Il sofà delle muse

Dossier Prodi

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verbenasapiens
view post Posted on 21/5/2006, 14:05




“Solo chi ha una faccia da stupido riesce ad entrare alla Camera dei Comuni, ma soltanto chi è stupido per davvero vi fa carriera” (O. Wilde)

Non vi annoieremo con storie consumate, anche se ci piacerebbe ripercorrere la biografia ambigua e tortuosa di Romano Prodi e raccontare ancora una volta delle gesta del Professore bolognese quando era Presidente dell’IRI, di quelle discusse privatizzazioni che, in realtà, furono delle vere e proprie svendite del patrimonio economico italiano. Come non ricordare il destino di marchi prestigiosi e storici della nostra industria alimentare, da Motta ad Alemagna fino a Cirio, di fatto regalati alle multinazionali. Come non ricordare che proprio dalla gestione Prodi nascono i guai dell’Alitalia, negli anni ’80 tra le prime compagnie al mondo, e delle acciaierie di Terni, che rappresentavano un polo industriale d’eccellenza.

E ancora, si potrebbero rievocare le polemiche sulle consulenze d’oro della società Nomisma, di cui il Professore è stato Presidente fino al 1995, o sull’oscura vicenda di Telekom Serbia che, scandali politici a parte, fece perdere all’Italia 500 miliardi delle vecchie lire. Quello di Prodi è un ritratto politico degno di Dorian Gray.

Il suo primo inquietante esordio pubblico fu nel 1978, nel corso del rapimento Moro, quando Prodi, dopo aver partecipato ad una seduta spiritica, raccontò che bisognava indagare su Gradoli, pensando che fosse un paesino vicino al lago di Bolsena. Indicò anche due numeri, di cui uno si accertò poi corrispondere al civico della strada dove si trovava il covo in cui fu detenuto Aldo Moro. E’ stato poi ministro di provata fede democristiana, uomo di potere durante quindici governi della Prima repubblica, nel pentapartito, nell’era Craxi e nei governi tecnici di Amato e Ciampi, fino al 1995 quando fondò l’Ulivo, diventando il leader, pro-tempore, del centro-sinistra italiano. Ma su tutto questo si sono già versati fiumi di inchiostro. Noi ci concentreremo su un passato più recente, ma non meno chiacchierato, quando Prodi, dal 1999 al 2004, è stato Presidente della Commissione europea. Riepilogheremo fatti già noti, commentati dalla stampa italiana e internazionale, oggetto di lunghissime discussioni al Parlamento europeo. Racconteremo le gaffes più clamorose, gli scandali, le omissioni, i silenzi e soprattutto le scellerate decisioni a danno dell’Italia. “Il guaio degli uomini è che essi dimenticano”, come recita Merlino nel film “Excalibur”. È quindi bene ricordare questi fatti, perché tracciano la storia di un Prodi anti-italiano, deciso ad utilizzare le istituzioni europee come un taxi per tornare a fare politica in Italia: pur di andare contro il Governo di centro-destra non ha esitato a danneggiare gli interessi del nostro Paese e la sua credibilità internazionale. Con queste premesse, vi daremo almeno 7 buoni motivi per non fidarsi di Romano Prodi.



Primo motivo

Prodi è fuggito dalle responsabilità sugli scandali della Commissione europea: il caso Eurostat “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è una persona sleale” (B. Brecht) Chi luogo e tempo aspetta, vede alfin la sua vendetta. Nel maggio 1999, Romano Prodi venne nominato Presidente della Commissione europea. Come è noto, il prestigioso incarico ha rappresentato una sorta di “cambiale politica” che la sinistra italiana ha imposto alla sinistra europea a titolo di risarcimento nei confronti di Prodi. Infatti, è utile rievocare che Prodi nell’ottobre 1998 era stato sfiduciato dalla sua maggioranza che, dopo un regolamento di conti, lo aveva liquidato senza scrupoli a beneficio di Massimo D’Alema, divenuto al suo posto Presidente del Consiglio. Una defenestrazione impietosa rispetto alla quale Prodi ricevette come indennizzo la Presidenza della Commissione europea. La genesi del nuovo incarico è molto importante per capire il ruolo di Prodi all’interno delle istituzioni comunitarie. In poche parole, quella di Prodi fu una scelta subìta, motivata da ragioni che nulla avevano a che fare con l’Europa. Proprio per questo il neopresidente della Commissione utilizzò il suo incarico soprattutto per fare politica e per rianimare il centro-sinistra, cercando di conquistare così un ruolo di primo piano dopo la cacciata da Palazzo Chigi, decretata dai suoi stessi alleati. Partendo da queste premesse è facile comprendere che Prodi finì per concentrarsi sulle questioni di politica italiana a tal punto da apparire lontano, quasi avulso dall’organismo europeo e dal suo funzionamento. In particolare, quando il Professore bolognese si è trovato di fronte a decisioni scomode, anziché assumersene la responsabilità, come gli imponeva il suo incarico, ha preferito coscientemente “non vedere, non sentire, non parlare”, facendo propria la metafora della nota storiella cinese delle tre scimmiette. Prodi il Censore. Torniamo al 1999. Prodi sostituì, con qualche mese di anticipo, il Presidente in carica della Commissione. Il suo predecessore, il lussemburghese Jacques Santer, fu costretto a dimettersi prima della scadenza naturale del suo mandato perché era stato sfiduciato dal Parlamento europeo, dopo essersi reso protagonista di uno scandalo istituzionale. Infatti, né gli europarlamentari né i mass media gli avevano perdonato che una componente della sua Commissione, Edith Cresson, Commissario all’Educazione e alla Ricerca, fosse finita sotto inchiesta per aver elargito, a spese dell’Unione, un contratto di lavoro al suo ex dentista. Proprio per questo, nel suo debutto a Strasburgo come Presidente della Commissione nel luglio 1999, Romano Prodi si prodigò in una requisitoria moralistica degna di Catone il Censore, proclamando di adottare, come cardini del suo mandato, la tolleranza zero sulle frodi e la trasparenza. In quello stesso discorso Prodi pretese ancora di più: in caso di ulteriori irregolarità ed illeciti, la Commissione tutta e i singoli Commissari avrebbero dovuto assumersi fino in fondo la responsabilità politica delle loro azioni e lasciare l’incarico, proprio per garantire il massimo del rigore rispetto ai cittadini. “Ho chiesto a tutti i Commissari di darmi, sulla loro parola d’onore, le dimissioni in mano qualsiasi evento nuovo capiti, qualsiasi fatto non conosciuto”1, annunciò Prodi, con eccessiva enfasi. Peccato che non andò proprio così. Infatti, qualche mese più tardi, si cominciò a vociferare di dubbie consulenze che riguardavano l’Eurostat, l’istituto europeo di statistiche. Dopo le prime generiche indiscrezioni, iniziarono ad emergere dettagli preoccupanti. Si parlò chiaramente di “consulenze d’oro” e della creazione di “fondi neri”. Venne fuori persino una ricerca pagata 570mila euro, lunga appena una pagina e mezzo2. Per non parlare poi dei funzionari della Commissione sospettati di essere anche proprietari di alcuni studi di consulenza che lavoravano con l’Eurostat3.
Il resto è qui
Meditate gente, meditate a maggior ragione prima di dire cavolate
Verbena
 
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