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| Il film di De Sica nella top-ten inglese di tutti i tempi per valore educativo L’oscar speciale di Ladri di biciclette
Valerio Caprara «Ladri di biciclette» (1948) di Vittorio De Sica che oggi «Il Mattino» propone ai lettori a soli 5 euro, non è solo il pezzo pregiato della collezione di Dvd «La nostra vita in 100 film», ma anche un titolo indispensabile per l’educazione morale e la maturazione etica degli under 14. È quanto afferma una rigorosa selezione compiuta per conto del British Film Institute da ottanta esperti di cinema e pedagogia e resa nota ieri a Londra: l’ennesimo attestato - se ce ne fosse ancora bisogno - che uno dei capolavori del neorealismo continua a raccogliere nonostante il peso degli anni e il turbinio delle mode. Non è sufficiente, per l’occasione, sottolineare la perdurante funzione di stimolo culturale della tanto bistrattata settima arte né compiacersi dell’attenzione delle istituzioni scolastiche per il medium che Lenin e Mussolini amavano definire «l’arma più forte». Quello che davvero interessa è una delle motivazioni che accompagnano la diffusione di una lista giustamente eclettica, che comprende titoli dissimili come «E.T.» e «Il mago di Oz», «La città incantata» e «I 400 colpi»: l’aspetto fondamentale di un film per ragazzi, che non si limiti cioé a misurare col bilancino l’utilitarismo del contenuto, è il «punto di vista» abbracciato dalle immagini, lo sguardo dell’autore sul mondo, il rapporto istituito dai personaggi con le paure e gli slanci dell’età cruciale dell’esistenza. Nel film di De Sica questo snodo drammaturgico insieme razionale e misterioso sta nella fusione tra la poetica del quotidiano e la suspense dello straordinario, la commozione primaria e la riflessione profonda, le lacrime del figlio e la fatica di vivere del padre. Dove la lucida analisi dei disagi del dopoguerra riesce a incontrare i problemi specifici e le aspirazioni eterne dei giovani e degli adulti. La forza del cinema, che si rafforza negli impasse della storia e si dirama nella varietà delle psicologie e delle situazioni, sopravvive, insomma, ai notai della critica e agli scienziati della comunicazione e sbaglierebbe chi si limitasse a rimpiangere il passato o a erigere barriere tra le ispirazioni e gli stili. L’«artisticità», come dimostra anche l’Oscar attribuito alla piccola grande odissea dell’attacchino di De Sica, non prevede categorie retoriche: è piuttosto un bene comune che feconda l’immaginario collettivo e unifica la formicolante umanità di tutti i pubblici. Valerio Caprara da il mattino
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