Il sofà delle muse

Celentano sta arrivando, che palle..

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Ishtar
view post Posted on 19/10/2005, 07:25




Giovedì 20 debutta su RaiUno l'atteso show di Adriano Celentano
Biagi non ci sarà: "Non tornerò finché ci sarà chi mi ha impedito di lavorare"
Rockpolitik, meno quattro
Ospiti e segreti, paura in Rai
Fra gli ospiti fissi, Cornacchione, Crozza e Luisa Ranieri
Nella prima puntata Ligabue, Michele Santoro e Daniele Luttazzi

ROMA - Il silenzio, le assenze. I due canali di (non) comunicazione preferiti da Adriano Celentano sono anche gli unici elementi che finora caratterizzano Rockpolitik. Per contratto (clausola che sta mettendo a dura prova l'equilibrio psicologico del direttore della Rete, Fabrizio Del Noce) è mistero fitto sul programma del Molleggiato, a soli quattro giorni dal debutto, atteso per giovedì 20 ottobre in prima serata su RaiUno. Perciò il silenzio di autori e protagonisti, e l'assenza certa di alcuni invitati (Beppe Grillo e Enzo Biagi) sono, per paradosso, le uniche certezze. Per il resto, qualcosina sugli ospiti fissi, sull'allestimento del blindatissimo studio di Brugherio, la canzone scritta da Paolo Conte, i timori di alcuni vertici della Rai e, ad alimentarli, un buco di un'ora, nella scaletta della prima puntata (dedicata alla libertà d'espressione) che Adriano ha gestito completamente da solo e nel quale nessuno sa che cosa dirà e che cosa accadrà.

Chi non ci sarà. Intanto, Beppe Grillo, per non compromettere l'iter legale del contenzioso con Telecom (nel 1993 denunciò presunte truffe del 144 davanti a 13 milioni di telespettatori, seguirono denunce e procedimenti ancora in corso). Poi, Enzo Biagi. Che spiega il perché con una lettera a Celentano sulle pagine del Corriere della Sera: "Spero che chi ha impedito a me di continuare a fare quel che facevo, non sia ancora oggi così forte da impedirlo a lei". Riferendosi alla minaccia di Del Noce di autosospendersi per l'impossibilità di controllare i contenuti di Rockpolitik, Biagi ricorda "grandi direttori che quando non erano d'accordo non si sospendevano ma rinunciavano alla poltrona". "Lei - scrive ancora - dedicando la prima puntata alla libertà di informazione, rende un grande servizio non a noi epurati, ma alla democrazia del Paese". E conclude: "Non posso tornare alla rete ammiraglia della Rai fino a quando ci saranno le persone che hanno chiuso il programma, e impedito alla mia redazione di lavorare. Forza Celentano, giovedì sarò il suo primo telespettatore".

Chi ci sarà. Forse. Oltre alle fantasiose ipotesi (di stampa) del subcomandante Marcos e di Silvio Berlusconi, si parla di un probabile arrivo di Madonna, in occasione dell'uscita del suo nuovo album, e di personaggi che in tv non mettono quasi mai piede: da Paolo Rossi ai fratelli Guzzanti al giornalista Massimo Fini. Poi c'è chi si candida, come Loredana Bertè, che pur di partecipare si dice "disposta a tutto, anche a portargli l'acqua minerale, fargli da interprete per gli ospiti stranieri, stirargli i vestiti...". In corso contatti con Paolo Conte e Eros Ramazzotti.

Chi ci sarà, di certo. Ligabue nella prima puntata, e i temuti Michele Santoro e Daniele Luttazzi, poi Roberto Benigni nella seconda, Teo Teocoli nella terza. E gli ospiti fissi del programma, il comico Antonio Cornacchione e Maurizio Crozza che ha già annunciato un'imitazione del presidente americano George W. Bush. Infine, Luisa Ranieri, presenza femminile, celebre per lo spot-tormentone "Anto', fa caldo..." e poi accanto a Luca Zingaretti (oggi anche nella vita) nella fiction Rai Cefalonia.

Dove sarà. Un capannone industriale di Brugherio, periferia milanese, è il teatro di Rockpolitik. All'interno, elementi che scandiscono il viaggio negli ultimi cinquant'anni (questo, nelle intenzioni, il leit motiv dello show). Lo skyline di Manatthan e rovine archeologiche, architetture di ispirazione cinese e insegne che evocano quelle dei discount, due palchi e maxischermi, atmosfere alla Blade Runner e mix di stili e materiali. Come il Molleggiato riuscirà a mettere tutto insieme, resta un mistero, che a qualcuno fa tanta paura.
http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/sp...ia/vigilia.html
Ci mancava sto guru de noarti con cachet miliardario..il guru delle prediche qualinquiste da due palle cosi'.. w00t.gif
 
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Ishtar
view post Posted on 20/10/2005, 07:36




Bufera sul giornalista, che rinuncia all'incarico di europarlamentare
e annuncia la propria partecipazione allo show 'RockPolitik' su RaiUno
Santoro si dimette da Strasburgo
domani sarà ospite di Celentano
Il giornalista: "Non ritengo che siano applicabili alla mia situazione
le indicazioni della commissione di Vigilanza sui politici in tv"


Michele Santoro
ROMA - Michele Santoro ha presentato la sua lettera di dimissioni da europarlamentare, e domani sera sarà ospite della prima puntata di RockPolitik, lo show di di Adriano Celentano su RaiUno. Lo ha annunciato lo stesso giornalista in una conferenza stampa. E ci andrà, sicuramente, senza opposizioni da parte del consiglio d'amministrazione Rai. Precisazione d'obbligo dopo una dichiarazione, rilasciata nel pomeriggio dal responsabile degli affari legali Rai, Rubens Esposito, secondo il quale "fino a quando le dimissioni non saranno accettate e formalizzate dal Parlamento europeo, Santoro rimane un soggetto politico". Un'osservazione che aveva fatto pensare a un possibile "no" da parte di viale Mazzini. Che non è arrivato.

Anzi, dai vertici Rai giunge un invito ad abbassare i toni, ed è il direttore generale, Alfredo Meocci, a farlo: "Leggo con crescente perplessità una grandinata di dichiarazioni su RockPolitik. Penso tuttavia che sia necessario sdrammatizzare i toni esasperati del dibattito". Meocci definisce Celentano "una grande risorsa della Rai", ma precisa che "in fin dei conti quello su cui si sta congetturando, spesso a sproposito, è solo un programma televisivo, non un messaggio alla nazione", e conclude dicendosi certo che il programma sarà "comunque un grande successo", indipendentemente dagli ospiti.

Santoro, nel corso della conferenza stampa, aveva spiegato che il suo sì a Celentano è "indipendente" dalla sua vicenda di parlamentare europeo: "Non ritengo che possano essere applicabili alla mia situazione le indicazioni della commissione di Vigilanza sulla presenza di politici negli show", ha osservato. Il giornalista si riferisce al "documento di indirizzo" redatto nel 2003 dalla commissione di Vigilanza, allora presieduta dall'attuale presidente Rai, Claudio Petruccioli, che riguarda fra l'altro la partecipazione dei politici ai programmi di intrattenimento.

Secondo il documento, "la presenza di esponenti politici nei programmi di intrattenimento, quando è frequente e abituale, alimenta la sensazione che il carattere pubblico del servizio consista nella simbiosi con la politica. Va quindi normalmente evitata, e deve comunque trovare motivazione nella particolare competenza e responsabilità degli invitati su argomenti trattati nel programma stesso".

"Quanto alla mia presunta incompatibilità - ha commentato Santoro - mi sembra che in Rai ci sia ormai un comportamento orientato al fair play: per esempio, la questione della compatibilità del direttore generale è stata sottoposta all'attenzione del Consiglio di Stato, ma nel frattempo il direttore generale continua a svolgere le sue funzioni".

Alle dimissioni da Strasburgo, Santoro pensava da tempo: "Ogni volta che veniva fuori il mio nome legato a questioni televisive, si tirava in ballo la mia carica di deputato europeo" ma in questo modo "si rinviava a data da destinarsi la realizzazione della mia volontà: tornare a fare il mio lavoro, come hanno stabilito le sentenze della magistratura".

http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/sp...ro/santoro.html
Povero Santoro..ma poveri noi..ch coppia.. blink.gif
 
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Ishtar
view post Posted on 21/10/2005, 07:30




Il ritorno dei buoni per la Messa rock

Adriano è efficace anche nell'indugio e la sua tv così antica da sembrare cinema Celentano crede nella sacralità della sua missione, fa tv come un prete celebra messa. Messa beat, s'intende. Anzi rock. Non tutto quello che scorre sul piccolo schermo è spazzatura. Non tutto è perduto. Ci pensa Adriano a dividere il mondo in buoni e cattivi: il male è lento, il bene è rock. Questione di ritmo.
La messa si regge su un format molto forte; Celentano, nonostante la lentezza della preparazione, invece va a braccio. Un po' canta. Un po' predica. Un po' dialoga. È lento e rock insieme. Un po' s'accompagna a Gérard Depardieu che tiene fede alla sua fama di intenditore di vino, un po' sgrida la Rai che ha cacciato Biagi, Santoro e Luttazzi per un editto promulgato a Sofia da Berlusconi. Berlusconi è lento. Molto lento. Per questo siamo un Paese «parzialmente libero», secondo Freedom House, un Paese lento: anche se la classifica scorre velocemente il nostro Paese è solo al 79˚ posto. Intanto però anche il programma comincia a rallentare.
C'è da santificare il ritorno di Michele Santoro: è una tv salvifica. Per chi la fa, per chi vi partecipa, per chi la guarda, forse. Santoro è lento di suo. Anche lui vuole che diventiamo migliori (a spese di Berlusconi) ma rivendica con forza anche la sua trasmissione. Lancia un appello ai suoi: «Si preparassero a lavorare ». Poi inneggia alla fratellanza, all’uguaglianza, alla libertà, e anche alla cultura. La cultura dei congiuntivi, par di capire. Celentano è efficace anche nell'indugio, è così antica la sua tv da sembrare cinema, così sfasata da esaltare le sfasature, persino i «terribili » monologhi sull'Illuminismo, sulla ragione, sulle vaste plaghe del Male.
Ma cosa vuol dire RockPolitik? Ce lo spiegano, didatticamente, le schede filmate. RockPolitik una specie di ossimoro, due termini tra di loro contradditori associati in un'unica espressione. Il rock è l'età dell'oro del Salvatore, l'adolescenza in via Gluck e nella Milano dei Navigli, la sua sorgente di vita cui si è abbeverato, il «periodo più bello», la «voglia di trasgressione », il grande sogno di cambiare il mondo. Ma il sogno si è impigliato in una grande rete, l'intrico della politica, l'organizzazione governativa. Il rock è l'anima, libera da ogni peso; il politik è il corpo: pesante, d'intralcio. Il rock è la libertà d'espressione; il politik sono il capitalismo, i sindacati, gli immobiliaristi, la speculazione edilizia, la politica, Berlusconi o il sindaco di Milano Albertini. A una certa età si ritorna sempre al punto di partenza, al posto delle fragole. Per Celentano quel paesaggio pittorico è il rock (e Rossini).
Raramente una scenografia (è di Gaetano Castelli) parla come questa: più che un set è un racconto fiabesco. È la storia di un mostro che si chiama Globalizzazione, alto come un grattacielo, largo come l'immenso Oriente, e si mangia tutto: la casa fuori città, gente tranquilla che lavorava, le colonne romane, i binari in disuso, la Cina è vicina. La Globalizzazione divelle, fa disastri ecologici, sradica: la foresta dell'Amazzonia come il ragazzo della via Gluck, l'uomo con le radici. A una certa età arriva la voglia di fare la predica, di farsi santone. È una tentazione che molti artisti hanno. E quindi quella Rai di prima ora è rock, Mediaset non ancora.
Aldo Grasso

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettac...ckpolitik.shtml
Non ho visto Celentano, avevo da lavurà..ma non credo di essermi persa nulla: aborro i santoni a senso unico..mi fanno venire l'orticaria.. blink.gif



Il santone

perso in via Gluck Filippo Facci

Uno guarda Rockpolitik e magari dovrebbe sforzarsi di scriverci un commento cosiddetto in punta di penna, dovrebbe sforzarsi cioè di eliminare ogni traccia di becera violenza da quelle parole che secondo Adriano Celentano peraltro non ci sono più, perché da qualche tempo, ha spiegato, abbiamo paura delle parole: e ha ragione, perché da ieri sera non ne abbiamo più. Resta soltanto da guardare. Prima un dialogo da età della pietra tra Celentano e Gérard Depardieu (nessuno dei due sapeva l'italiano) che era la definitiva sconfitta del creazionismo, la dimostrazione finale della nostra discendenza dai lemuri; poi atmosfere da monastero buddista e lentezze da film bulgaro (altro che editto) dai cui fumi ecco trasfigurarsi classifiche sulla libertà di stampa nel mondo (che ci vedono dopo la Bolivia e dopo la Mongolia, ma che nessuno spiega con quali criteri vengono compilate) e poi ancora elenchi e fotografie genere desaparecidos argentini: Biagi Enzo, Luttazzi Daniele... sinché poi, oddio eccolo, è lui, il Telemartire. Si avvicina. Forse ci toccherà. Oddio sta parlando: dice che Biagi è il giornalista «più amato dagli italiani», dice che Luttazzi «è insostituibile», poi finalmente tocca a lui, dice che rivuole il suo microfono, rivuole il suo posto di lavoro e la sua identità perduta, e dio che bello, che scena, viva la libertà, la fratellanza, viva la cultura.
Ecco che il reintegro nella professione di anchorman televisivo viene commentato come se si trattasse del reintegro di un operaio della Breda, ecco gli effetti psicologici che l'astinenza da video può determinare in un soggetto peraltro propenso a uno stile di conduzione inopinatamente populistica, versato perciò a credere che una moltitudine di persone agogni un suo ritorno in video quale diritto inalienabile, ecco il complicato caso di un signore che va a fare l'europarlamentare a Strasburgo con il solo obiettivo di poter tornare in Viale Mazzini a svolgere un presunto servizio pubblico, Santoro zitto quando serve, Santoro pensoso e annuente quando andò a Mediaset a mostrare come potesse piegarsi per non spezzarsi, Santoro l'insopportabile, un personaggio che ha stufato nel senso più banale perché fa perdere un sacco di tempo a tutti, più che altro.
Perché ormai è Santoro, definitivamente Santoro, caricatura del suo volto, figura inappellabile e passata in giudicato, marchio definitivo su quanto si possa dire o fare in un programma che porti la sua firma, grida di dolore ed estenuante lagnanza. Grazie Santoro, e soprattutto grazie Adriano, grazie manieristico menestrello che dopo qualche anno magicamente ridiscendi da noi e rimetti tutto a posto in cambio di vile pecunia: oplà, rieccovi la libertà di stampa, nella prossima puntata se c'è tempo fermiamo la guerra: intanto vi canto Azzurro perché siete fantastici, e sono fantastici anche i dirigenti Rai che sborsano qualche miliardo per farsi sfottere in diretta.
Vogliamo ricominciare da capo? Il neo premier Silvio Berlusconi, in una maniera ritenuta poco elegante e politicamente poco accorta, nel 2001 ebbe a esprimere un forte sgradimento per tre conduttori televisivi della Rai. Le successive decisioni dell'azienda, i cui vertici erano ovviamente un'emanazione del nuovo governo, resero perciò densa di suggestioni la piena legittimità di rinunciare a tre conduzioni peraltro sgradite a tanta parte del pubblico. Il primo caso, quello di un comico non eccezionale, ha scarsa valenza. Il secondo caso riguarda un ultraottantenne collaboratore della Rai, schieratosi contro il neo premier quand'era capo dell'opposizione, che andava in onda da 41 anni e che faceva un programma di 6 minuti di trascurabile significato giornalistico: rifiutò uno spostamento di palinsesto e patteggiò una fuoriuscita assai onorevole. Il terzo caso è quello di un dipendente Rai più giovane, pure lui schierato politicamente, che andava in onda in prima serata dal 1988 e che pretendeva di continuare a farlo ritenendolo un diritto sindacale. Nuove conduzioni promosse dall'azienda si rivelarono non sempre felici e ciò complicò le cose.
Ora mi riesce difficile spiegare come il dipendente Rai, quello più giovane, sia poi divenuto europarlamentare ma abbia deciso di dimettersi per partecipare a una trasmissione di Adriano Celentano, un cantante di 67 anni che decise di invitarlo per guadagnarne in pubblicità e in ascolti. L'ha fatto ieri, e abbiamo visto i risultati. Non c'è altro.
Tranne un comico dissacrante e trasgressivo che a metà puntata regala a Celentano una tessera di Forza Italia: spiega che dà diritto a uno sconto di pena del 20 per cento. Applausi, risate in sala, il comico gongolante: attende fiducioso epurazioni o censure, unico requisito che ormai rimane per far carriera in televisione. Grazie Adriano. Canzonette e sipario.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=37129

La caricatura di un programma..il santone Celentano aspira ad essere elevato agli altari..in effetti si libra da terra con la leggerezza di un pallone gonfiato..peccato che dimostri tutta la eccessiva pesantezza del suo non essere..il re degli ignoranti si è esibito..e i soliti servi sciocchi applaudiranno: bene, bravo Bis...
 
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Rachael
view post Posted on 21/10/2005, 20:48




sick.gif Altri commenti non merita.
 
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Ishtar
view post Posted on 25/10/2005, 07:46




I consigli di Caino. E quelli di Abeledi Aldo Grasso

Ci risiamo. Silvio Berlusconi vede nemici ovunque, specie fra i comici. E perché non ci siano equivoci ha anche fatto nomi e cognomi: Serena Dandini, Sabina Guzzanti, Gene Gnocchi, Enrico Bertolino, Dario Vergassola, Corrado Guzzanti, «e altri che cerco di non tenere a mente». Meno male, altrimenti non gli basterebbero le pagine gialle. Erano solo comici, alcuni bravi, altri meno: adesso sono eroi, martiri, vittime del tiranno.
Quanto resiste il premier a non occuparsi di tv? Un giorno, due, tre? Non di più. Eravamo ammirati per la noncuranza con cui aveva assistito al turbinio mediatico sollevato da Adriano Celentano che già arrivano, con rovinoso tempismo, le anticipazioni dell'ennesimo libro di Bruno Vespa: «Quello di giovedì 20 ottobre—dice a Vespa il presidente del Consiglio — è soltanto l'ultimo episodio di un sistema della comunicazione, televisione ma anche della stampa, che dal 2001 ha sistematicamente attaccato l'operato del governo e il presidente del Consiglio».
E così Prodi può tornare a parlare di liste di proscrizione, di ingerenze, di conflitto di interesse. Silvio Berlusconi è fatto così. E dire che avrebbe un mucchio di cose da fare invece di occuparsi di comici. Non è umanamente possibile che perda tempo a vedere un programma di Dario Vergassola. E allora perché si abbandona a queste cadute di stile? C'è una sola spiegazione: Berlusconi ha due consiglieri per la tv, uno buono (che chiameremo Abele) e uno cattivo, anzi pessimo (che chiameremo Caino). Abele ha appena finito di spiegargli che la battaglia dei voti in tv è una battaglia trasversale, che si gioca sulla quotidianità e sulla routine (l'ampia area dell'infotainment), che spesso gli attacchi diretti si ritorcono contro.
Gli ha anche spiegato che il pubblico più «debole » (scolarizzazione medio-bassa e livelli economici medi o medio-bassi) è quello più influenzabile, non certo quello che segue i comici o i programmi d'approfondimento (sa già per chi votare). Gli ha persino detto che nonostante Jay Leno e David Letterman (mica Vergassola o Bertolino) lo attaccassero ogni giorno, George W. Bush ha vinto per due volte le elezioni. Giorni fa, Berlusconi sembrava aver capito la lezione: bisogna stare attenti, aveva ammonito, a «Uno mattina». Aveva ragione: se un'Antonella Clerici, preparando la pastasciutta, impreca al governo ladro fa più danni di Michele Santoro (perché Fassino sarebbe andato da Maria De Filippi?).
Caino invece non è così raffinato, senza la clava non si diverte. E invece di spiegargli come e perché abbiano fallito conduttori come Giovanni Masotti o Anna La Rosa trova più facile dare sempre la colpa all'altro, all'immediato, alla battuta più corriva. Caino dev'essere un comico fallito che vuole solo vendicarsi di alcuni colleghi più fortunati. Dev'essere una mezzacalzetta, un giornalista mancato che non ha capito che, mettendo Gene Gnocchi al termine del suo tg, Mauro Mazza ha fatto una grande operazione di immagine (ci sarà mai un Tg3 che dà spazio a un comico di destra?). Dev'essere una bestia edotta in teoria e tecnica della comunicazione per fare la spia su un manipolo di comici. Si sarà capito a chi ha dato retta il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Eppure il presidente emerito Francesco Cossiga gli aveva regalato un consiglio splendido: vada da Celentano (allarghiamoci: vada dai comici) e dica la sua, ci scherzi su, si faccia una risata!
L'ebbrezza di una risata avrebbe ridotto a niente tutto il tourbillon di questo mondo mediatico (cui basta una predica di Celentano per perdere il senso della misura); e nessun problema di censura né tormento interiore sarebbe più venuto a turbare una gioia ritrovata. Siamo tutti vittime della «sindrome da finestra sul cortile», confondiamo la tv con la vita, l'aumento dell'audience con l'aumento dei prezzi. Un errore, però, che un capo di governo non dovrebbe commettere.
24 ottobre 2005

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editori.../24/caino.shtml
Interessante quello che scrive Grasso..ma non credo che avrebbero permesso a Berlusconi di intervenire da Celentano..o meglio chissà il celenterato cosa sarebbe stato capace di dire e mi immagino gli alti lai della sinistra..la cosa migliore è non curarlo anche se credo che Berluscono abbia parlato perchè si è convinto o è stato convinto che era necessario esprimere tutto il suo malcontento e forse per sotolineare la stupidità e la megalomania inerte di Celentano tongue.gif
 
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Camille
view post Posted on 25/10/2005, 21:20




Per me tutto questa bagarre intorno allo spettacolo di Celentano fa solo il suo gioco.
Diamo a Cesare quel che é di Cesare, Rockpolitik è tutto fumo e niente arrosto:non é intrattenimento, non é politica seria. E' solo uno spettacolo partigiano e pieno di ridondante retorica, buono per i polli....
 
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Ishtar
view post Posted on 26/10/2005, 07:13




Infatti spettacolo per boccaloni e sempiterni incazzati con il mondo che si credono "vendicati" da questo signore..
Molto carino questo articolo..lo riporto
'O pernacchio! (Il Roma)
Mandato da Free Martedì, 25 Ottobre 2005, 22:15.
Da il Roma del 23/10/2005. Di Benedetto Casillo.

«'O pernacchio non è un suono. 'O pernacchio è rivoluzione, è libertà. 'O pernacchio è 'a voce d''a gente ca nun tene voce. 'O pernacchio è un calcio in culo a tutt' 'e putiente.»

BENTORNATO CELENTANO. Si sentiva la mancanza di una trasmissione come “Rockpolitik”. Basta con insulsi reality e programmi sguaiati. L'Italia ha bisogno di una televisione libera, dotta acculturata, stimolante. Quale migliore rappresentante, se non l'eterno ragazzo della Via Gluk? Straordinaria già la prima puntata. Grazie, Adriano. Grazie, per averci aperto gli occhi sui tanti mali che affliggono questo nostro Paese. Grazie a te l'altra sera abbiamo fatto l'amara scoperta dell'abusivismo edilizio che dilaga da nord a sud. Mostri di cemento deturpano la nostra bella natura. I mari, i monti. E chi 'o sapeva! Eh, ma mò è fernuta 'a zezzenella per speculatori e costruttori senza scrupoli. Celentano li ha solennemente cazziati in diretta tv. Viva l'Ambiente. Adriano è il suo crociato.
E dopo Gerusalemme presto sarà liberata pure l'Italia. Ci voleva proprio in televisione un personaggio coraggioso e dai grandi concetti filosofici. «L'uomo è meglio delle macchine», ha meditato davanti alle telecamere, «meglio pure 'e 'na Ferrari. Perchè l'uomo tiene il cervello. Le macchine il cervello non lo tengono». Manco Luciano De Crescenzo è arrivato a tanto. E io, ignorante che non sono altro, mi ero sempre incaponito a sostenere che il cervello lo tenevano pure 'e camion, 'e tir, 'e tram, 'e filobus.
«Il guaio è che spesso l'uomo il cervello non lo usa o lo usa male» N'ata perla! E poi tutto un rosario di saggezze. Il periodo più bello della vita di un uomo. «La fanciullezza». Gli esseri umani più buoni e più puri. «I bambini». Sì, queste cose stanno scritte pure nel Vangelo, ma un conto è se le dice Gesù, un altro se le dice Celentano. Intanto Adriano parla davanti a undici milioni di telespettatori, Gesù sempre sia lodato, il picco d'ascolto lo fece in occasione del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma non superò le cinquemila presenze. Boom “Rockpolitik”.

Altra componente di successo del programma, la satira. Sottile, intelligente, pungente. Senza guardà 'nfacci 'a nisciuno. Tutti bersagliati: la Rai, il direttore, il sindaco Albertini, il presidente Bush e Benito Mussolini. Unica nota stonata quella seppur spiritosa ironia sulla sinistra. E che c'entra la sinistra con i guai dell'Italia?

Originale e divertente il cabaret dei comici di studio. E come ridevano Crozza e Cornacchione! «La tessera di Forza Italia, lo sconto nei tribunali, le tre reti di Silvio». Cose mai sentite prima. Di uguale spessore sarà la satira nei confronti dei problemi di Napoli e della Campania, prossimamente in programma. Sarà spassoso vedere Crozza e Cornacchione alle prese con Bassolino e la Iervolino.
Emblematiche le tre scrivanie vuote in studio, a evocare gli irragionevoli licenziamenti dalla Rai di Biagi, Luttazzi e Santoro. Ma la prossima volta ce ne vorranno trecentotrentatremila, per non fare ulteriore torto a quei tanti artisti che in Rai non hanno lavorato mai e che trovano ostacoli e difficoltà anche fuori dalla Rai. E se fosse la censura? Già ma di quale colore?

Poetico, sentimentale l'intervento di Michele Santoro: «Voglio il microfono, voglio il mio microfono». Grande Michele. Ha lasciato l'Europarlamento p' 'o microfono. Se non glielo da la Rai, speriamo ca nce 'o purtasse 'a Befana.

Bellissime infine, tutt' 'e canzone d' 'a trasmissione. Mitica “24.000 baci”.
Rivoluzionaria “24.000 pernacchie”.

Benedetto Casillo
(comico e attore di teatro)
legnostorto
 
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Ishtar
view post Posted on 27/10/2005, 19:01




Stasera c'è Benigni...figurarsi... rolleyes.gif
 
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Ishtar
view post Posted on 28/10/2005, 07:11




Segnalo questa intervista di Crozza..
«I comici devono far ridere» Maurizio Crozza: simpatizzo a sinistra, ma li sbeffeggio. Celentano? Un comunista cinese, ci paga con ciotole di riso

L'uomo non si è ancora evoluto, anzi è in regressione. L'anello mancante siamo noi. Cinque secoli fa in Versilia trovavi Michelangelo che sceglieva il marmo, ora trovi Briatore e Paolo Brosio che prendono il sole. Duemila e passa anni fa c'era Platone, ora abbiamo Buttiglione che pensa di essere un filosofo solo perché è brutto.

Dice Maurizio Crozza che lui non vuole fare politica, e neppure imitare i politici. «C'è già Sabina Guzzanti che fa Berlusconi e D'Alema, e suo fratello Corrado che fa Bertinotti, Rutelli, Tremonti. Sono bravissimi. Ho lavorato con loro, li stimo. Così come mi piace Nanni Moretti. Ma non ho partecipato alla stagione dei girotondi. Sono utili, aiutano la sinistra a guardarsi dentro, però io faccio un altro mestiere, sono un guitto, un comico. Non faccio né comizi né proclami; gioco, cerco solo di far ridere. Non ho militanze né appartenenze, detesto i clan e pure i club, mi piace il tennis ma a Genova non gioco per non dover prendere la tessera di un circolo. Sono un indipendente, fuori dai giochi. Dovessi imitare un politico farei Bondi. Mi affascinano i misteri: perché il sole sorge a Oriente, perché i dinosauri avevano un cervello così piccolo, cosa serve a Bondi una fronte così spaziosa». Questa però la diceva già Fortebraccio.


Ha imitato Apicella, Tony Renis, Scoglio, Terim, Marzullo, Arrigo Sacchi, Serse Cosmi, Candidò Cannavò, Alan Friedman «il ciarlatano», Carmelo Bene «il maestro». Bush. E Guccini, dopo l'uscita di Berlusconi sui confinati del fascismo che in fondo erano in villeggiatura.

Sono andato in vacanza con altri cento/ sono andato in vacanza che ero bambino/ passato per il confino/ ma almeno ero in vacanza...
Crozza però non èmai incappato nella censura. Dove ha sbagliato? «La censura è grottesca. In America chiunque può dire qualsiasi cosa di Bush; in Italia è peccato toccare un sottosegretario. Mi sono dato un unico limite, il buongusto. Ci mancava solo che avessero paura di Celentano.
Ora pare che Adriano sia diventato comunista. Allora noi lavoriamo come in una comune cinese ai tempi della rivoluzione culturale: ci pagano in riso, giriamo in tuta, rendiamo conto al commissario politico, al mattino facciamo un'ora di tai-chi con Freccero. Grottesco».

Nel Duecento noi genovesi sparavamo sui pisani che stanno a due ore di macchina. Oggi facciamo la guerra all'Iraq che è a tre ore d'aereo, meno di un puntata di Porta a Porta. Se apro un conto corrente a Genova mi regalano un'agendina, se lo faccio in America mi danno un fucile a ripetizione.

«Non mi piace Bush, ma non sono antiamericano. Da Pearl Harbour all'11 settembre l'America ha fatto 63 guerre: contro il comunismo, contro i narcos, contro il terrorismo, contro tutti. Però ha fatto anche cose straordinarie. Negli Anni Cinquanta, quando sono nato io — nel '59 —, tutto il bello veniva da là: il jazz, Elvis, i film, i romanzi, Walt Disney». Pure lei parla dell'altra America? «Esiste anche quella. Oggi ad esempio mi piace Michael Moore».

Il futuro è un horror. Leggo di bambini che nel 2022 nasceranno in uteri artificiali, con il titanio zincato al posto del liquido amniotico, bagnetti cibernetici e un aggeggio che ci segnalerà quando i figli si allontaneranno oltre la soglia di sicurezza; così nel frattempo potremo dimenticarcene completamente.

Crozza non lo dice, ma si capisce bene che da grande vuol fare Beppe Grillo. «Ci conosciamo. Ci frequentiamo anche, da un paio d'anni. Abitiamo vicino: io a Quinto, lui a Sant'Ilario. Siamo molto genovesi: liberi, un po' selvatici. Ci piace mugugnare». Da ragazzo giocava nella Samp, è rimasto tifoso. Esordio nel '76: comparsa nell'Aida. «Facevo lo schiavo etiope. Ci mettevano in perizoma e ci coloravano con secchiate di vernice. Quelli che facevano gli armigeri ridevano di noi. Però loro dovevano restare fino al quarto atto. Noi al secondo avevamo già finito e andavamo al mare con le ballerine del corpo di danza del Reno».

Poi però Crozza si è fidanzato e sposato con una collega, Carla Signoris. Tra i genovesi gli piacciono anche Tenco e Paolo Villaggio, dice. Ricci? «L'ho visto una volta sola. Striscia è divertente. Anche Chiambretti lo è. Come Gene Gnocchi». La Ventura? «Brava, anche se non condivido alcuni suoi programmi. I reality proprio non li sopporto«. Di Luttazzi disse che aveva copiato Letterman. «Be' sì, ma l'hanno copiato in tanti».

Il politico più sottovalutato è Ignazio La Russa. Kennedy ha detto: «Mille miglia iniziano con un passo». Gandhi ha detto: «Non farei del male a nessuno, ma sarei disposto a farmi uccidere per difendere le idee del mio avversario». La Russa ha detto: «A settembre portiamo il Catania in serie B». Uno statista.

«Non è vero che ce l'ho con i politici di destra. Mi capita di parlar bene di loro. Ad esempio Grillo mi ha detto che l'unico politico a fare una legge in favore dei pannelli solari sulle case è stato Storace. Mi interessano le cose concrete. Seguo i giornali, i miei autori raccolgono notizie, studiano. Sono affascinato dalla Cina. Loro hanno 750 milioni di lavoratori, in Europa abbiamo 450 milioni di persone in tutto, compresi pensionati, neonati, cassintegrati e D'Alema, che non ha mai lavorato un' ora in vita sua». Questa invece l'aveva già detta Berlusconi.

Ha vinto le primarie el Mortadela/ nuestra es la culpa/ a caballo de una graziela/ con Di Pietro e con Rutela/ Prodi nooo por qui me toca votar/ Abemus candidato anche Mastela/ la secunda culpa/ e intanto Bertinoti/ fa spese in via Condoti/ como es triste esta canzon/ io sognavo Che Guevara e c'è Bordon/ Zapatero, Zapatera…

«Nella prima puntata di RockPolitick ho preso in giro la sinistra. Resto convinto sia un po' meglio della destra: in effetti l'ha presa bene, Bordon mi ha invitato a cena, Mastella mi ha fatto il verso. Berlusconi si è rimesso a compilare liste di proscrizione. Sì, mi considero di sinistra, i miei valori stanno lì. Da ragazzo ho partecipato a qualche corteo, ma quasi per caso, non capivo nulla di politica e c'era poco da scegliere, se non eri di sinistra eri un disgraziato. Poi ho avuto come maestro Volonté, ci insegnava il metodo Stanislawsky e poi ci portava a cena; Volonté che ti fa scarpetta nel piatto è un'emozione incredibile. Oggi hanno paura pure di Celentano. Uno che cantava "là dove c'era l'erba ora c'è una città", una cosa alla Bob Marley, che però l'erba la reggeva meglio. Grottesco. E ora scusi, ma devo sottoporre i testi di domani sera al commissario politico».

Aldo Cazzullo
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettac.../cazzullo.shtml
Satira o non satira Crozza fa ridere..altri comici o presunti tali fanno piangere..Vitti na Crozza..e gli chiesi? Sei un giullare libero?Vedremo
 
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Ishtar
view post Posted on 2/11/2005, 08:38




Celentano, l’ultimo tribuno - di ARTURO GISMONDI -


Arturo Gismondi

Ferdinando Adornato, a proposito delle polemiche nate dal «caso Celentano» ha invitato a distinguere, su queste colonne, fra egemonia culturale in senso proprio, e occupazione degli spazi e degli strumenti culturali da parte della sinistra. Nel primo caso, nella battaglia delle idee, sostiene Adornato, la sinistra è irrimediabilmente sconfitta per la caduta di tutti i miti che ne hanno alimentato l'egemonia passata. E si tratta di un risultato inevitabile dinanzi al crollo dei regimi comunisti in tutta Europa, e alla fine dei miti, dittatura o egemonia del proletariato, il socialismo come mondo della libertà, e il resto.
Diverso è il discorso per quel che riguarda la presenza, l'occupazione, l'uso degli strumenti culturali, degli apparati soprattutto pubblici nel mondo dell'informazione, del cinema, dello spettacolo della scuola. Sono in questo d'accordo con Adornato, non lo sono altrettanto con le osservazioni di altri, che sull'argomento contestano alla Casa delle libertà di non aver saputo contrapporre, soprattutto nella Rai, una presenza della cultura di centrodestra al predominio e alle presenze della sinistra.
Sembra a me perfettamente naturale che così sia. La cultura moderata, essenzialmente liberale, non rappresenta una entità compatta, gregaria, disponibile alla mobilitazione come è quella dell'attuale sinistra che ha per gran parte una radice marxista, comunista o post-comunista. Nella storia del liberalismo italiano non è apparso, né lo poteva, un personaggio come Antonio Gramsci. Ed è estraneo alla cultura liberale il mito del partito come «moderno principe», protettore e organizzatore della cultura e delle arti. Antonio Gramsci intuì con indubbia acutezza la esistenza, nelle società capitalistiche dell'Occidente, accanto al potere politico, e a quello economico, di quelle che definì «le casematte della cultura», e della società nella sua autonomia, delle quali auspicò l'occupazione sostituendo all'idea della «dittatura del proletariato», predicata da Lenin e poi da Stalin, la «egemonia della classe operaia» e del suo partito, una variante meno ostica di quella esistente in Urss, da spendere nei Paesi più avanzati. E infatti Gramsci fu studiato con interesse dagli intellettuali comunisti, o di sinistra, in Europa e in altri Paesi capitalistici.
Togliatti non tardò a farsi, della analisi gramsciana della società e della cultura, un valido apostolo. E dunque, l'occupazione delle «casematte» gramsciane è cosa di lunga lena, è il prodotto di una ideologia che i gruppi dirigenti della sinistra hanno trasmesso nei decenni agli attuali «intellettuali organici». Che non sono più i grandi intellettuali del dopoguerra, i Concetto Marchesi, i Guttuso, i Flora, i Luporini, i Muscetta. Sono, invece, i conduttori Tv in veste di tribuni, sono attori, cantanti, comici e satirici, giornalisti, usati senza risparmio, e con loro soddisfazione, in veste di imbonitori, o di giullari, o di spietati accusatori contro i delitti dell'intero mondo, quello liberale, borghese e occidentale di preferenza.
Non sono, tutti costoro, intellettuali in grado di conquistare una egemonia culturale, di imporre idee sulle sorti e sul governo di una società avanzata.
La sinistra post-comunista in effetti vaga alla ricerca di ispirazioni, di politiche, eleggendo a turno i modelli più vari, i Kennedy, i Willy Brandt, il comandante Marcos e Lula, Blair, Zapatero, nei quali di volta in volta gli attuali dirigenti politici e gli «intellettuali organici» cercano idee, motivi di ispirazione, e un fascino magari erroneo ma perduto, del passato
Gli attuali «intellettuali organici» che occupano la scena mediatica non sono in grado di detenere egemonie perdute, sono però in grado di battere la grancassa, di costruire quel consenso frutto di un luogo comune, di una sub-cultura (si parla oggi di politically correct) che serve alla attuale sinistra per perpetuare una sua base di consenso e un potere politico. Su questo tema ha usato parole assai appropriate Cristiano Gatti.
Dal percorso della sinistra post-comunista appare chiaro che nessuno può logicamente chiedere a partiti, alleanze e culture moderate e liberali quel che si chiede a partiti, alleanze, culture di natura tanto diversa. Il compito di una cultura liberale è diverso, e sulle sue possibilità non sarei così pessimista, poiché alla fine il comunismo è pur tramontato, in Europa. E in Italia deve rifugiarsi dietro la faccia di Prodi, o farsi rappresentare da Celentano e da Sabina Guzzanti.
[email protected]
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=40030
Poi parlo di grillo alla notte bianca e della sua PRESUNTA censura.. w00t.gif




 
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Ishtar
view post Posted on 4/11/2005, 08:06




Celentano e Teo sono lenti Crozza e Cornacchione rock - di LAURA RIO -


Laura Rio

da Milano

Questa volta è Celentano a essere lento. Dopo tutto il rock scatenato con l'ospitata di Santoro nella prima puntata e di Benigni nella seconda, alla terza il ballo langue. Si parte con l'ormai consunto tormentone. E le immancabili frecciate (indirette) al sindaco Albertini e, ovviamente, a Berlusconi. Chi è rock? Dario Fo, che il Molleggiato candida a primo cittadino di Milano («E una volta che verrai eletto chiamami che ti darò dei consigli», magari spianare un po' di grattacieli. ..). Chi è lento? Chi si fa il trapianto di capelli (vi ricorda qualcuno?) e fa in diretta un contratto con gli italiani... («però se l'avesse rispettato sarebbe stato rock»). Chi è - scorre la lista - rock? Fassino, Pasolini, gli operai, i metalmeccanici... e il mio gatto.
Il ballo prende un po' di ritmo con l'ingresso di Teo Teocoli malato di Celentano-pectoris («sindrome di sentirsi Adriano»). L'effetto del Molleggiato sdoppiato (il vero e l'imitazione fatta da Teo, peraltro già vista) suscita simpatia. Teocoli entra in scena con un grande cappello, dice di essere stato «male, malissimo». «Ho passato un incubo, ma sono completamente guarito»: «Mi sentivo come te, parlavo come te, andavo a letto con mia moglie e la chiamavo Claudia...». I due sono spassosi quando si cimentano nel brano Stai lontana da me (del 1961). Molto meno quando imitano le danze popolari russe e i vetero comunisti nostalgici alla Cossutta. Teo dunque preferisce non lanciarsi in qualche invettiva contro Fassino, D'Alema o Prodi
come era stato ipotizzato alla vigilia. Però non evita una staffilata al direttore di Raiuno Fabrizio Del Noce (altro personaggio - insieme con Berlusconi e Albertini - preso di mira fin dalla prima puntata): «Era in manicomio con me - dice Teo-Adriano - nel reparto inguaribili, stava in una camera con le pareti imbottite... per non picchiare la testa».
Ci ha pensato il bravo Maurizio Crozza a risollevare la trasmissione, superlativo nella parodia di Guccini. Le ha cantate a Bruno Vespa («trasmissione che sta al pluralismo come un secchio d'acqua al lago d'Orta»), a Daniela Santanchè sulle note di Bocca di rosa («con il suo dito medio mostrato agli studenti») e a Fabio Fazio («che non molla mai il culo dalla poltrona») rifacendo Il vecchio e il bambino.
Poi è arrivato il monologo, quello tanto temuto dai vertici della Rai, questa volta senza ragione. Visto che Celentano non ha detto nulla di eclatante. Come era da prevedere vista la presenza successiva di Patti Smith, la poetessa del rock anti-Bush, il cantante ha buttato là qualche parola contro la guerra. Molte a favore dell'amore. Altrettante sulla democrazia, con un lungo panegirico per dire, in fin dei conti, che in Italia c'è «demagogia» e invece ci dovrebbe essere «un governo della ragione e della verità».
Luisa Ranieri (in abito ocra) dopo il verde e il rosso sfoggiati nelle scorse puntate, ha dato il meglio della sua napoletanità, stonando però in Maruzzella.
Per fortuna che, dopo tante parole, Celentano si mette a cantare e incanta il pubblico sulle note di Una carezza in un pugno. Esilarante Antonio Cornacchione nel consueto sketch del fan sfegatato di Silvio. Comincia così: «Questo programma è un pericolo per l'Italia e per il mondo intero: sai perché Silvio è stato convocato da George Bush? Per parlare di Celentano e Rockpolitik. Tutte le volte che Celentano attacca Silvio, George si dispiace. Vuole che Silvio resti capo del governo. L'ha detto chiaramente... anzi, non proprio, ma l'ha fatto capire con il linguaggio del corpo». Poi ancora ironia sulle dichiarazioni di Berlusconi sull'intervento militare in Irak: «Certo che Bush ha chiesto consiglio a Berlusconi prima di attaccare. George ha detto al telefono: “Silvio, posso attaccare?” “Si”, ha detto Berlusconi. E George ha riattaccato». Una Bertè in forma ha cantato Impazzivo per te. L'ultimo momento della trasmissione è stato occupato da Patti Smith che ha reso omaggio a Pasolini nell'anniversario della morte. E, come previsto, ha fatto un lungo discorso contro la guerra, contro Bush («Vogliamo la pace, vogliamo interrompere questa occupazione immorale dell'Irak») e contro la sinistra (non solo quella italiana) che invece di lottare unita, continua a litigare. E, infine, ha inneggiato alla libertà, che vuol dire «non aver paura».
Chiusura di Celentano. Per fortuna che ieri sera c'erano Crozza e Cornacchione a essere rock.
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=40591
Ma non è una cosa seria....
E di Grillo nulla vero?E bravo Adriano... tongue.gif
 
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antoine doinel
view post Posted on 5/11/2005, 20:37




RockPolitik, picco di audience durante il duetto del cantante con Teo Teocoli Dieci milioni per Celentano.

Ma non bastano: è un calo

Il monologo ispirato da una «striscia» satirica

MILANO — «Io e Celentano siamo rock, abbiamo sempre vissuto di rock, e pazienza se il nostro sketch in qualche punto è stato un po’ tentennante, la gente si è divertita lo stesso e molto». E i numeri lo dimostrano. Anche la terza puntata di RockPolitik giovedì sera ha sfondato il muro dei 10 milioni di telespettatori con il 43,04% di share, e il numero massimo di persone davanti alla tv (oltre 14 milioni) c’è stato proprio durante l’esibizione di Teo Teocoli e il Molleggiato, quando hanno ballato e duettato la canzone «Solo da un quarto d’ora». Mentre il picco di share, 58,54%, lo ha portato a casa alle 21.58 la parte finale dello sketch di Maurizio Crozza in scena con il pollo «arma di distruzione di massa». Non è stata da meno l’ospite Patti Smith che con la sua «Because the Night» (sputo sul palco incluso, criticato da molti telespettatori) non è mai scesa al di sotto del 56-57%.
Certo, cifre diverse rispetto ai quasi 13 milioni di telespettatori e al 49,42% di media di share della settimana scorsa con Roberto Benigni ed Eros Ramazzotti, quando alla fine del monologo del comico toscano erano incollate alla tv quasi 16 milioni di persone e durante l’esibizione del cantante share era arrivato fino al 69,51%. Ma dallo staff del Molleggiato esultano lo stesso. Perché quello di giovedì è il risultato migliore in assoluto per una terza puntata di un one man show. Il Celentano 3 ha battuto tutte le terze puntate di Fiorello (share del 32,76% con Stasera pago io... revolution), Morandi (Uno di noi, 29,27%) e Panariello (Il cielo è sempre più blu, 25,69%). E anche se stesso se si guardano i dati dei numeri 3 di Francamente me ne infischio (37%) e di 125 milioni...(35%).
Anche il monologo del Molleggiato ha avuto un ascolto fisso di 10 milioni e 700 mila persone. Ottimo risultato se si considera che è stato preparato all’ultimo minuto. Sembra infatti che ad ispirare lo sketch di Adriano che cerca le parole sul dizionario «Zingaretti» (in riferimento al Luca fidanzato di Luisa Ranieri) sia stata la striscia satirica di Stefano Disegni sul Magazine del Corriere della Sera (box a fianco). Il Molleggiato l’avrebbe vista giovedì mattina e (pare) se la sarebbe presa un po’. E per rispondere avrebbe riproposto la stessa scena in tv. «Mi ha gratificato e divertito», ridacchia Disegni che già ne sta preparando un’altra. Evidentemente, «la satira serve a qualcosa, se Celentano volesse riconoscermi una percentuale della Siae...».
«Ma io e Adriano non siamo in discussione», dice il giorno dopo Teo Teocoli, perché «è vero che possono capitare degli imprevisti, come lo sbaglio nel movimento di gambe all’inizio del nostro balletto, o magari la confusione creata dall’arrivo dell’orchestra e dei ballerini russi...», ma «tutti si sono molto divertiti, io e Adriano per primi». Tanto che «potrei tornare anche giovedì prossimo all’ultima puntata». E nel mega studio di Brugherio potrebbero essere contrapposti il Celentano (quello vero)-pensiero e la filosofia tutta napoletana di Felice Caccamo, uno dei più amati personaggi di Teocoli. Giovedì scorso, il comico milanese (in questi giorni in edicole e librerie con il libro + Dvd Sono tornato normale show) ha preferito evitare le imitazioni (annunciate) del sindaco di Milano Albertini e del leader ds Fassino, «volevamo una puntata più tranquilla». Ma poi, «alla fine io sono più Celentano di Celentano!».
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettac...celentano.shtml
io invece li vedrei entrambi a villa arzilla...

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Ishtar
view post Posted on 10/11/2005, 08:28




L'attrice sarà ospite della quarta e ultima puntata
del programma di Adriano Celentano, giovedì su RaiUno
La satira di Sabina Guzzanti
per il finale di "Rockpolitik"


Sabina Guzzanti
ROMA - Sabina Guzzanti sarà l'ospite satirico della quarta e ultima puntata di Rockpolitik, il programma di Adriano Celentano in onda giovedì su RaiUno. La Guzzanti, reduce dal successo del suo documentario Viva Zapatero e dal passaggio al programma Che tempo che fa di Fabio Fazio su RaiTre, porterà alcune delle sue imitazioni a Rockpolitik, ma non quella del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Secondo indiscrezioni, è stato lo stesso Celentano a contattare Sabina Guzzanti e invitarla al suo programma. Un'altra indiscrezione parla di un ulteriore ospite italiano, impegnato sui temi sociali: si tratta di quello che già giovedì scorso avrebbe dovuto prendere parte a Rockpolitik ma poi era saltato perché non era stato possibile preparare in tempo l'intervento. Annunciata anche la presenza di Teo Teocoli. Tra gli ospiti musicale si parla di Eurythmics, Carlos Santana, Franco Battiato, Negramaro e Jovanotti.

A proposito di Berlusconi, la redazione di Rockpolitik sottolinea fra l'altro di non avere mai avanzato alcun invito formale o informale al presidente del Consiglio. L'ipotesi non è mai stata avanzata dagli autori e qualora lo fosse stata, si fa notare a Rockpolitik, avrebbe dovuto essere affiancata da un analogo invito a Romano Prodi.

In particolare, uno degli autori, l'ex direttore di RaiDue, Carlo Freccero, smentisce "categoricamente" di aver mai proposto l'intervento di Berlusconi al protagonista del programma, Adriano Celentano.
da
repubblica.it
 
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Rachael
view post Posted on 10/11/2005, 10:48




Celentano recluta pure Michael Moore
Fiorello anima la quarta e ultima puntata di " RockPolitik", in onda stasera su Raiuno. Nelle ultime ore, raccolta da Il Tempo, è circolata un'indiscrezione che lo stesso Fiorello ha contribuito a diffondere dai microfoni di RadioDue. Nella diretta del programma radiofonico " Viva RadioDue" che è tornato a condurre insieme con l'insostituibile spalla Marco Baldini, lo showman ha fatto chiaramente intendere che, tra gli ospiti del Molleggiato, vi sarà il regista anti- Bush Michael Moore. « Ci sarà un personaggio molto importante » , ha detto Fiorello, « ma non sarà in studio » , svelando poi un collegamento con gli Stati Uniti. Continuando a fornire indizi agli ascoltatori, come nella ricostruzione di un puzzle, Fiorello alla fine ha rivelato che si trattava di un signore la cui immagine si presenta con gli occhialini, berretto in testa, un tipo basso di statura e piuttosto grasso. Il mattatore ha continuato in questo tormentone nell'attesa di ricevere una telefonata dallo stesso Celentano che invece ben si è guardato dal farsi vivo. E così, alla fine, ha volutamente storpiato il cognome di Claudia Mori, affermando che in inglese Mori si legge Moore, proprio come il cognome del regista diventato popolare per " Farheneit 9/ 11". Un film in cui affrontava a modo suo il terribile attentato alle Torri Gemelle dell' 11 settembre 2001 e nel quale indugiava sui rapporti tra il Presidente americano George Bush e la famiglia di Osama Bin Laden, negli anni precedenti la strage terroristica. Ora c'è da chiedersi: perchè l'ha fatto? Per continuare secondo i dettami cari allo showman che ama coniugare radio e tv? Per puro spirito da gran rompiscatole che ama rendere pubblici i segreti dei colleghi? O per ripicca verso qualcosa che sarebbe successo e della quale sarebbe stato involontario protagonista? La domanda sorge spontanea perché nei giorni scorsi circolava a Milano con insistenza la voce che Fiore sarebbe stato l'ospite principale dell'ultima puntata di " RockPolitik". « Una voce priva di fondamento » , ha dichiarato il produttore Bibi Ballandi che sigla da sempre il varietà " Stasera pago io...". Eppure l'indiscrezione ha continuato a circolare, messa in giro da più parti, perlomeno sino a quando Fiorello ha deciso di andare a trovare Pippo Baudo a " Domenica in". E fare così la sua prima apparizione pubblica in tv dopo oltre un anno e mezzo. Secondo il pettegolezzo, la sua presenza a " RockPolitik" avrebbe dato qualche preoccupazione a Celentano, convinto, forse non a torto, che uno come Fiorello gli avrebbe tolto il centro della scena. Da qui, l'idea di " vendicarsi" contro l'esclusione, rivelando al pubblico della seguitissima trasmissione radiofonica il pezzo forte della puntata di stasera. Di smentita in smentita, c'è da registrare quella che riguarda la presenza di Veronica Berlusconi. La moglie del Premier è stata indicata come possibile ospite della trasmissione anche per gli ottimi rapporti che ha con Claudia Mori e lo stesso Celentano. Ma sempre il produttore Ballandi sottolinea: « No, la signora Berlusconi non ci sarà » . Anche in questo caso, la voce si era scatenata in quanto la First Lady sarebbe stata vista nel dietro le quinte del capannone di Brugherio, giovedì scorso. Meglio orientarsi quindi su chi invece è dato per certo. Per chi ama il rock e non il lento, la coppia ricostituita di recente degli Eurythmics, Annie Lennox e Dave Stewart e il chitarrista Carlos Santana, mito vivente di Woodstock. Cantanti italiani ospiti, i Negramaro, Franco Battiato e sembra Gianna Nannini. Ma, a sorpresa, Celentano potrebbe reinvitare il suo amico Teo Teocoli, uno dei pochi del vecchio Clan con il quale non abbia avuto da ridire. Fabio Santini

Non se n'é fatto sfuggire uno, da Santoro alla Guzzanti, passando per Moore...e poi dicono che non é stato uno spot elettorale per la sinistra e che Berlusconi ha in mano l'informazione blink.gif
 
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Ishtar
view post Posted on 11/11/2005, 08:26




aprono la quarta e ultima puntata dello show di Celentano
A Rockpolitik i ragazzi di Locri
"La mafia è lenta, l'onestà rock"
Fra gli ospiti anche Gianni Minà. Il cantante: "Un altro epurato"
Sabina Guzzanti, "dieci minuti di libertà" contro 'Porta a porta'
di ALESSANDRA VITALI


Celentano con Santana
ROMA - E' uno dei classici del Molleggiato, Storia d'amore, ad aprire la quarta e ultima puntata di Rockpolitik, nella quale l'attualità entra con prepotenza in scena da subito: nell'elenco di quel che è "rock" o "lento" Celentano cita i fatti di Parigi ("Capire l'urlo della periferia è rock") e introduce "i ragazzi di Locri", due giovani che stilano una dolorosa lista di "lento" ("chi uccide, la mafia") e "rock" ("chi manifesta, chi è onesto"). Fra il pubblico anche Gianni Minà, "un altro epurato" dice Adriano, e la poetessa Alda Merini ("Rock è vederti, Adriano") e poi due esibizioni molto "rock", quella di Santana e quella degli Eurythmics. Maurizio Crozza è di nuovo in versione Gipsy King con un brano su maggioritario e proporzionale, poi "in borghese" con una dissertazione su che cosa è cambiato "dalla clava alla parabola".

Mafia lenta, onestà rock. Fari puntati su due ragazzi, rappresentanti di quel movimento per la legalità che ha portato in piazza, a Locri, migliaia di giovani. La ragazza elenca quel che è lento: "chi spara, chi ha paura, chi non rispetta la libertà altrui, chi uccide, chi è mafioso". Il ragazzo cita i nomi delle vittime recenti della criminalità organizzata e aggiunge che "chi spera, chi non crede nell'omertà, chi manifesta, chi è un onesto cittadino, è rock".

Un epurato rock. "Anche tu sei un epurato? Da quanto?" chiede Celentano a Gianni Minà. Sette anni di latitanza, risponde il giornalista. I suoi "lenti": la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, gli enti che impoveriscono i popoli del Sud. "Rock" i popoli dell'America Latina.

La grandinata. Nel monologo Celentano replica alle polemiche, ringrazia chi lo ha "difeso", Angius e Bertinotti", cita La Russa e Buttiglione "che a denti stretti hanno tenuto fede al loro ruolo di oppositori" e Bruno Vespa, "che con gli stralci di Rockpolitik ha raggiunto il 48 per cento di share": "Se vince la sinistra spero che resti e che non facciano l'errore che ha fatto la destra con Santoro, Biagi e Luttazzi". Replica il giornalista, poco dopo: "Veramente Celentano è arrivato secondo, perché con la puntata su Benito Mussolini abbiamo fatto il 53 per cento". Poi su Vittorio Feltri, che ha espresso giudizi durissimi nei confronti del Molleggiato: "So che mentre diceva quelle cose, dentro di sé piangeva". E "le bugie e le ipocrisie di politici e colleghi" sono "frutto dello stupore provocato dalla grandinata che è caduta loro sulla testa".

Libertà e sentiero. Ce n'è, pure stavolta, per Fabrizio del Noce, reo di aver affermato di "non aver bisogno" di Celentano nella sua Rete, già "forte": "La libertà - dice Celentano - non è una Rai che si dissocia dal suo maggior successo perché ha paura di uno spazio libero. Se la libertà fa paura è perché si pensa che 15 milioni di persone che ti guardano siano dei cretini e ai cretini non si può dire la verità, bisogna dire che tutto va bene". Rockpolitik, dice il Molleggiato, "ha messo in moto un pensiero paralizzato da una tv infarcita di consumismo e bugie, che nascondeva il sentiero".

Immobiliaristi e finanza rossa. Vince le elezioni "il partito che ha più azioni, l'unica cosa che conti". Celentano parla della "finanza rossa" coinvolta nella scalata alle banche, e di Unipol "che ha tentato la scalata alla Bnl" mentre "gli immobiliaristi scalavano Antonveneta". Gli immobiliaristi, aggiunge, "sono bestie che non puzzano, ma dove passano loro non cresce più l'erba. E poi puzza la terra".

Vespa secondo Sabina. "Dieci minuti di libertà" dice Sabina Guzzanti e inizia il suo intervento mentre scorre un count down. L'obiettivo sono Vespa e gli ospiti abituali di Porta a porta, da Clarissa Burt e il suo americanismo ("Faremo la guerra al buco dell'ozono che odia il nostro stile di vita"), passando per Buttiglione, D'Alema, lo stesso Vespa, poi Barbara Palombelli, il suo cavallo di battaglia Lucia Annunziata, Elisabetta Gardini e Valeria Marini.

Teo e gli altri. Annie Lennox e Dave Stewart ricompongono gli Eurythmics e la cantante fa un appello al G8 "perché mantenga le sue promesse", si esibiscono i Negramaro, Riccardo Cocciante, Franco Battiato con Manlio Sgalambro, Luisa Ranieri di rosso vestita compare più spesso e torna Teocoli, sul finire della puntata: un duetto con Celentano, giocato sempre sullo scambio di identità, e una canzone per dire che è davvero finita: Ciao ragazzi. A Minà la chiusura definitiva, voce fuori campo di un mini-documentario sugli anni, e i luoghi, giovanili del Molleggiato.

http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/sp.../celultima.html
Meno male che sto can can per nulla sta finendo..che fiera delle banalità..
 
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15 replies since 19/10/2005, 07:25   300 views
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