Il sofà delle muse

I video di YouTube: giovani, scuola, valori

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salvatores
view post Posted on 4/4/2007, 18:03 by: salvatores




Bullismo e familismo amorale
Mettendo in tandem i telefoni cellulari con le videocamere incorporate e la rete internet si è data al “bullismo” una capacità enorme di proiezione ed esibizione. A questo s’aggiunga la continua necessità che l’informazione spettacolo ha d’inventare fenomeni nuovi e si ottiene un dibattito strano, dove i giovani studenti di cui più si parla sono quelli che prendono a calci i disabili, si spogliano in modo esibizionistico o umiliano i docenti.

Sarà bene, quindi, come prima cosa, ribadire che si tratta di una minoranza e che la gran parte dei giovani studenti studiano senza fare notizia. Ma non possiamo fermarci qui, perché si tratta di una minoranza rivelatrice di un sentimento assai più diffuso, e pericoloso.
Un tempo il “ricevimento dei genitori” era vissuto con una certa trepidazione. Se il tal professore avesse detto che ci si comporta male si poteva star sicuri che il padre o la madre, al rientro a casa, avrebbero rincarato la dose, dando dello scriteriato al pargolo discolo, se non anche punendolo con delle privazioni. Ora il rapporto s’è ribaltato e capita di frequente di veder genitori che accalorandosi perorano la causa dei figli. Il capovolgimento logico descrive bene il tipo di rapporto sociale: difendo mio figlio dall’insegnante che dà brutti voti o sospende, perché sono convinto che lo faccia in quanto “prevenuto”, se non addirittura invidioso della sua bellezza, giovinezza, sicurezza e ricchezza.
La famiglia rinuncia ad insegnare la gerarchia, i padri diventano amici e le madri complici, il resto della società, dai professori che evidenziano gli studi condotti male ai poliziotti che fermano i ragazzi senza casco, sono i “nemici”. E’ questa l’essenza del familismo amorale.

La gerarchia diventa sopruso ed al primo posto dei valori si pone il godimento del giovane virgulto cui, per carità, deve essere risparmiata ogni foma di sofferenza. Prende un cattivo voto? Non si vorrà mica proibirgli il sabato sera (che poi e notte quando non l’alba), poverino. Lo bocciano? Mica gli impediremo di godersi le vacanze, che al meschinello toccherà anche ripetere l’anno. Guardo questi spettacoli e penso al giovane slavo, magari figlio di ragazza madre, che studia come un pazzo, ha una voglia disperata di riscatto sociale e quando incontrerà le nostre amebe sul mercato le macinerà via in un soffio.
La scuola, in questa logica invertita, è il percorso che porta al titolo di studio, non il luogo ove s’apprende qualche cosa di utile. Il che poi è anche in parte vero, perché le nostre scuole sono ancora accettabili, ma le università fanno pena. Messe così le cose ogni ostacolo è un ritardo inutile, ed ogni apprendimento una fisima del professore frustrato e mal pagato. Meccanismo perfetto per produrre ignoranti diplomati e laureati, che saranno incapaci di lavorare ma che, grazie alla denatalità, camperanno di rendita dilapidando il patrimonio accumulato dalla famiglia che li ha così lucidamente difesi dal mercato. Ogni volta che un nodo verrà al pettine sentirete questa vasta comunità di smidollati parlare delle colpe della società, del sistema, del nostro mondo e così via deresponzabilizzando e deresponsabilizzandosi.
Il “bulli” sono e restano una minoranza, ma questi sentimenti s’allargano insozzando molte famiglie. Per fermare la macchina del declino morale e materiale occorre tornare al senso di responsabilità, con genitori che puniscono, professori che bocciano e ragazzi che si ribellano, imparando a diventare adulti. Non ci sarà una società di bulli, ma anche una d’eterni bambini, viziati ed irresponsabili, è da considerarsi un incubo.www.davidegiacalone.it

Come dare torto a Giacalone?Un mondo senza regole e senza rispetto cosa è e come può costruire dato che non è un mondo che ruota sulla meritocrazia e su chi si impegna per migliorare migliorandosi?


All'indomani dell'editoriale di Galli della Loggia

Disconosciuti i padri? È la famiglia svuotata
L'ennesimo video registrato in una qualunque scuola italiana con il cellulare, e diffuso da You Tube: l'editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di lunedì parte da qui, riportando fedelmente alcune sconvolgenti battute del dialogo tra un alunno e una professoressa. Il ragazzino gioca consapevolmente a sorpassare ogni limite, sicuro della propria impunità, mentre la docente è schiacciata dall'impotenza e dall'imbarazzo. Questo episodio, come altri, testimonia l'avvenuta dissoluzione di qualunque forma di rispetto nei confronti degli insegnanti, la fine di ogni autorevolezza pedagogica, ma giustamente Galli va oltre, e l'articolo si intitola "Addio ai padri". La soggettività giovanile si forma ormai al di fuori dei canali tradizionali, e il mondo adulto non è più né un modello né un esempio.
I ragazzi si fanno da soli i propri canoni di riferimento, attraverso il gruppo di coetanei e le reti di comunicazione (Internet in primo luogo), che costituiscono una sorta di mondo a parte, autonomo e autoreferenziale. Non siamo più in grado di educare, perché non crediamo nemmeno noi al valore di quello che vorremmo trasmettere, e neppure al nostro ruolo di educatori; siamo incerti e intimiditi, sempre pronti a rifugiarci nei mito del dialogo, dell'ascolto e della tolleranza, che da tempo sono sfociati in una slabbrata permissività. Galli parla di padri metaforici, cioè delle responsabilità di un'intera generazione di adulti, incapace di indicare la strada e di proporre con forza la distinzione tra bene e male, desiderio e limite, insegnando ai ragazzi che la vita non si riduce alla ricerca di un'immediata felicità personale, ma è costruzione della coscienza.
Potremmo discutere, però, anche di figure più concrete, di modelli maschili, dell'evanescenza sempre più accentuata del ruolo paterno nella vita quotidiana. I temi si intrecciano: è la scuola ad essere arrivata al capolinea, dopo decenni di politiche dissennate, ma è anche la famiglia che è stata presa in contropiede dalla grande mutazione antropologica che è in corso, e in cui ci stiamo infilando con serena incoscienza. L'idea che gli individui siano totalmente arbitri della propria esistenza, dimenticando che nascono e muoiono dentro un tessuto di relazioni di cui si è per sempre responsabili, per esempio, rende il rapporto con i genitori più fragile e meno necessario; il fatto che i figli siano pochi e spesso unici, che ormai la solidarietà generazionale sia a rischio, che abbiamo coniato un nuovo termine, "child-free", per connotare positivamente l'essere privi di figli, certo incide negativamente. Pesa la svalutazione della famiglia, la distruzione dei significati della maternità e della paternità, la cultura del disimpegno affettivo e dell'equivalenza tra desiderio e diritto. Tutto questo, e molto altro, si sa. Viene detto nel privato, nelle preoccupate confidenze tra mamme, nelle conversazioni tra amici, ma difficilmente entra nel dibattito pubblico. La politica fa fatica a rendersi conto che la formazione delle giovani generazioni è un compito fondamentale, e che su questo, prima di tutto, dovrebbe misurare le proprie scelte. Alle famiglie, a cui questo compito tocca prima che a chiunque altro, serve aiuto: un sostegno economico, certamente (per esempio la realizzazione del famoso quoziente familiare), ma soprattutto un sostegno immateriale, che aiuti i genitori a non sentirsi sovrastati da una cultura ostile, vissuta spesso come un vero e proprio assedio.di Eugenia Roccella da avvenire online
 
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2 replies since 4/4/2007, 17:59   111 views
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