Il sofà delle muse

Virzì ..e i compagni radical-chic, ah saperlo..

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Ishtar
view post Posted on 4/6/2005, 19:31




Quei compagni radica-chic che mi spedirebbero in Siberia

Virzi: «Sopravvive una sinistra che scomunica chi non è allineato»


«Il mio governo ideale? Un’accoppiata fra Walter Veltroni e Romano Prodi, alla pari. Il primo è giovane, tollerante, in grado di suscitare speranze e passioni. Il secondo è competente, molto furbo, saprà guidare l’economia in un momento difficile, non sarà un gran comunicatore ma siamo abituati a fidarci di lui. È il momento buono, perfino Silvio Berlusconi ha capito di essere al capolinea, da venditore accorto sa che un prodotto scadente come il suo miracolo si può vendere una volta sola, oppure bisogna cambiare in fretta il rappresentante da mandare in giro. Noi militanti dell’Unione, un po’ sbigottiti dalle risse, vorremmo che i nostri leader fossero tutti impegnati, insieme. La malattia dei politici di oggi è l’egocentrismo. Dicono tutti "io", invece di "noi", c'è una eccessiva personalizzazione, sarebbe ora di tornare a parlare di futuro. Ricordate "gli orizzonti del socialismo" e "il sol dell'avvenire", ci piacerebbe che qualcuno aggiornasse questi slogan. E magari, prima di chiederci il voto, ci spiegasse anche dove vorrebbe portarci nei prossimi anni. Chiediamo forse troppo?».
Paolo Virzì vive in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina appartata, a pochi passi dalla antica Porta Ardeatina. Dalla terrazza piena di fiori e di cuscini, si riescono a vedere i simboli monumentali della Roma più amata dai non romani: il Cupolone di San Pietro, il monumento a Garibaldi sul Gianicolo, il Fontanone che veglia su Trastevere. Il regista livornese, classe 1964, nella capitale da vent’anni, è in partenza per i sopralluoghi del suo prossimo film, «molto liberamente tratto dal romanzo N di Ernesto Ferrero (Einaudi, premio Strega nel 2000, ndr )». I dieci mesi di Napoleone all’Elba, accompagnato in esilio da un giovane giacobino che sogna il regicidio e si presta a fargli da segretario-scrivano, gli hanno ispirato un soggetto in cui saranno centrali gli abitanti dell’isola, «gli elbani, che prima lo accolgono con freddezza, poi si scaldano, perdonano al grande imperatore il delirio sanguinario e realizzano tutte le opere che lui impone loro. La morale della mia storia è che si può odiare soltanto da lontano: il ventenne idealista, l’aspirante attentatore che vuole fare la pelle a Bonaparte, alla fine scopre il suo lato umano. Proprio come quel giovane mantovano che scagliò il treppiedi contro il presidente del Consiglio, qualche mese fa. Quando Berlusconi telefonò alla mamma del ragazzo per rassicurarla che non avrebbe fatto del male al figlio, tutti commentarono: com’è gentile, com’è buono».
Virzì è figlio di Francesco, carabiniere siciliano, e di Franca Antongiovanni, ex cantante di musica leggera, che si esibiva in coppia con Teddy Reno negli anni Cinquanta. «Mio padre era un conservatore, mamma invece di famiglia socialista, comunista, un po’ stalinista, la nonna materna era un’ebrea di Praga. Sono cresciuto contestando mio padre, con cui ci prendevamo a seggiolate mentre mi urlava "sono un servitore dello Stato, un apolitico!", e ascoltando i discorsi dei vecchi al bar della Federazione Anarchici, dove noi ginnasiali capelloni venivamo conquistati dalle canzoni di Fabrizio de Andrè e dalle storie di zio Aldo Rosner, operaio in cantiere. «Nella Livorno rossa, i comunisti erano al governo, avevano al collo la falce e martello dorata e la Mercedes in garage, i portuali erano tutti buoni e tutti baffuti, ben rappresentati da Italo Piccini, detto "Polverina", ex partigiano, famoso per aver issato una bandiera vietnamita su una portaerei americana. Il Pci era dolce e moderato: apriva biblioteche, cineclub, ma per noi ragazzi non andava, era troppo paterno. Molto meglio le follie anarchiche».
La prima volta di Paolo Virzì a Roma è una data storica. I funerali di Enrico Berlinguer, estate 1984. Intanto, vince il concorso per il centro sperimentale di cinematografia: i suoi maestri sono Gianni Amelio per la regia, Furio Scarpelli e Suso Cecchi d’Amico per la sceneggiatura. I film più amati, I compagni di Mario Monicelli e La classe operaia va in paradiso di Elio Petri. A metà degli anni Ottanta, il cinema italiano entra nella sua prima, grande, crisi: sono gli anni del riflusso, l’impegno è fuori moda, i kolossal americani conquistano anche gli spettatori che un tempo andavano nelle cantine e al cineforum. Il militante Virzì vota Pci, Pds, chiacchiera volentieri con Achille e Aureliana Occhetto, vota sì alla svolta della Bolognina, ascolta a cena da amici Massimo D’Alema, «che nel privato è divertentissimo, molto simpatico» ma con la macchina da presa vuole restare neutrale, anzi. Costruisce i suoi grandi successi sulle contraddizioni e i vizi dei suoi simili, dei suoi compagni, prima con La bella vita e Ferie d’Agosto , fino a Caterina va in città , piccolo capolavoro sulla confusione sociale e su certe diffuse ipocrisie delle sinistre romane.
«Il conflitto sociale è cambiato, negli ultimi quindici anni. Non c’erano e non ci sono più da una parte i capitalisti e dall’altra i proletari. È cresciuta una nuova società di ex poveri, ammaliati dalla tv e dalle illusioni, quella che voi romani definite la "gente" e che qualcuno ghettizza con parole come popolino, piccola borghesia. «Contro queste persone e contro le loro legittime aspirazioni, la sinistra privilegiata e snob si è avventata con una durezza che non poteva non produrre effetti politicamente devastanti. Prima con le tv e poi con la politica, Silvio Berlusconi ha dato fiato e dignità alle moltitudini che si vergognavano di guardare Mike Bongiorno, Iva Zanicchi, Beautiful . Con le sue gaffe, i "Romolo e Remolo", con le sue debolezze, ha ridato coraggio a milioni di uomini e donne che si sono identificati in lui e nelle sue sparate. Ho visto perfino maturare, di recente, un elettorato di destra più libero e spregiudicato di una sinistra neo-bigotta, nostalgica, eternamente rivolta al passato. Quando è uscito Caterina , ispirato dai racconti di mia figlia Ottavia e dalle sue amichette che si erano divise, in una scuola del centro storico, in "zecche", di sinistra, e "pariole", di destra, e sui loro genitori attratti dall'orribile mondo dei cosiddetti vip. Volevo far riflettere sul nuovo conflitto fra chi entra, magari per un minuto, nel mondo delle celebrità e chi invece è escluso dalla tv, che è poi uno dei nuovi scontri contemporanei. Ridicolizzavo gli intellettuali democratici chic, quelli che vivono nelle belle case e detestano i provinciali, alla faccia dell’uguaglianza. L'Unità mi si è scagliata contro, mi hanno sommerso di contumelie, si vede che il riflesso condizionato del "sei fuori linea, ti mando in Siberia" è ancora molto forte, dalle nostre parti».
Destra e sinistra, ormai, secondo Virzì «non spiegano niente». Ci si divide su altro. Per esempio, sulla vecchiaia. «Auguri a Vittorio Foa che, con le sue rughe, si sposa a novant’anni, a Monicelli che è bellissimo. Pietà per il presidente del Consiglio, che invece è ossessionato dai capelli e dalla pelle tinta: una manifestazione di scarsa autostima, penso che il lifting sia un rimedio da disperati. D’altra parte, anche questa paura viene dall’America: lì non sopportano neppure gli edifici vecchi, li abbattono per non vederli deteriorarsi». Un altro grande vecchio, molto amato da Virzì, è Pietro Ingrao, «gli chiesi di fare l’attore, nel mio primo film. Rifiutò, sorridendo e mi disse: non voglio rovinartelo». A destra, trova «molto accorto un ministro come Gianni Alemanno e molto simpatica Alessandra Mussolini, è proprio come la cugina coatta che mette i piedi nel piatto e dice sempre la verità. Per sua e nostra fortuna, è più vicina al cinema che alla tragedia del fascismo. Forse, non andrei a cena con Marco Follini, non saprei di che parlare...».
Il ricordo più divertente del regista è una cena in casa di Roberto Benigni con Carlo Azeglio Ciampi. «Scoprii che aveva visto tutti i miei film, che era un uomo spiritoso, un livornese appassionato. Allora era ministro del Tesoro e noi gli chiedemmo, per scherzo: ci dice dove dobbiamo mettere i soldi, dove è meglio investire i risparmi? Lui, serissimo, estrasse dalla tasca un fogliettino e ci lesse solennemente le quotazioni ufficiali e le emissioni dei Bot e dei Cct».
Barbara Palombelli

corsera.it

cosa dice signor Virzì , lei è impazzito?Ma se questa gente è la creme de la creme...chantilly..
 
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0 replies since 4/6/2005, 19:31   163 views
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