Il sofà delle muse

L'Angolo dei coglioni

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Maximus05
view post Posted on 23/4/2006, 18:56




Inizio con Bervtinotti
Bertinotti: «Ridimensionare Mediaset»

Il leader del Prc ha anche detto no alla privatizzazione della Rai.
E sul ruolo del partito nel futuro governo: «Forse due ministeri»

ROMA - Fausto Bertinotti, presidente «in pectore» di Montecitorio, ha analizzato ospite della trasmissione «In mezz'ora» di Lucia Annunziata la situazione del sistema radiotelevisivo italiano. Da una parte Mediaset, che secondo il leader di Rifondazione deve essere «dimagrita», sia nell'acquisizione di pubblicità che nel numero di reti. Dall'altra la Rai, che per Bertinotti non va privatizzata. Dichiarazioni, quelle relative all'azienda creata da Berlusconi, che hanno scatenatoaspre critiche nel centrodestrae anche qualche voce contraria nell'Unione. «Credo che debbano essere combattute le condizioni di monopolio, di duopolio, di oligopolio, anche con una nuova legge - ha detto Bertinotti all'Annunziata -. Per quale ragione questo deve trascinare la privatizzazione della Rai? Anzi, penso che il carattere pubblico della Rai sia uno strumento fondamentale anche di una nuova politica economica, non solo di una politica sociale».
DUE MINISTERI - Passando a parlare del ruolo di Rifondazione Comunista nel governo dell'Unione, Bertinotti ha detto che come chiesto da Prodi anche Rifondazione proporrà una rosa di nomi per i futuri ministri. «Sarebbero stati disposti a darci il ministero degli Esteri o quello del Tesoro?» si è domandato Bertinotti. L'aspettativa è quella per un paio di dicasteri nell'esecutivo e di alcuni posti da sottosegretario. Capo della delegazione del Prc al governo dovrebbe essere il responsabile economia del partito, Paolo Ferrero, che potrebbe puntare a un ministero nel settore del welfare, mentre l'altra candidata dovrebbe essere Patrizia Sentinelli, deputata neoeletta. Qualora dovessero entrare a far parte del governo per i parlamentari del Prc scatterebbe però la norma dell'incompatibilità con l'incarico di deputato o di senatore. Sembra invece allontanarsi l'ipotesi della Giustizia, per la quale era stato indicato l'avvocato Giuliano Pisapia, considerato troppo garantista da una significativa parte della magistratura.
MONTECITORIO - Altro tema toccato durante la trasmissione, il ruolo di presidente della Camera, ruolo che potrebbe toccare al leader Prc. Al presidente di Montecitorio non spetta «una politica interventista. Penso che il compito del governo debba essere autonomo e separato da chi rappresenta le istituzioni - ha detto Bertinotti -. Il mio compito non sarebbe quello di rafforzare la maggioranza, ma di garantire un funzionamento libero e democratico delle istituzioni. Da presidente della Camera quello che si può fare è rafforzare il tessuto di rapporto democratico tra il paese e le istituzioni».
FARNESINA E DS - E sul ruolo istituzionale che occuperà nel governo di centrosinistra, Bertinotti è andato anche oltre il futuro a Montecitorio. «Sugli Esteri farei a cambio - ha ammesso -. Il ministro degli Esteri lo considero un ruolo strategico, perché la collocazione geopolitica di un paese è fondamentale. Anche l'Italia economica e sociale dipenderà molto da questa collocazione. La politica internazionale è un punto strategico». E sulla penalizzazione subita dai Ds con la rinuncia alla presidenza della Camera osserva: «I Ds hanno un ritorno politico determinato dalla coerenza dell'investimento nelle loro scelte». Bertinotti fa riferimento alla direzione di marcia verso l'Ulivo, verso il Partito democratico e ricorda che nelle primarie dell'Unione «Prodi è stato scelto come candidato pervalentemente dai Ds. Io non sono Prodi, ma faccio una previsione: i Ds avranno degli incarichi di governo tra i più importanti» ha concluso.
ISRAELE E HAMAS - E nel ruolo «improvvisato» di ministro degli Esteri, Bertinotti ha parlato della questione israelo-palestinese. «Ho una posizione molto critica verso Hamas, ho lamentato il suo successo alle ultime elezioni palestinesi, è una linea che non condivido affatto perché il riconoscimento dello Stato di Israele insieme al riconoscimento dello stato palestinese è la condizione per la pace, ma penso anche che la trattiva educa, perciò la critica ad Hamas non deve impedire il confronto. Bisogna fare di tutto per attivare il negoziato» ha detto.
BOLOGNA - Bertinotti ha dedicato un commento anche alla vicenda di Bologna, dove Verdi e Rifondazione hanno attaccato il pm Paolo Giovagnoli, «colpevole» di aver svolto indagini su un gruppo di no-global che si erano autoridotti il prezzo della mensa. «La magistratura è intervenuta ingigantendo il conflitto sociale e incorrendo in un errore - ha detto il leader Prc -, ma mi guardo bene dal mettere in pregiudicato la sua autonomia».

da corriere.it
Chi ben comincia :shifty: :laughing1.gif:
 
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verbenasapiens
view post Posted on 25/4/2006, 19:09




e continuo con le schede ..perse....
In Italia mancano ancora dal conteggio 150 mila schede
Il “giallo” sulla incredibile vittoria delle sinistre

Lo hanno scoperto i tedeschi che in Italia mancano ancora dal conteggio 150 mila schede
di Gaetano Saglimbeni
Per il quotidiano tedesco “Frankfurter Algemeine”, i conti sulle elezioni politiche in Italia non tornano: mancano più 150 mila schede. E non si tratta di una cifra di poco conto, se si considera che la coalizione delle sinistre del prof. Prodi, battuta al Senato dal centrodestra di Berlusconi per circa 200 mila voti, ha prevalso alla Camera (almeno per adesso) per 24.775 mila voti su quasi 39 milioni e mezzo di votanti.
Strano davvero che non se ne siano accorti i giornali italiani, di questo incredibile “giallo”. Anche perché il conto è straordinariamente facile, alla portata (possiamo dire tranquillamente) dei bambini della seconda o terza elementare. Alle elezioni del 9 e 10 aprile, secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno e confermati dalla Cassazione, hanno votato 39.402.384 elettori, ma le schede effettivamente scrutinate sono state 39.249.190, delle quali 1.095.847 nulle o bianche e 38.153.343 contrassegnate da voti ritenuti validi. E dunque, se dai 39.402.384 votanti si tolgono i 39.249.190 elettori effettivi, c’è una differenza di 153.194 schede, che non si sa dove siano finite.
La domanda che gli italiani si pongono è questa: se non sarà la magistratura (subito) a dare una risposta concreta o almeno una spiegazione logica e convincente su questa incredibile discrepanza, dovremo aspettare due o tre anni che si riunisca la Giunta per le elezioni della Camera, o addirittura l’intera legislatura, per sapere se ci sono stati errori, brogli o addirittura frodi nel conteggio dei voti che hanno dato la vittoria alle sinistre? Ed una risposta seria l’attendono, almeno quanto noi italiani, i giornalisti dell’autorevole giornale di Francoforte che ha tirato fuori il caso. Non possiamo consentire che i sospetti di brogli restino anche all’estero, dove le elezioni sono state sempre e continuano ad essere una cosa seria.
www.gaetanosaglimbenitaormina.it

Vi rendete conto a parti invertite questi cosa avrebbe scatenato oggi 25 aprile?
 
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*Ishtar*
view post Posted on 30/4/2006, 11:48




continuo con tale utile idiota Ferrabte, ex prefetto
«La Moratti è una padrona, non sfili l’1 maggio»
L’ex prefetto Ferrante scopre i nemici: «Non manifesti chi è stato dall’altra parte». Il ministro: «Lavoro da quando avevo 18 anni, ecco cosa c’entro»

«Vedremo se ci sarà l'occasione per stare insieme. Se ci sarà, perché no? Io non ho alcuna difficoltà a sfilare con Letizia Moratti» (Bruno Ferrante all'Ansa giovedì 27 aprile). «Letizia Moratti al Primo maggio? Non ho mai visto i padroni sfilare con i lavoratori» (Bruno Ferrante all'Ansa sabato 29 aprile). L'ex prefetto riscopre l'eskimo che (ora dice) portava da ragazzo e non riesce a evitare una crisi d'identità. E così il candidato sindaco del centrosinistra a Milano naviga a vista e non riesce a evitare l'ultimo trappolone che gli hanno teso i sindacati, invitando la Moratti alla manifestazione di lunedì per la festa del lavoro. Una decisione presa all'unanimità dai vertici sindacali che ha subito provocato un terremoto nella Cgil. Con segretari, dirigenti e semplici iscritti che hanno minacciato di disertare il corteo o di ammainare striscioni e bandiere. Dopo i fischi del 25 aprile, sulla Moratti si abbatte ora l'ira dei sindacati. Una reazione che ha convinto la Cgil a tentare la marcia indietro chiedendo allo staff della Moratti di pensare alla possibilità di una rinuncia. Ipotesi che non sembra interessare nella sede elettorale di via Durini. «I sindacati mi hanno invitato - respinge al mittente la Moratti - e io ci sarò». Poi si lascia andare a considerazioni che prenderanno in contropiede più di qualcuno. Soprattutto a sinistra. «Sarò al Primo maggio perché voglio ribadire l'importanza del ruolo del sindacato nelle politiche del lavoro e dell'occupazione. Milano cresce, ma bisogna favorire questo processo». Già pronte alcune iniziative da mettere in atto al più presto. «È necessario - spiega il candidato del centrodestra - un monitoraggio delle esigenze del mercato del lavoro per poter approntare soluzioni più efficaci. E poi proporrò a Regione e Provincia la sigla di un patto per la competitività e l'innovazione. Bisogna creare una borsa del lavoro che faccia incontrare domanda e offerta e aumentare gli sportelli rosa per le donne in cerca di un lavoro. Senza dimenticare le iniziative a sostegno di chi rischia di essere espulso dal mercato del lavoro». E, per chi non lo avesse capito, lo ripete. «Per fare tutto questo, il sindacato è fondamentale. A maggior ragione oggi, nel momento in cui forse la politica è divisa e si fatica a trovare risposte concrete. Deve essere un corpo intermedio e svolgere un ruolo importante per tentare di dare risposte». Parole che non convincono il verde Paolo Cento. «La Moratti abbia il buonsenso e il buongusto di non provocare e compia la scelta più opportuna e responsabile: non partecipi alla manifestazione». Più minacciosi quelli di Retescuole. «Rivendichiamo il diritto democratico al fischio come espressione popolare di dissenso. Loro hanno le televisioni, noi abbiamo il fischio». E l'associazione invita a «partecipare dotati di un fischietto, dato che i più si sono dimenticati come si fa con due dita. E perché nessuno rimanga senza, ne porteremo mille, di tutti i colori».
Ma la Moratti non sembra aver nessuna intenzione di rinunciare alla proposta di Onorio Rosati, il segretario della Camera del lavoro milanese. Un invito che era tanto piaciuto a Ferrante.
Prima di cambiare idea. «Il Primo Maggio - ha stilettato ieri velenoso - deve sfilare chi si riconosce nei valori della festa dei lavoratori, come il 25 aprile deve sfilare chi si riconosce nei valori dell'antifascismo. Chi ha una visione della vita diversa e ha vissuto una vita più dall'altra parte non è del tutto legittimato a manifestare. Non ho mai visto i padroni sfilare con i lavoratori». Un attacco che la Moratti respinge con un sorriso. «Padrona io? Per la verità lavoro da quando ho 18 anni. Lavoravo e studiavo insieme e mi sono fermata solo pochi giorni quando ero in maternità». E per chiudere una lezioncina. «Credo che il lavoro sia un patrimonio di tutti, un patrimonio comune. Per questo invito tutti, ma proprio tutti a creare le condizioni perché il lavoro aumenti
da
ilgiornale
lamarsigliese

Edited by *Ishtar* - 30/4/2006, 13:04
 
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sandokan23
view post Posted on 2/5/2006, 20:09




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senza commento ovvio...
 
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verbenasapiens
view post Posted on 4/5/2006, 20:22




i coglioni nelo spacifico saremmo noi...
Fiat, De Lucia: una vergogna le dichiarazioni di Montezemolo e Marchionne. Altro che trionfalismi, il modello Fiat è quello del “salvataggio permanente”

Il principio è quello della privatizzazione dei profitti e della socializzazione delle perdite, caro a tutta la grande industria italiana e al potere partitocratico e corporativo consolidato

• Dichiarazione di Michele De Lucia, membro della Direzione nazionale della Rosa nel Pugno e della Direzione di Radicali italiani

Nelle ultime ore il Presidente di Fiat auto Luca Cordero di Montezemolo e l’amministratore delegato Sergio Marchionne hanno rilasciato, presentando i risultati conseguiti dal Gruppo nell’ultimo trimestre, diverse e assai autocelebrative dichiarazioni.
Due vanno sottolineate in modo particolare: quello della Fiat costituirebbe un “modello di rilancio per l’Italia”, e il Gruppo non avrebbe “mai contato su un appoggio esplicito del centrodestra”.
Queste dichiarazioni sono una pura e semplice vergogna:
- a partire dal 2002, la Fiat – esattamente come negli anni Settanta e Ottanta – ha potuto nuovamente contare sulla concessione della Cassa integrazione, storicamente utilizzata alla stregua di una voce di bilancio, per liberarsi di una parte del costo e del rischio d’impresa: fino ai primi mesi del 2005, i principali stabilimenti della Casa torinese sono rimasti aperti (o meglio: chiusi) a singhiozzo;
- il centrodestra è intervenuto, eccome, con la legge finanziaria 2003 (art. 28), che ha stabilito la possibilità di prorogare l’intervento di Cassa integrazione in deroga ai limiti di tempo previsti dalla legge (la norma rimuove i limiti per gli interventi concessi nel 2002, che sono in gran parte a favore della Fiat). Un classico esempio di “committenza normativa”.
Forse per Montezemolo e Marchionne questo può rappresentare un esempio da seguire; per noi, per i troppi dipendenti Fiat che in questi trent’anni sono stati parcheggiati in Cassa integrazione e poi espulsi dal mercato del lavoro, per le imprese più piccole e competitive che si sono trovate a pagare la Cassa dei grandi industriali, per i milioni di lavoratori di questo Paese che possono contare su una ridicola indennità di disoccupazione (sei mesi al 50% dell’ultima retribuzione), per gli inoccupati che non possono contare su nessuno strumento di welfare, è invece chiaro il contrario: il modello da seguire non è quello della Fiat.
Nella legislatura che è appena iniziata, la nuova maggioranza - se vuole essere alternativa, e non semplice alternanza - deve avere il coraggio di spezzare l’assetto di potere partitocratico e corporativo che soffoca l’economia del nostro Paese
radicali.it
Campa cavallo
 
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verbenasapiens
view post Posted on 5/5/2006, 20:57




Oggi si parla del precariato..
Da me hanno pure un sito certe persone
www.noglobal.org
e allora leggete qui
Ma il precariato, ragazzi, non l’ha inventato Biagi


E se ora che è finita la campagna elettorale la smettessimo di contarci balle? Per esempio quella che i giovani, specie i meridionali, non trovano lavoro per colpa del governo di centrodestra e che il precariato lo ha, se non inventato, per lo meno istituzionalizzato il povero Marco Biagi. Facile l’ironia su San Precario: più difficile - ci vuole un pizzico di coraggio - spiegare che precario non è il lavoro d’oggi, precaria è l’Italia. Da quando è nata, poco meno di un secolo e mezzo fa. In Calabria c’erano già i braccianti disoccupati e gli storiografi al servizio del Savoia li battezzarono “briganti”: invece di dargli un lavoro, li mettevano davanti a un plotone e facevano, diciamo così, giustizia. Tragica ipocrisia quella di chi inorridisce all’idea di meridionali costretti ad emigrare al Nord per trovare lavoro: come i ragazzi napoletani tranvieri a Milano. Non è forse stato sempre così, da quando il Risorgimento ha felicemente unito il Sud con il Nord? Il libro “Cuore” del ligure De Amicis, più savoiardo d’un biscotto, è affollato di muratorini sardi e di calabresini alla ricerca dei genitori emigrati. Tutti lacrimosamente compatiti per la manifesta precarietà del loro stato socio-economico. All’inizio del Novecento, molto prima che Berlusconi e Tremonti devastassero le floride finanze del paese, mezza Italia andava a popolare il Sud America, forniva manovalanza legale e illegale agli Stati Uniti, scendeva nelle gallerie più insidiose delle miniere di carbone in Germania e Belgio, andava a prendersi la silicosi tirando su case e palazzi in Francia e Gran Bretagna. Prima che nelle catene di montaggio arrivassero i robot, l’Italia è stata con la Turchia la principale fornitrice di gästarbeiter (lavoratore ospite) delle fabbriche automobilistiche tedesche: poi è arrivato il boom della Fiat, negli anni del miracolo economico, ed emigrare a Torino era più comodo che salire fino a Stoccarda, Monaco, Wolfsburg, Krefeld. S’informino i signorini di Piazza & Slogan, prima di ripetere a pappagallo le balle che gli raccontano, su cosa erano le periferie della Milano degli anni Sessanta, quelle raccontate da Testori e Visconti. Dal Sud son sempre partiti i giovani che, oltre alla fame, avevano anche voglia dignità coraggio: meglio emigrare che piangersi indecorosamente addosso, oziando al bar del paese, per una disoccupazione da sussidiati a vita. Sono stato precario, anzi sotto-precario, cioè abusivo, per sei anni a Napoli: prima nella redazione del Corriere dello Sport e poi in quella del Mattino. Bivaccavo, insieme a giovani diventati grandi firme a Napoli e fuori, nelle vecchie stanze dell’Angiporto, primo piano, con i balconi bassi che si affacciavano sui crociera della Galleria vociante di musici, cantanti, sensali, puttane e sfaccendati. Aspettavamo l’occasione di scrivere un “pezzo” o il benestare per un “pezzo” che avevamo proposto. Scrivevamo di tutto. Sul Corriere di Napoli ho scritto per anni un racconto giallo ogni sabato, nove cartelle: compenso, tremila lire. Era una gara di resistenza, chi aveva più pazienza, era più bravo e anche più mansueto, alla fine - ma proprio alla fine - veniva assunto. Non mi sentivo bravo e, purtroppo, neanche mansueto. Mi restò la pazienza di riflettere sulla mancanza di zii cardinali, parenti nelle alte sfere del Banco di Napoli, amicizie solide nella Democrazia Cristiana e di decidere che, se volevo fare il giornalista, dovevo andarmene non solo dal Mattino, ma da Napoli. Cosa che feci senza accodarmi a cortei, striscioni, bandiere, slogan e battaglie sindacali. Considero quei sei anni il periodo più formativo della mia vita professionale. L’abusivato, cioè il sotto-precariato, non era esclusiva degli aspiranti giornalisti. Funzionava così in quasi tutti i mestieri e professioni: dura selezione naturale, concorsi difficili per le carriere pubbliche, tirocinii estenuanti e malpagati per le occupazioni private, una rischiosa avventura la professione libera o l’artigianato d’impresa. Per i giovani la vita era in salita anche allora, benché solo il cinquanta per cento delle donne entrasse nel mercato del lavoro e la tecnologia non avesse ancora decimato i posti (quando ho cominciato, fra la stesura del pezzo e la pubblicazione sul giornale intervenivano quattordici persone, oggi tre: di che vivono le altre undici?). Eppure, su quel precariato generale si è accumulata la ricchezza del boom economico e dell’Oscar alla Lira, sulla quale l’Italia post-Sessantotto ha vissuto di rendita per quarant’anni. E s’illude - stando ai comizi del Primo maggio - di viverci ancora. Ma l’osso, ragazzi, non ha più polpa. Qualcuno dovrebbe avere l’onestà di dirvelo, invece di illudervi con l’abrogazione della legge Biagi. Ci sarà pure una ragione se, di fronte a un governo di sinistra e un petrolio a 70 dollari il barile, dei miliardari simpatizzanti hanno venduto la gestione delle autostrade agli spagnoli. Xè mejo i schèi di Zapatero, che le leggi di Prodi e Diliberto. Brutto segno
di Gianni DE Felice
da
ilroma
 
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verbenasapiens
view post Posted on 9/5/2006, 15:25




Non poteva mancare

Francesco Caruso...
E io oggi voto Piperno
Il mondo alla rovescia non è solo un bellissimo quadro di Brueghel, ma anche la sensazione che si prova varcando le porte di Montecitorio. Per carità, anche fuori non è che le cose stiano tanto a posto, viviamo pur sempre in un mondo nel quale le missioni di pace incominciano con i bombardamenti indiscriminati e contemporaneamente milioni di persone muoiono non di fame ma di eccesso di cibo. Ma nei corridoi labirintici di Montecitorio il filo d'arianna si spezza facilmente se cerchi di risalire alla logica e alla ragione.

E così quest'oggi si è avverato, proprio nel cuore delle istituzioni, il sogno rivoluzionario di Saramago, la rivolta silenziosa e moltitudinaria delle schede bianche: ma, purtroppo o per fortuna, non c'è alle spalle nessun complotto cospirativo ma solo un astruso tatticismo politico il cui senso sfugge alla stragrande maggioranza delle persone che vivono al di fuori di questo palazzo e hanno pensieri molto più materiali a cui pensare, del tipo trovare un lavoro o arrivare a fine mese.

Il popolo degli "eletti", invece, nell'aula come nei corridoi, nella buvette, sui divani del transatlantico, si aggrega e si disaggrega in piccoli e grandi capannelli nei quali esercita il potere di decrittare quei codici segreti con i quali comunicano tra di loro. Votare scheda bianca è sempre stato un gesto simbolico di protesta e di dissenso, ma oggi i più illustri leader del centro-sinistra mi cercano di spiegare come quel non voto sia un gesto opportuno e responsabile. Per rispetto e timidezza, mi lascio persuadere, del resto per uno che per dieci anni ha fatto l'astensionista non è poi tanto difficile lasciare in bianco la scheda, mi posso anche allineare, molto meglio che votare alcuni dei nomi impresentabili circolati in questi giorni.

Entro nell'urna, è una senzazione strana, quando alzi quella tendina, ti trovi per un momento al sicuro, ci vorrei rimanere un paio d'ore lontano dagli sguardi al tempo stesso minacciosi e intimoriti dei tuoi avversari politici, che attendono da un monmento all'altro che cacci il passamontagna e i bulloni e ti metti a urlare 10, 100, 1000 Nassirya. E’ più forte di loro, l'ha detto Berlusconi che mi sogna col passamontagna, e quindi diviene per magia la loro Verità, te lo gridano in faccia alcuni dei più accesi sostenitori all'esterno del palazzo ma anche gli onorevoli sguardi che incroci in Transatlantico. Mi attengo alla decisione dell'Unione, non prendo nemmeno in mano la matita, ma piego con calma la scheda, ci vorrei restare ancor un poco in quel posticino, è il posto più bello della Camera perché è l'unico angolo nel quale puoi sfuggire agli sguardi rancorosi e agli assillanti teleobiettivi che ti scrutano come il grande fratello, secondo dopo secondo, passo dopo passo, alla ricerca di uno sbadiglio o di un dito dentro il naso. Apri la tendina ed ecco ancora una volta venir fuori il mondo alla rovescia. Francesco Guccini, Adriano Sofri, Cesare Previti e Bruno Vespa, ecco alcuni dei nomi usciti dall'urna elettorale. Ed io che credevo che fosse una cosa seria.

Domani tento di raddrizzare il mondo, voto Franco Piperno.
da
la stampa.it
Non so se è più coglione lui o chi lo ha ingaggiato come editorialista alla Stampa.Ma se c'è Mina che da il suo colto ed inclito parere di cyui spesso non ci frega un tubo, può esserci pure Caruso, La Stampa è un foglio sempre più degno di certi suoi editorilasti da 3 palle un soldo
 
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verbenasapiens
view post Posted on 10/5/2006, 19:35




Il programma degli UNITI
IL PRESIDENTE DI TUTTI



Dal programma dell'unione:

In difesa dei valori della Costituzione
"In ogni democrazia le istituzioni sono lo strumento fondamentale per garantire i principali valori costituzionali: libertà,partecipazione, pluralismo, equilibrio dei poteri. Per questo le istituzioni sono di tutti: non possono essere modificate in base a contingenze politiche o diventare oggetto di patteggiamenti strumentali di una parte politica." (incipit, pag. 9)

Oggi
"L’attuale maggioranza di governo ha applicato alle istituzioni una logica “proprietaria”.
...le istituzioni sono diventate merce di scambio, usata per tenere insieme una coalizione politica ormai priva di ogni collante ideale e progetto politico." (pag. 10)

Ma da domani...
"Eleveremo la maggioranza necessaria per l’elezione del Presidente della Repubblica, garante imparziale della Costituzione e rappresentante dell’unità nazionale, e la maggioranza necessaria per l’elezione dei presidenti delle Camere, in modo da tornare alla convenzione che prevedeva una larga intesa sulla designazione dei presidenti, tutelandone il ruolo di garanti imparziali." (pag. 13)

http://pa.ilcannocchiale.it/
 
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*PalladeAthena
view post Posted on 15/5/2006, 20:08




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Rachael
view post Posted on 15/5/2006, 20:48




:lol: grande il Giulivo.
 
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Maximus05
view post Posted on 18/5/2006, 07:15




Promemoria: Giuliano Pisapia
Al prossimo che ve la menasse con la faccenda delle competenze e le competenze e le competenze (da sinistra) voi rispondete così: Giuliano Pisapia. Fate questo nome e basta. È l'esempio perfetto di come un candidato ideale al ministero della Giustizia, dapprima indicato come tale pressoché da tutti, sia stato fatto fuori in quanto competente e niente altro: non dunque particolarmente inserito nel gioco di pesi e contrappesi che sta rendendo i venturi ministri del governo Prodi come perfettamente intercambiabili tra loro, con Mastella che secondo i giorni ce lo siamo ritrovati candidato alla Difesa o alle Politiche agricole o appunto alla Giustizia, laddove oggi, probabilmente, sarà designato: chi non è competente in niente, nella miglior tradizione, è candidato a tutto. L'ex onorevole Giuliano Pisapia per contro è favorevole alla separazione delle carriere, si è dichiarato contrario a una campagna di azzeramento delle leggi del Polo, è favorevole al divieto d'Appello in caso di assoluzione, è favorevole all'abolizione dei reati di concorso e di concorso esterno, un suo intervento ha finalmente innalzato il risarcimento per ingiusta detenzione, era e resta inviso alla sinistra forcaiola di Micromega: andava troppo bene perché andasse bene. Forse è stato reputato troppo giovane, in questa politica dei matusalemme: ha solo 57 anni. Promemoria: Giuliano Pisapia. E Clemente Mastella
di Filippo Facci
da il giornale
 
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Maximus05
view post Posted on 19/5/2006, 07:36




I tanti padroni di Arlecchino
Arlecchino servo di due padroni» è una commedia che continua ad avere successo nei teatri milanesi. Questa volta, purtroppo, la commedia è andata in scena sul palcoscenico nazionale con il ridanciano Prodi, nelle vesti di un Arlecchino in versione emiliana-bergamasca, e il suo governo, che non ha nulla da invidiare al vestito a toppe della celebre maschera. Se il fondo dei pantaloni e la casacca se li sono aggiudicati Ds e Margherita, con nove ministri i primi e sei i secondi, c'è la toppa Mastella alla Giustizia, quella di Pecoraro Scanio all'Ambiente (non si aprirà più un cantiere), quella dello sconosciuto Bianchi ai trasporti e quella dell'Italia dei Valori, della Rosa nel Pugno, dei Comunisti italiani e così via. Erano in tredici alle consultazioni al Quirinale: un ministero ciascuno per non far male a nessuno. Ministeri sdoppiati per far posto alle tante esigenze, con prevedibili, inevitabili conflitti di competenza. Il tutto nell'attesa di una manciata di viceministri e di un plotone di sottosegretari che si annunciano con la cifra record di 60/70. Quanto ai due padroni dell'arlecchinata c'è solo da scegliere. Possono essere, di volta in volta, la Confindustria e la Cgil, D'Alema e Rutelli, il Papa e Bertinotti, i tecnocrati dell'Ue e il ragionierismo operaio delle estreme sinistre.
Per quanto tempo potrà andare avanti una simile armata Brancaleone, che al Senato si regge sulle stampelle dei senatori a vita, è un indovinello che appassiona la stampa italiana. «Più sinistra che centro» piagnucolava ieri il Corriere della Sera, quasi un accorato «mea culpa» per quello sconsiderato appoggio a sinistra sanzionato con tanto di editoriale a firma del direttore Paolo Mieli, scritto quando la vittoria dell'Unione appariva certa.
Io non mi avventuro in pronostici, ma una cosa è certa. Se la Casa delle Libertà rimarrà salda e unita, se a Prodi non arriverà qualche soccorso bianco, nero o azzurro che sia, i suoi giorni, o almeno i suoi mesi, saranno contati.
Mi preoccupano le parole dette a Ballarò da Casini, che temo voglia imprimere alla sua Udc un nuovo corso folliniano. Non tanto l'ingenerosa immagine di Berlusconi (un generale sconfitto che cerca responsabilità altrui) che è l'esatto capovolgimento della realtà di cui proprio l'Udc è stata protagonista, quanto le parole usate per la prospettiva del partito unico. Casini ha detto sì a «un partito degli italiani moderati» ma ha aggiunto che «se dovesse nascere adesso, con la bacchetta magica di Berlusconi, allora non ci interesserebbe».
Casini sbaglia se ricomincerà la litania contro Berlusconi e sogna se pensa di levarsi di torno la sua leadership. Ma sbaglia ancora più gravemente quando si dice disponibile solo per un partito di moderati.
Casini vuole un partito di moderati in una Italia dove perfino il mondo del calcio è corrotto fino alle radici? Un partito moderato in un Paese dove i magistrati tengono quattro mesi in carcere Fiorani, non lasciano più andare Ricucci ma nemmeno interrogano Gnutti e Consorte, le vere anime delle famose scalate? Un partito moderato in un Paese dove una delle più grandi aziende nazionali, la Telecom, che vive con le bollette pagate dai cittadini, ha la sfacciataggine di occupare pagine e pagine dei maggiori giornali nazionali per vantarsi di avere in un anno ridotto di 10 miliardi di euro l'indebitamento, di aver pagato gli interessi sul residuo debito di 39 miliardi, di aver destinato 3 miliardi, sempre di euro, agli azionisti e non ricordo quanti altri miliardi di accantonamento.
Ma come ha fatto la Telecom a guadagnare tutti questi soldi? Le sue tariffe - le più esose d'Italia - sono fissate da una Authority: non è una buffonata? E sempre a proposito della Telecom, quando D'Alema, allora Presidente del Consiglio, l'ha semiregalata al sig. Colaninno, non era affatto indebitata. I debiti sono stati fatti prima che Telecom fosse venduta a Tronchetti Provera. Dove sono finiti tutti quei soldi? La magistratura, che ormai si occupa di tutto, perché non dà un'occhiata? È in questa Italia degli scandali, dei misteri e delle sopraffazioni che Casini propone la ricetta del partito dei moderati, cioè del partito che prende i calci negli stinchi quando non è connivente con gli intrallazzi. No, l'Italia ha bisogno di un partito che riformi, che porti avanti con più lena, con più coraggio, con più convinzione l'opera avviata da Berlusconi. Un partito che oggi sia capace di opporsi con fermezza e intransigenza al conservatorismo e al controriformismo della sinistra. Guardiamo alla politica nella sua realtà e non illudiamoci che sia diversa da quella che è.
di Stefania Craxi
da
ilgiornale
 
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verbenasapiens
view post Posted on 20/5/2006, 19:40




Il ponte sullo Stretto scatena la prima lite Di Pietro-Bianchi
Il ministro dei Trasporti non lo vuole, quello delle Infrastrutture sostiene che spetta a lui deciderle E sulla Tav l’ex pm si scontra col verde Cento
ROMA. Il giorno della fiducia al Senato, è scoppiata la prima vera grana per Romano Prodi. A farla esplodere sono stati i due ministri «sdoppiati» delle Infrastrutture e dei Trasporti, ovvero Antonio Di Pietro e Alessandro Bianchi, le cui competenze non sono state ancora definite. Appena nominato, Bianchi ha subito detto di essere contrario al Ponte di Messina, nonostante il premier gli avesse chiesto di avere prudenza. «Su tutto puoi chiedermi prudenza - gli ha risposto - ma sul Ponte non posso tacere». Ma Bianchi è andato oltre e ha annunciato che intende aprire un dossier sulla vicenda Autostrade-Abertis e incontrare i vertici delle società interessate.

A questo punto Di Pietro ha reagito con una nota acida: «Il riparto delle competenze a oggi non può dirsi ancora attuato nei dettagli. A questo fine, è necessario un apposito provvedimento del presidente del Consiglio. Ogni decisione di merito, pertanto, sarà necessariamente frutto di valutazioni collegiali in ambito di Governo. Sono dunque prematuri esternazioni o giudizi - conclude il ministro per le Infrastrutture - che prescindano dalle scelte conclusive che saranno prese». Una presa di posizione molto dura che la dice lunga sulla volontà dell’ex Pm di lasciare campo libero al suo collega su materie di primaria importanza.

E sulla guerra delle competenze tra dicasteri sdoppiati che riguarda anche altri casi, complicando la partenza del governo Prodi. Il ministro delle Infrastrutture non si è limitato a stoppare sul nascere il protagonismo dell’ingegnere Bianchi. Anzi è andato oltre. Ha sollevato un altro problema, quello del viceministro Antonio Capodicasa che Di Pietro non vuole a limitazione della sua autonomia. Dietro c’è soprattutto una storia che porta in Sicilia. «Io ho solo tre sottosegretari. Non voglio un viceministro. Poi Capodicasa proprio no! E se il Consiglio dei ministri dovesse nominarlo, non gli darò nessuna delega. Mai». Già durante la prima riunione del governo, il leader dell’Italia dei Valori aveva fatto un salto sulla sedia quando aveva sentito quel nome: «Ma come, mi avete dimezzato il ministero e ora mi piazzate accanto Capodicasa?».

Macché, gli ha risposto Prodi, tutti i ministri con portafoglio hanno uno o più vice; e in ogni caso questo è l’accordo con i partiti. Anche perché la Sicilia è rimasta a bocca asciutta e deve essere compensata. «Neanche per sogno»: Di Pietro è determinato a sbarrare la strada al segretario siciliano dei Ds, che nel ‘98 è diventato presidente della giunta nell’isola in seguito a un ribaltone. Ma cosa c’è dietro a questa storia? Di Pietro sventola un’inchiesta pubblicata da «Il Diario» il 22 febbraio 2002 titolato «Un giorno con Montalbano». Non si tratta del commissario inventato da Camilleri. Il sottotitolo aiuta a capire meglio: «Parla l’imprenditore comunista che affittò la casa al capo mafia (Totò Riina ndr); gli hanno confiscato 400 miliardi di beni; dà consigli ai Ds: per vincere».

A un certo punto dell’inchiesta-intervista, Montalbano dice di non conoscere personalmente esponenti nazionali dei Ds: «Ho buone frequentazioni con quelli siciliani: Michelangelo Russo, Angelo Capodicasa ed Emanuele Macaluso». Nessuna inchiesta giudiziaria ha colpito questi illustri ex comunisti siciliani, ma tanto basta all’ex Pm di Mani Pulite per dire «quello non lo voglio». Poi alle Infrastrutture, sentina di tutti i sospetti, soprattutto quando i soldi devono andare in Sicilia. Tra l’altro, Capodicasa è vicino all’ex uomo forte dei Ds siciliani, Vladimiro Crisafulli, finito nell’inchiesta Messina-Ambiente ma poi prosciolto. Di Pietro, incarnazione del giustizialismo, a certe «strane storie» è sensibile.

Conclusione: se Capodicasa verrà nominato viceministro, Di Pietro non gli darà alcuna delega. In serata un’altra polemica. «Va verificato se per la tratta Tav della Valle di Susa ci siano le condizioni di sicurezza ambientale o se sia il caso di trasferire quella tratta più in là», dice Di Pietro nel corso di «Controcorrente» su SKY TG24, e aggiunge: «Ci sono due modi di realizzare una grande opera: fregandosene delle esigenze ambientali e sanitarie di una popolazione, oppure affrontarle, magari spostandosi qualche chilometro più in là». Ma per il sottosegretario all'Economia, il verde Paolo Cento, «in un Paese dove c’è ancora un binario unico per diecimila chilometri, la Tav non è una priorità». E Patrizia Sentinelli, viceministro degli Esteri, di Rifondazione Comunista, rincara: «Credo che la Tav in Valle di Susa non si farà».
da

lastampa

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verbenasapiens
view post Posted on 8/6/2006, 14:58




"Berlusconi postdemocratico ha schiavizzato l'Italia"
Ecco il testo dell'intervista al presidente del Consiglio Romano Prodi che il settimanale tedesco Die Zeit pubblica oggi.

Onorevole Prodi, a pochi giorni dalla sua imminente visita a Berlino la politica italiana, il suo nuovo governo, sono un enigma per la maggior parte dei tedeschi.
"I tedeschi hanno sempre dell'Italia un'immagine di grande confusione. E' difficile per loro capire la mia politica e capiscono a fatica anche me".

A partire dal fatto che non sappiamo neanche a quale partito effettivamente appartenga .
"Siamo in procinto di fondare il Partito Democratico e non è affatto un'utopia. Vi confluiranno i due maggiori partiti della mia coalizione, i Democratici di sinistra e la Margherita. Già oggi costituiscono un gruppo parlamentare su cui posso contare in entrambe le camere. Non mi sento parte invece di nessun partito tradizionale".

Una volta fondato il nuovo Partito Democratico avrà finalmente una tessera di partito?
"Ma certo! La tessera numero uno è già in preparazione".

La nostra cancelliera fa già a volte fatica a guidare una coalizione di due soli partner. Ci spieghi come farà a tenerne insieme nove.
"All'interno dei vostri due partiti di coalizione esistono quaranta diverse correnti, non solo nove! I tedeschi, mi perdoni la franchezza, hanno impiegato molto più tempo a stringere il patto di coalizione rispetto a noi. Ci hanno messo due mesi! In un mese io ho fatto eleggere i presidenti delle due Camere, un presidente della repubblica, formato il governo e superato il voto di fiducia. Siamo italiani, ma mi sembra che da voi il tutto proceda con molta più fatica. Noi abbiamo solo più folklore, Rifondazione Comunista, i Comunisti Italiani. Ma a confronto di Lafontaine, è qualcosa di abbastanza innocuo".

Lo scetticismo non si limita ai nomi dei due partiti comunisti irriducibili che fanno parte della sua coalizione di governo ma riguarda soprattutto la loro impostazione statalista. Come intende portare avanti contro queste forze le riforme e i tagli al bilancio necessari?
"Il mio programma di riforma è stato sottoscritto da tutti. Tutti e in tutti i punti fatta eccezione per le coppie di fatto e il sostegno alle scuole private. Che ci si creda o no faremo politica sulla base di questo programma. Tutti hanno chiara la situazione: via io, via il governo. Se il governo cade resteremo i prossimi sessant'anni all'opposizione".

Che cosa ha detto ai suoi 25 ministri lo scorso fine settimana in Umbria?
"Ho illustrato innanzitutto la situazione finanziaria".

E sarebbe?
"Beh... un po' peggiore di quella tedesca. Ma solo un po'. A parte gli scherzi: il nostro debito si aggira intorno al 4,6 per cento del PIL. Sappiamo ovviamente di dover rispettare i parametri di Maastricht e sappiamo anche che per noi non si chiuderà un occhio come è stato fatto a suo tempo per la Germania, perché allora a Bruxelles c'era un presidente benevolo...".

Le riforme comporteranno però un qualche costo. Ogni anno la giustizia italiana viene richiamata per la sua lentezza dalla corte europea per i diritti dell'uomo. Invece di lavorare con più efficacia il tribunale di Roma ha lamentato di non avere più carta per le sentenze, con 700.000 cause civili pendenti.
"Forse lì manca anche la carta igienica. E' questa la situazione che ci ha lasciato il governo Berlusconi. Non ha diminuito le imposte e al contempo ha ridotto gli investimenti. Le spese statali sono comunque aumentate vertiginosamente. C'è stato uno spreco incredibile. Ho ridotto la mia scorta dalle 51 persone ingaggiate da Berlusconi a 32 e la considero ancora un'esagerazione. Il nuovo leader dell'opposizione impiega attualmente 31 guardie del corpo a spese dello stato".

E' vero che in Umbria ha ordinato ai suoi ministri di non attingere al minibar della stanza d'albergo?
"Era per scherzare. Anche noi però dobbiamo dare il buon esempio per arginare anche l'impressionante spreco nelle regioni. Risparmiare sull'armata delle auto blu è importante a livello psicologico per la gente. Già nel 1996 ho preso la guida di un paese dalle finanze disastrate. Le ho rimesse in ordine allora e ci riuscirò anche questa volta. So fare il mio mestiere. E me lo lasci dire: questo paese è stato in passato schiavizzato. Il precedente premier poteva fare e disfare a suo piacimento".

Come definirebbe il berlusconismo? Una forma di governo postdemocratica?
"Sì, postdemocratica. Il berlusconismo ha sistematicamente cambiato il popolo italiano, la mentalità della gente, i loro valori".

Una volta ha definito il movimento politico di Berlusconi, Forza Italia, come il partito di quelli che parcheggiano sempre in seconda fila. Che cosa intendeva dire?
"E' stata proprio questa la sua propaganda: non c'è nulla di male a frodare il fisco, non c'è nulla di male a parcheggiare in seconda fila. Lo stato è l'antagonista, il nemico. E attraverso i suoi media ha sempre diffuso questa propaganda".

Il giornalista Alexander Stille scrive che Berlusconi si è creato un elettorato con le sue emittenti.
"Proprio così. E' questa la caratteristica postdemocratica di Berlusconi, convincere la gente non solo parlando di politica ma soprattutto non parlando di politica. In queste elezioni circa il 70 per cento dei laureati hanno votato per me. Il 70 per cento! Tra le donne di età compresa tra i 35 e i 55 anni ho ottenuto meno voti, forse (ride) perché non sono molto sexy. Ma in questa fascia d'età ho ottenuto l'11 per cento dei voti in più tra le donne che lavorano rispetto alle casalinghe".

Che evidentemente guardano di più la TV di Berlusconi.
"Meno ore le persone trascorrono davanti alla TV più sono propense a votare centrosinistra. E' la legge matematica della postdemocrazia".

Il suo governo avanzerà una legge antitrust che cambierà realmente la situazione in Italia arginando il monopolio di Berlusconi?
"Non voglio punire Berlusconi, ma consentire la libera concorrenza sul mercato italiano dei media".

Anche se lei non ha intenzioni punitive, a seguito di questa legge Berlusconi finirà per veder ridotte le sue proprietà?
"Ha denaro a sufficienza per diversificare".

Una cosa è la legge antitrust, un'altra la legge per regolamentare il conflitto d'interessi. Che genere di regolamentazione ha in mente?
"Esistono numerosi esempi. L'incompatibilità della carica di parlamentare o di membro del governo con determinate professioni, ad esempio".

Sarà una priorità del suo governo?
"Certamente, ma la vera priorità è l'equità sociale. Dobbiamo legare l'imprenditorialità alla giustizia sociale e aiutare coloro che negli ultimi anni si sono impoveriti. Sono tantissimi! Famiglie che ultimamente vivono in condizioni di povertà. E' chiaro che dobbiamo realizzare l'equità sociale".

Ha in mente anche un'addizionale Irpef per i più ricchi, come in Germania?
"Per ora non ho norme concrete in vista. Ma dato che parliamo di equità: se riusciremo ad arginare l'enorme evasione fiscale saremo già un passo avanti. Quando andai la prima volta al governo, dieci anni fa, il mio ministro delle finanze mi comunicava ogni trimestre un gettito fiscale maggiore senza che avessimo aumentato le imposte. Era solo che la gente pagava regolarmente le tasse perché l'atmosfera generale del paese era cambiata. Su questo serve fermezza. Niente paradisi fiscali. Niente condoni. Semplicemente riscuotere le tasse che spettano allo stato. L'importante è prendere subito le decisioni, se no siamo finiti. Non bisogna indugiare come voi in Germania con l'aumento dell'Iva.. L'Italia non può tollerare altre promesse mancate. O offriamo qualcosa di nuovo o perdiamo la fiducia della gente ".

Nei confronti del governo americano lei ha scelto ultimamente un linguaggio diverso rispetto alla Cancelliera. Ha definito la guerra in Iraq un grave errore e le truppe Usa in Iraq truppe di occupazione.
"Da tedesco anch'io userei un linguaggio diverso. Non avremmo truppe in Iraq. I concetti che ho usato sono stati impiegati a suo tempo anche da una maggioranza di politici americani. Inoltre ho sempre definito un errore la guerra in Iraq pur attribuendo grande valore alla stretta collaborazione con il governo USA. Da parte mia non c'è traccia di antiamericanismo".

Anche il governo Berlusconi voleva il ritiro dei soldati italiani dall'Iraq. Dove sta la differenza?
"Berlusconi auspicava una strana soluzione, una soluzione all'italiana: ritiriamo le truppe, ma lasciamo 800 uomini per proteggere 30 operatori che assistono nella ricostruzione. Noi invece vogliamo un ritiro in piena trasparenza. Deve essere attuato entro l'anno. Ma non faremo come Zapatero, niente annunci a sorpresa".

L'arresto del padrino della mafia Provenzano e il crollo del sistema calcistico corrotto in Italia ... è un caso che si siano entrambi verificati dopo la sua vittoria elettorale?
"Lei non sa da quanto tempo ci rifletto sopra. In tutta sincerità , non lo so. Ma quanto alla Juventus sono otto, nove o dieci anni che sento questa barzelletta, la scriva pure: Il calciatore brasiliano Ronaldo, che allora giocava nell'Inter, prega sempre la Madonna. All'improvviso la Madonna gli appare e dice: 'Dato che sei così pio, ti faccio una grazia, puoi esprimere un desiderio e io lo esaudirò'. Ronaldo risponde: 'Va bene, vorrei un'autostrada diretta da Milano al Brasile'. La madonna molto imbarazzata esclama: 'Ronaldo, chiedi troppo! Scatenerei le ire degli ambientalisti. Pensa a qualcos'altro, torno domani mattina'. Il giorno dopo Ronaldo torna a pregare la Madonna, che, come promesso, riappare. 'Hai pensato a un'altra grazia Ronaldo?' Ronaldo esprime il suo desiderio: 'Vorrei una partita contro la Juve con un arbitro imparziale' . E la Madonna risponde: 'Ronaldo, a quante corsie la vuoi l'autostrada per il Brasile?'".

(traduzione di Emilia Benghi)

da repubblica.it
e qui c'è "la precisazione"
 
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Rachael
view post Posted on 8/6/2006, 18:47




L'ho letta l'intervista roba da farsela addosso dalle risate :lol:
Sarebbe meglio che le interviste gliene scrivessero come i discorsi...più di 10 parole in fila lo mettono in crisi :laughing1.gif:
Ma come cavolo ha fatto a diventare professore?
 
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38 replies since 23/4/2006, 18:56   356 views
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