on 29/5/2005, 12:13




Le rivelazioni di Brooke Shields in un libro che racconta la sua esperienza

«Soffrivo e pensavo di uccidere mia figlia» L'attrice di Laguna Blu è entrata in grave crisi di depressione dopo la nascita di Rowan. «Non la volevo più, pregavo che sparisse»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK - Nessuno più di lei può capire la mamma di Lecco che ha ucciso la sua creatura. Nessuno, meglio di Brooke Shields conosce il misto di vergogna, sensi di colpa, impotenza e perdita paralizzante d’autocontrollo che devono aver accompagnato Maria Patrizio.
«Quante volte mi sono trovata a fantasticare la morte della mia neonata, che avevo desiderato più di qualsiasi altra cosa al mondo», scrive la 39enne star di Pretty Baby e Laguna Blu nel suo nuovissimo libro che sta destando molto scalpore in America, «Down came the Rain». La cronaca del suo viaggio nel tunnel della depressione post partum: una sindrome che secondo gli scienziati del Centers for Disease Control di Atlanta affligge tra il 50 e l’80% delle donne. Il 15% in maniera tanto grave da avere indotto stati come la Pennsylvania e il New Jersey a varare leggi speciali per depenalizzare i crimini commessi in questo stato di «handicap mentale».
«Dopo la nascita di mia figlia Rowan, nel 2003, sono caduta in un pozzo nero», spiegato la Shields. «È stato il periodo più buio e disperato della mia vita - incalza -, ho pensato più volte di suicidarmi». Alle fantasie autolesioniste, la Shields alterna sentimenti distruttivi simili a quelli che hanno spinto Maria Patrizio ad uccidere. «Un giorno ho avvertito il bisogno irresistibile di lanciare la mia auto contro un camion, mentre Rowan dormiva sul sedile posteriore», racconta. «Un’altra volta, mentre ero seduta sul divano, ho avuto una visione: m’immaginai di prendere Rowan e di scagliarla contro un muro, per poi guardare il suo corpicino scivolare giù, come in un videogioco».
«Subito dopo la sua nascita non la volevo più», spiega ancora la star. «Non la volevo nemmeno prendere in braccio, e pregavo che qualcuno la rapisse o che sparisse. Fantasticavo spesso di darla via in adozione». Eppure solo lei sa quanto aveva desiderato quella bambina. E quanto difficile era stato averla. «Sognavo di diventare mamma da quando ero piccola e immaginavo che il sesso servisse solo a questo - spiega - passavo ore e ore ad immaginare il nome da dare ai miei figli».
Dopo il matrimonio con lo sceneggiatore Chris Henchy, Brooke scopre però d’avere difficoltà a concepire e si sottopone a cure ormonali e alla fecondazione in vitro. Dopo ben sei tentativi, finalmente riesce a rimanere incinta. «L’esperienza del parto non fu come l’avevo immaginata. Dopo 24 ore di doglie, i dottori l’hanno fatta nascere con il taglio cesareo, e mi hanno anche dovuto rimuovere l’utero per un breve periodo, per evitare complicazioni». Ma quando l’infermiera le porge quel bozzolo tutto riccioli e gridolini, la neomamma non prova alcun sussulto di gioia. E l’apatia emotiva prosegue anche dopo, quando torna a casa dall’ospedale. «Appena ho visto mia figlia, la prima cosa che ho pensato è stata "non credo che ce la farò mai ad essere sua madre". Non provavo alcun sentimento nei suoi confronti e volevo morire perché mi sentivo in colpa. Rowan era cresciuta dentro il mio corpo, ma era una estranea totale».
All’inizio provò a combattere contro quei mostri invisibili. Ma senza successo. Per uscire dal tunnel la Shields è ricorsa agli antidepressivi, tirandosi addosso le accuse di Tom Cruise e di altri fedeli della Chiesa di Scientology. «La depressione post partum è criminalizzata dalla nostra società perché nessuna madre vuole ammettere che non ama i propri figli. Ma è qualcosa non si può controllare, e solo adesso capisco che è una malattia dovuta a fattori biologici ed ormonali che non si possono gestire o reprimere senza l’aiuto dei farmaci». Il suo libro è stato concepito proprio allo scopo di aiutare neomamme come Maria e le persone che stanno loro attorno, spesso senza capire. «Io ho avuto un enorme sostegno da parte di mio marito, della mia famiglia e dei miei amici - dice la Shields, - senza di loro forse oggi non mi troverei qui».
Un consiglio alle mamme in preda al baby-blues? «Non siete sole. Parlare con altre donne nella vostra situazione, apritevi come ho fatto io e vi accorgerete che sognare di far male ai vostri bebé è un sentimento molto comune e diffuso. Soltanto ammettendo apertamente quei mostri, potrete riuscire ad esorcizzarli».
Alessandra Farkas
29 maggio 2005
corriere
 
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17 replies since 26/5/2005, 05:55   349 views
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