Svelati i misteri del Caimano. E’ Silvio Orlando, cioè Silvio. Placido sbarca a Sabaudia come Colombo. Il regista Virzì celebra le nozze trotzkiste. Prove raccolte in un ristorante di Roma e nei suoi dintorni
Roma. Sulle tracce del misterioso, segreto, impenetrabile nuovo film di Nanni Moretti, “Il Caimano”, il Foglio è riuscito a scoprire il misterioso, segreto, impenetrabile racconto cinematografico. Attori, scene, registi che recitano, attori che fanno i registi, galeoni che sbarcano a Sabaudia “per i quali sono stati usati tantissimi soldi”, caimani che salgono sul palco, interrompendo le scene, giornate gelate in pieno luglio, concerti all’Auditorium, misteriosi flirt tra i protagonisti, attori che recitano sotto la (vera) pioggia e attori (veri) che si ammalano. Sul set non si parla. Chi recita non può, è scritto sul contratto. Ma le comparse, i costumisti, gli addetti al casting ci hanno raccontato in che modo è stato costruito e in che modo è stato tenuto nascosto il prossimo film pre-elettorale di Moretti.
Il film, girato tra la periferia di Roma, le spiagge di Sabaudia e Milano, uscirà il 24 marzo in 300 copie. I protagonisti saranno Silvio Orlando, Margherita Buy, Jasmine Trinca, Michele Placido e Elio de Capitani. Per il film il regista ha persino reclutato molti bambini nelle scuole elementari romane, tra questi uno ha un ruolo da protagonista. E’ Daniele, molto probabilmente il figlio di Margherita Buy. “E forse non è un caso – sostiene un ragazzo che ha lavorato nel film – i bambini sono messi in scena per convincere emotivamente lo spettatore che il Caimano riveste un ruolo subdolo. E che non si faccia scrupoli a esercitare il suo senso di onnipresenza e onnipotenza anche sugli stessi bambini”. All’interno del film sono presenti una serie di altri film. Ognuno con un suo regista. Il Caimano è Silvio Orlando. Ha un ruolo preciso, è lui che controlla, che appare nelle scene spesso senza dire nulla. Vigila su ciò che accade. Si guarda in giro e quando c’è qualcosa che a lui non quadra, ferma tutto, blocca il film nel film. Perché il film deve essere proprio come vuole lui. “Alza un dito, fa gestacci, si fa notare fino a quando gli altri – gli attori – non sono costretti a interrompere ciò che stanno facendo in quel momento”, dice una comparsa. Gli attori non potevano e non dovevano parlare. Pierluigi, lo chiameremo così, era a Sabaudia. “A me mi ha fatto venire la febbre”. Pioveva tantissimo ma Moretti ha continuato a far girare il film. Pierluigi è rimasto sul set “dalle 18 alle 5 di mattina”. A Sabaudia c’era un vascello con sopra Michele Placido. La scena era quella di uno sbarco. Pierluigi era curioso e ha chiesto, “ma chi è il caimano?”. Per tutti la stessa risposta. “Lo vedrai al cinema”. Ma loro lo sapevano. “Il caimano è Berlusconi. Nel film è Silvio Orlando”. Il protagonista è lui. Cristoforo Colombo sbarca a Sabaudia. “Non ha badato a spese per questa scena e in particolare per il vascello. Era immenso, curatissimo nei particolari. Ha speso tantissimo. Io vedevo arrivare Orlando. Quando interveniva bloccava tutto senza dire una parola, solo con i gesti”. Ricorda Pierluigi, riassumendo il vero senso del film: “Si sarebbe voluto parlare di come sia difficile fare cinema in Italia. I registi hanno recitato proprio per questo”. Pierluigi era curioso. Osservava il Caimano. “Orlando passava sulla scena del film e dava fastidio. Scendeva dalla collinetta e rimaneva a guardare. Sembrava lui quello a cui dovevano tornare i conti”. “Si impadronisce dello stato”, direbbe Cordero che in un articolo su Repubblica aveva accostato il Cav. alla figura del Caimano.
“Ce l’ha fatta girare venti volte la scena”
“Ce l’ha fatta girare venti volte quella scena”. Nel film nel film c’è un regista per ogni trama. Un regista che fa il regista e alcuni registi (veri) che fanno gli attori. “C’è una scena in cui Virzì celebra un matrimonio. Margherita Buy sposa Paolo Sorrentino. Sorrentino dovrebbe avere un fazzoletto rosso al collo”. Gli altri registi sono Carlo Mazzacurati nella parte di un cameriere, Renato De Maria, Antonello Grimaldi, Jerzy Sthur.
Tiziana, la chiamiamo così, era seduta nella settima fila dell’Auditorium di Roma, sala Santa Cecilia. Era luglio. “Faceva un caldo incredibile. Moretti era molto affascinante. C’era una strana aria. Moretti parlava molto con Silvio Orlando. Ma lui si metteva continuamente a ridere e la scena è stata ripetuta un’infinità di volte. Mi sembra che Moretti volesse un personaggio molto più severo, più brusco. Molto più deciso”. Tiziana era arrivata alle nove di mattina. “Mi ha fatto uscire alle 21”. Sul palco c’è un’orchestra e anche Margherita Buy. “Cantava con uno spartito davanti a sé”. Orlando è seduto in platea, controlla. Interrompe. Entra sulla scena e all’Auditorium salta sul palco. “Sembrava scandire i tempi e i ruoli di ogni ripresa”. Stoppa, si avvicina a Margherita Buy. Le parla all’orecchio. Tiziana era curiosa. Chiede anche lei. Le rispondono: “Aspetti di vedere il film al cinema”. Dice Tiziana: “Siamo rimasti chiusi dentro la sala, dodici ore sotto l’aria condizionata. Moretti aveva il maglione intorno alla gola per ripararsi”. Tiziana dice: “Sembrava che Orlando fosse il marito di Margherita Buy. Non doveva parlare nessuno, non poteva parlare nessuno”. Tiziana, parlando con le altre comparse, ricorda: “Eravamo molto curiosi di osservare Moretti in azione. Ma noi veramente lo volevamo anche vedere come attore. All’Auditorium lui non ha recitato. Ma una piccolissima particina sono quasi sicura che lui l’abbia fatta”. La stessa cosa ci dice Pierluigi. “In mezzo a tutti questi registi voleva esserci anche lui”. E’ una tecnica pubblicitaria. Geniale. Non dire nulla prima di un film è molto importante. Crea attesa. “Il pubblico non vede l’ora di capire di cosa si parla”, dice Francesco Piccolo uno degli sceneggiatori del film. Insieme con lui ha collaborato alla scrittura Heidrun Schleef, che con Moretti aveva già lavorato alla “Stanza del Figlio”.
Alla fine il regista ci ha parlato
Alla fine però ha parlato con noi anche Moretti, giovedì sera in via delle Zoccolette, al ristorante Evangelista, a Roma. Con lui c’era (e se non era lui era un sosia perfetto) Antonio Ingroia, il pm palermitano con il quale Giancarlo Caselli ha istruito il processo per mafia contro Marcello Dell’Utri. Si è parlato del film. Si è sentita una data. Il 24 marzo. Sedici giorni prima delle elezioni. Parlavano del film. Lo commentavano, cercavano di analizzarlo. Ma parlavano anche di politica. Dei girotondi, di quelle proposte ricevute da Nanni per entrare in politica, su quella voglia che aveva Nanni di entrare in politica facendo girotondi ma non solo, delle svastiche e le falci e martello allo stadio – che non è possibile che siano considerate allo stesso modo – delle elezioni, di Berlusconi, di questo film che in fondo un po’ elettorale lo è, si parla di destra e di sinistra. Cordiale, gentile.
Sul tavolo di Moretti arrivano i carciofi al mattone, zuppa di ceci, maialino e zabaione. Sono in due. Di fronte a lui un uomo, capelli radi, barbetta incolta. Ingroia (o il suo sosia perfetto). Moretti del film non vuole parlare. Sbuffa, i capelli sono arruffati, indossa un maglioncino azzurro. Ha la solita barbetta un po’ incolta, il solito sguardo un po’ distaccato, le solite parole scandite e cadenzate. E’ il solito Nanni Moretti. Sorride, era arrivato con un mal di pancia “che non ti dico”. Aveva detto: “Non posso mangiare nulla”. La gente lo guarda con grande curiosità. C’è chi bisbiglia. Si sa che Moretti sta montando il suo film. Si sa che sarà una pellicola con grande riferimento all’attualità politica. In una sola parola: Berlusconi. Ma in realtà nessuno, finora, aveva raccontato alcunché di significativo. Si siede a tavolo, molto composto e molto cordiale. Il Foglio lo intercetta: “Al cinema a me piace arrivare senza sapere nulla”. E allora, assicura, “si saprà qualcosa soltanto quando uscirà nelle sale”.
Franco Cordero scriveva su Repubblica del Caimano: “Il bello dello studiare B. è che le ipotesi analiticamente giuste risultano sempre confermate a opera sua: salta sulla preda, la inghiotte e digerisce, indi ripete l’operazione; fenomeni naturali, come le cacce del coccodrillo o la digestione del pitone. Tout se tient nella sua storia. I paleontologi ricostruiscono l’intero dinosauro da una vertebra. Idem qui. Persi i protettori salta in politica e non perché gliene sia venuto l’estro: impadronendosi dello stato vuol salvare una terrificante ricchezza in crescita continua; siccome ha la cultura dei caimani, non gli passa nella testa che esistano poteri separati; e non stia bene diluirsi i falsi in bilancio, ai quali risulta piuttosto dedito, o storpiare la disciplina delle rogatorie affinché prove d’accusa spariscano dai processi milanesi, o codificare stramberie utili alla fuga da Milano”. Il Caimano deve impadronirsi dello stato. Nel film il Caimano deve controllare la scena. Non può sfuggirgli nulla perché tutto deve passare sotto il suo controllo. Gli attori devono dire quello che vuole lui. La regia deve essere esattamente come ce l’ha in mente lui. Le luci, le battute, la scenografia, i movimenti. Al Caimano non può sfuggire nulla.
Ma nei corridoi della Mikado, la società che distribuirà il film, già s’ascolta che “stupirà la locandina”: “Non sarà come tutte le altre”. Ma che vuol dire? C’è da aspettarsi un fotomontaggio? Qualcuno parla di “un’Italia sovrastata da…”. E’ tutto. Ma qualcuno si sbilancia perché “il manifesto pubblicitario non sarà soltanto promozione artistica, ma una vera campagna”. Giusto, perché “Il Caimano” uscirà a ridosso delle elezioni e – se non abbiamo capito male – vorrebbe dipingere un’Italia dove gli italiani portano in scena la loro vita, ma se a un personaggio particolare – guarda caso Berlusconi – non piace qualcosa “entra in scena e cambia tutto” come lui vuole. Un ruolo che permette al Caimano di poter dire, o semplicemente pensare, che nella vita degli attori e quindi degli italiani ciò che va bene è soltanto ciò che piace al Caimano.
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