| Tra il fascismo e il jazz. Romano Mussolini, il più giovane dei figli maschi del Duce, scomparso oggi a Roma, ha vissuto così. ‘’Ho vissuto di queste due dimensioni da quando ho cominciato a pensare – dice Romano Mussolini nell'ultima intervista rilasciata nel maggio 2005 a Ign, testata on line del Gruppo Gmc Adnkronos-. Mi ricordo molto bene di mio padre: è stata la parte più importante della mia vita. La musica e il jazz sono venuti dopo, per caso. Ma questo amore è durato per tutta l’esistenza. Se devo rispondervi però col cuore – aggiunge - direi senza dubbio che il tratto più importante della mia storia è stato dal 1937 al ’45, quando ho potuto davvero conoscere e amare mio padre. Poi, ho fatto tante cose buone e anche molti sbagli, come ognuno nel corso della propria vita’’. Classe 1927, ha scandito la sua vita tra un piano swing e un fascio littorio, il silenzio di villa Carpena e le note del sax che lo hanno portato in giro per l'Italia, ma anche all’estero, con l’inconfondibile camioncino bianco e i fidati artisti che hanno scritto belle pagine di musica. Nella sua vita grandi amori, il pianoforte di Oscar Peterson, ma anche la passione per la pittura che lo portava a esibire le sue opere nel corso delle serate fatte di musica e ricordi. Romano nacque cinque anni dopo la Marcia su Roma, e al tempo della Repubblica Sociale aveva 17 anni. Chi lo mise al mondo, però, gli confidò cose importanti. Dopo 'Il Duce mio padre', il figlio del capo del Fascismo scomparso oggi, aveva dato recentempente alle stampe, ancora per i tipi della Rizzoli, un altro contributo alla inquieta storia italiana della prima metà del Novecento. 'Ultimo atto. Le verità nascoste sulla vita del Duce' è infatti scritto da un testimone d’eccezione, e attraverso il proprio racconto e quello di persone che vissero vicinissime al padre, narra come Benito Mussolini visse l’ultima avventura della sua vita, destinata nel bene e nel male a cambiare il corso politico italiano. Il Duce raccontò la nascita di Romano, al figlio toccava raccontarne la morte. Su ‘Ultimo atto’, il suo ultimo e sofferto libro, Romano Mussolini racconta ancora a Ign: ''L’abbiamo pensato io e Vittorio (il fratello, ndr). Lui aveva registrato queste riflessioni e tante altre ancora. Poi si è ammalato… è toccato finirlo a me, e una parte importante di quelle cose che avremmo voluto dire sono ora pubblicate. Quanto alle ragioni, il testo è una testimonianza, ma soprattutto un atto dovuto alla memoria di quanti sono caduti con mio padre in un barbaro assassinio, inconcepibile in una nazione come la nostra. Ci sono state tante verità che escono da quel 25 aprile, ma ci sono anche tanti lati ancora oscuri’’. Quanto alla ‘sua’ verità sulla morte del Duce, spiega: ‘’Come in un film, la fine di mio padre ha molti finali, ma la verità – quella vera – non è ancora venuta fuori. Mi accorgo però che alla mia età, anche se sapessi la verità assoluta, nulla mi restituirebbe mio padre’’. Nell’ultima telefonata al figlio, Benito Mussolini gli confida di essere rimasto solo. E infatti, racconta Romano, ‘’era una solitudine sua, profonda. Mio padre confessava che da quando Galeazzo era morto, anche lui stava morendo. A determinare la sua fine furono delle concause. Sono tuttavia sicuro che non volle salvarsi: questa è la verità pura e cruda. Si perse del tempo invece di puntare direttamente sulla Valtellina. Negli ultimi tempi ci fu molta disorganizzazione. E’ vero che mio padre respinse il piano di Buffarini, così come sono convinto che non voleva essere consegnato agli angloamericani. E questo, per me figlio, forse è stato un errore. Mi resta anche il dubbio che dal cardinale Schuster le cose sarebbero dovute andare diversamente. Come in altro modo avrebbero dovuto comportarsi gli Alleati e lo stesso arcivescovo di Milano a piazzale Loreto, per impedire lo scempio del cadavere. Ma questa pietà non ci fu’’. Sul ‘mistero’ delle carte del capo del Fascismo, invece, Romano sottolinea: ‘’Secondo le mie informazioni, mio padre aveva con sé una serie di lettere con Hitler che dimostravano in modo chiaro come la decisione di entrare in guerra fosse stata subita dal governo fascista. Con Churchill, poi, aveva avuto molti rapporti epistolari. Non posso dire con certezza che esistano ancora quei documenti, ma di certo Churchill non autorizzò un assassinio come quello. Non metterei però la mano sul fuoco sul celebre ‘ultimo appello’ a Churchill’’. Mentre sull’uccisione del Duce, aggiunge: ‘’L’idea finale che mi sono fatto è che certo l’ordine di ammazzare mio padre venne dai partigiani comunisti, ma non è da escludere che provenisse direttamente da Mosca. Il Cremlino aveva infatti un piano per distruggere la Rsi. A distanza di tanti anni non si sa nemmeno quale fu l’arma che uccise mio padre e Claretta’’. ‘’Molte illazioni fatte potrebbero cadere – spiega ancora Romano Mussolini - ma non ho mai permesso un’autopsia sul corpo di mio padre. E finché vivo - taglia corto - non darò mai l’autorizzazione’’. E sottolinea: ‘’Lo faccio anche per rispetto alla sua memoria: è stato talmente oltraggiato, che quel corpo martoriato va risparmiato da una seconda ricognizione’’. A riconoscere il Duce che indossava un cappotto tedesco fu un ex marinaio, Giovanni Negri. Alla domanda quali erano le sue fonti per ricostruire ciò che accadde a Giulino di Mezzegra, spiega: ‘’Sono indagini che ha condotto mio fratello Vittorio. Nel corso degli anni abbiamo ascoltato persone, testimonianze e storie, che ci hanno confermato molte versioni. Devo anche dire che parecchie cose ce le aveva anticipate il cuore di mia madre, donna Rachele, che ‘sentiva’ dentro di sé come si erano svolti diversi episodi. Io ho cercato di sapere tutto. Anche donna Rachele voleva sapere, ma questo le è costato sacrificio. Sono sicuro – confessa il musicista - che avrebbe voluto trovarsi al posto di Claretta quando mio padre fu ucciso’’. E conclude: ‘’Un giorno, però, non so come, vorrei tanto incontrare di nuovo mio padre. Sono vicino alla fine della mia vita. Incontrarlo è un’ipotesi che sta nel mio cuore’’.
Parecchi anni fa lo sentii suonare, era proprio bravo. Il posto dove si esibiva era un piano-bar in Liguria, dove spesso suonavano jazz dal vivo. Ebbi modo quindi di vederlo da vicino e scambiare poche parole, non so perché mi diede la sensazione che lo accompagnasse una tristezza di fondo...mi diede l'impressione di essere un uomo mite e alla mano....
Edited by Rachael - 3/2/2006, 21:54
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