Il sofà delle muse

Su quanti patiboli iracheni c'è stato solo silenzio

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*Ishtar*
view post Posted on 31/12/2006, 19:43




Quell’ uomo forte, ma con la barba ormai grigia, impassibile eppure mortalmente pallido mentre il boia con un gesto quasi gentile gli tende il cappio davanti, ha impietosito il mondo. No, "giustizia non è fatta". Non è di un’oncia più giusta Baghdad, stamattina, dopo che il rumore secco di un osso spezzato ha posto fine all’epopea di Saddam. Ma, ci vien da dire immaginando la proliferazione di sdegno mediatico-umanitario che già si leva in queste ore, anche nella pietà, che è un sentimento, va esercitata la ragione, e la memoria; senza di cui la pietà stessa può scadere nell’improvvisazione se non anche nel sentimentalismo.
Memoria, circa la fine di Saddam Hussein, vuol dire tornare – in questa conclusione del 2006, ammutoliti da quei cinque boia incappucciati danzanti attorno a un uomo solo – ad altre immagini.
Halabjja, nordest dell’Iraq, 16 marzo 1988. Erano le due del pomeriggio. Le donne curde cuocevano il riso sui focolari, davanti alle case. Si stupirono, i bambini nei cortili, di quelle strane bombe buttate giù dagli elicotteri, che non facevano alcun rumore. Nasreen Abdel Qudir, che allora aveva 15 anni, raccontò poi a un osservatore straniero di aver guardato fuori da una finestrella del rifugio sotterraneo in cui con altri trenta s’era nascosta. Tutto pareva tranquillo. Solo, la chioccia e i pulcini nel cortile erano come addormentati a terra. Il gas, ora arrivava col vento. Nella cantina i bambini cominciavano a tossire, e a piangere. Tutti corsero fuori, ma il veleno toglieva il respiro. Per primi cadevano i vecchi e i bambini piccoli. Le foto dei pochi osservatori passati in tempo da Halabja mostrano i morti come addormentati, le bambine con le bambole in braccio, ma sulla faccia ancora gli spasmi atroci di chi è soffocato.
Morirono in 5000 a Halabja - morirono come a Auschwitz. In 10 mila rimasero ciechi, o invalidi. Fu solo uno degli episodi della "operazione Anfal", ovvero dello sterminio dei curdi iracheni, che secondo Human Rights Watch dovev a portare all’incriminazione di Saddam per genocidio. Quante vittime? 100 mila, 150 mila. Difficile dirlo con precisione, quando i cadaveri vengono gettati a macerare nelle fosse comuni. E il massacro della tribù curda di Barzani, 8000 vittime, e la repressione degli sciiti del Sud? E tutti i cittadini iracheni spariti e mai tornati, dei quali, caduto Saddam, i parenti andavano a implorare almeno le ossa? Grandi cifre comunque, ma ogni cifra formata da tante singole unità, ogni unità una persona, ogni unità una vittima.
Viene da domandarsi, dopo questo minimo esercizio di memoria, se tutti gli «umanitaristi» che ora si stracciano le vesti per l’esecuzione di Saddam ritengano degni della loro pietà anche questi sconosciuti duecento o, chissà, trecentomila massacrati, torturati, desaparecidos, bambini stramazzati con la bambola in mano, in un posto dimenticato dagli uomini dove un dittatore un po’ più feroce degli altri per troppo tempo ha fatto impunemente tutto ciò che ha creduto.
Giustizia, allora? No. Le madri e le mogli di quei trecentomila straziati non saranno, da quell’esecuzione, risarcite. A Baghdad, come a Loreto sessant’anni fa, la storia degli uomini, "bestiali come sempre", direbbe Eliot, ha fatto di nuovo i suoi conti. Pietà per quel morto, ma – senza farci emotivamente distrarre dal clamore di quella condanna, e dal fatto che l’abbiamo vista in tv – anche per tutti gli altri. Gli oscuri, i senza volto, polvere nei deserti, di cui solo Dio ricorda il nome.

Marina Corradi
Vittorio E. Parsi

da avvenire online
 
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