Il sofà delle muse

Il Guggenheim porta l'Informale a Modena

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Rachael
view post Posted on 21/1/2006, 22:29




Quel che si guasta nell’opera d’arte quando si vuol far meglio è l’ingenuità”.


Così ha descritto la sua ricerca pittorica Jean Dubuffet ora protagonista della mostra “Informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970” al Foro Boario di Modena. Colla, stoffa, sabbia, sassi assemblati su tele rugose e dalle tonalità spente. Dipinti che cercano la loro solidità scultorea. Pennellate pesanti e forme appena accennate. La mostra rappresenta la giusta occasione per comprendere le influenze che hanno caratterizzato la ricerca artistica nell’ultimo periodo della Seconda Guerra Mondiale e del secondo dopoguerra: il senso di smarrimento, la perdita di identità, il vuoto esistenziale e morale che hanno segnato quei tragici anni soprattutto nel momento della ricostruzione.
L’ “Informale” nasce nel 1940 in Francia per dilagare poi in tutta l’Europa e negli Stati Uniti con la corrente dell’Action Painting. Il termine “Informale” coniato attorno al 1950 dal critico francese Michel Tapié, mette insieme varie tendenze espressive del tempo, che scaturiscono da un comune stato d'animo esistenziale. Tela, colori e materiali inusuali sono gli strumenti d’elezione con cui l’Informale si esprime attraverso diverse correnti.
A Modena protagonista è la “pittura materica” di Jean Dubuffet e di altri autori che da lui hanno preso spunto per continuare la ricerca. Per le sale dell’esposizione si possono ammirare i capolavori dell’ “Art Brut”, come la chiamava Dubuffet, l’arte dei bambini e dei malati mentali, l’arte ingenua che scaturisce come un sentimento, improvviso e dirompente.
Scopo della mostra è ripercorrere la vita e la ricerca dell’artista francese. Poi l’analisi delle tipologie e le differenze stilistiche che caratterizzano l’Informale attraverso artisti come Burri, Fontana, Lazzari e Novelli. Infine confronti, paragoni e coincidenze tra l’Informale europeo e l’americana “Action painting”.
Il percorso espositivo si apre con “Le chien”, il Cane, un collage montato su carta a carta e inchiostro del 1973. Un’opera per la prima volta esposta in Italia che Dubuffet ha eseguito utilizzando una grande vela da barca. Proseguendo si possono ammirare quattordici opere che riassumono l’evoluzione dell’artista. Dal primitivismo di “Miss Cholera” del 1946 all’ironia “Châtaine aux hautes chair”, Brunetta dal volto carnoso, del 1951 fino al magico e colorato ritratto tridimensionale del personaggio di “Bidon l’Esbrouffe”, Bidone l’Imbroglio , una scultura del 1967. Poi le affascinanti opere corrose, materiche a tratti fangose di “Knoll of vision” e di “Substance d’astre”, Sostanza astrale, del 1959. Infine si può ammirare il capolavoro riassuntivo di tutta l’opera di Dubuffet “Nunc Stans” del 1965.
In esposizione anche cinquanta disegni a riprova della fervida produzione grafica dell’artista a cui si dedica tra gli anni cinquanta e i sessanta. Presenti 4 album: “Champs de silente”, Campi del silenzio, “L’Arpenteur”, L’Agrimensore, “Aires et lieux”, Aree e luoghi, “Théâtre du sol”, Teatro del suolo.
Continuando la peregrinazione tra le sale del Foro Boario, si osservano le complesse esperienze artistiche europee del CoBrA costituito da Constant, Gallizio, Jorn, Kotik, Melanotte e Simondo. Il nome del gruppo deriva dalle iniziali delle capitali europee di appartenenza degli autori: Copenhagen, Bruxelles e Amsterdam. Struggente e complesso è “Formicaio” di Pierre Alechinsky del 1954. Direttamente dalla collezione Peggy Guggenheim “Il balletto verde” di Asper Jorn del 1960. Poi le esperienze degli italiani Emilio Vedova, Giuseppe Santomaso, Edmondo Bacci che la collezionista Peggy Guggenheim definiva “I miei nuovi Pollock”.
A destra i maestri Hartung, Riopelle, Tàpies, Mathieu, Soulages e Manzoni.
La mostra procede sui risvolti dell’Informale fino agli anni settanta. Esposte le sperimentazioni di Alberto Burri e Lucio Fontana. Nel primo sorprende l’uso del catrame, dei sacchi, dei legni. Rappresentativa è “Metallo”, un’opera del 1959. Di Fontana ci sono invece le pietre, le aniline e la serie dei “Barocchi”. Chiude il percorso una grande sala dedicata a Pinot Gallizio. Settanta metri di rotolo di “Pittura industriale” che l’artista vendeva al metro. Presenti l’opera gioiosa di Carla Accardi, “Blu Concentrico” e di Giuseppe Capogrossi le due mastodontiche “Superficie 210” e “Superficie 324”. Chiudono questa sala sorprendente i pannelli di Gastone Novelli e i tre metri del “Giardino delle delizie” di Afro Basaldella del 1959.

Foro Boario
Fino al 9 aprile
Orario: dalle 10 alle 19. Chiuso il lunedì.
Ingresso gratuito
www.mostre.fondazione-crmo.it
Il sole 24ore
 
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verbenasapiens
view post Posted on 24/1/2006, 18:55




magari potessi andare a Modena...e non solo per l'arte ma pure per la gastronomia smile.gif
 
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1 replies since 21/1/2006, 22:29   302 views
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