| Grande Tim Burton
Il momento della giornata in cui la mia fantasia è più fervida è quando assisto alle notizie della sera, in cui si può sentire di tutto. Basta pensare a quanto è fantasioso il nostro presidente, che dopo la guerra al terrorismo ha dichiarato guerra a Marte!
Da giovane sono stato molte volte dal dentista e mi sono trovato spesso dinanzi alla minacciosa selva di tentacoli inanimati e spaventosi che sbucano da una poltrona di dentista. Ho sempre vissuto uno strano rapporto di odio e fascinazione per questi oggetti. Sono sempre stato affascinato dalla ricercatezza e dalla raffinatezza di pupazzi e oggetti inanimati creati dagli uomini.
La morte è un'esperienza che tutti dobbiamo fare. Nella zona dove sono cresciuto si tratta ancora di un tabù, mentre in altre culture viene considerato un evento festoso. Perché non prendere la morte in maniera positiva, anziché considerarla semplicemente come un qualcosa da sotterrare?
Mi piace rilassarmi mettendo a fuoco qualche elemento in maniera creativa. A differenza del cinema scrivere mi consente di relazionarmi con la creatività in maniera più intima, personale e gratificante. Serve un po' a riconquistare un equilibrio personale...
Mi interessa la contrapposizione tra realtà e fantasia. Sono attratto dai confini molto sottili tra le due cose: spesso quello che viene percepito come realtà è fantasia, mentre quello che può sembrare fantasia è la realtà. La fantasia è un'esperienza che fai ogni giorno ma a me, interessa molto di più la linea di confine tra le due percezioni. Il vero realismo è quello che nasce sulla linea di confine. Credo che la realtà per sua natura stessa sia molto elusiva...Sono sempre stato attratto dal potere della percezione.
Le scelte artistiche debbano rimanere tali per non perdere anche quell'ultimo briciolo di purezza che è necessario quando si fa questo lavoro.
Noi siamo il prodotto di quello che abbiamo visto e vissuto nell'infanzia. Io adoravo i film di Godzilla, di Ed Wood e di William Cameron solo che non li ho mai considerati come film dark...tutt'altro. King Kong, Frankenstein, il gobbo di Notre-Dame per me erano personaggi luminosi e non oscuri. Ho passato giorni e giorni nelle sale dei cinema del mio quartiere, assorbendo tutto quello che si poteva delle atmosfere e delle storie dell'epoca. Inoltre io sono figlio della TV che c'era negli anni sessanta. Quello che rappresento nei miei film è una sorta di eco di quello che vedevo alla televisione in quegli anni. La TV è stata la nostra prima educatrice: siamo cresciuti senza leggere un libro, inchiodati dinanzi al teleschermo. Io ho cercato di mantenere dentro di me quello che ho visto, raccontandolo, però, da un punto di vista nuovo e fresco. Non ho mai voluto rimanere o tornare bambino, ho desiderato solo tentare di raccontare tutto quanto, un'altra volta ancora.
Uso molta tecnologia nella mia vita, e non solo quella professionale, ma sono sempre convinto del fatto che, forse, l'umanità si muove troppo in fretta per quanto riguarda il suo avanzamento tecnologico e non si occupa sufficientemente degli effetti che questa può avere sulla vita delle persone. Personalmente quando ricevo messaggi di posta elettronica mi sento un po' strano. Preferisco incontrare la gente per la strada che dandomi una pacca sulla spalla mi spiega perché i miei film gli sono oppure non gli sono piaciuti. Nonostante questo, è chiaro che Internet è uno strumento potentissimo e da apprezzare. Io, però, avverto contemporaneamente un senso di attrazione e di repulsione nei suoi confronti.
Molti associano il mio legame con la fantasia ad un immagine cupa, ma non è l’aspetto prevalente della mia personalità. Nella vita come nell’arte, ritengo che luce ed oscurità debbano coesistere, ed invitare ad una riflessione sul rapporto tra realtà e fantasia. In fondo, è questo che cerco di fare: individuare il sottile confine tra le due cose.
Io sono tendenzialmente ottimista, non mi piace pensare al mondo in maniera cupa e negativa. In ogni caso ho sempre cercato di esaminare entrambi i lati della medaglia, di mostrare sia la luce che l'ombra e, di conseguenza, di limitare l'umorismo o circoscriverlo nei confini dell'ironia e della satira. Io sono cresciuto con la televisione e i film commerciali, credo che l'umorismo sia parte integrante e inscindibile di me stesso, è una cosa assolutamente spontanea e irrefrenabile.
I personaggi che faccio morire sono privi di una vera e propria individualità, al contrario degli emarginati, rappresentano ognuno una categoria ben precisa di persone, o un modo di pensare che ritengo sbagliato.
I titoli di testa sono sempre stati una mia ossessione, credo sia un momento molto importante dei miei film che, non essendo mai basati su una realtà visiva "comune", come cioè noi la percepiamo normalmente, aiutano a stabilire quale è il tono, il gusto e l'atmosfera nella quale si muoverà poi la storia.
Adoro la stop-motion e ritengo che sia ancora oggi una tecnica molto efficace e intendo quindi usarla di nuovo in futuro. Mi rendo anche conto che gli stessi risultati possono essere ottenuti in minor tempo e con costi più contenuti usando il computer, però ritengo che la stop-motion abbia una capacità di trasmettere l'umanità dell'animatore nel personaggio che il computer ancora non ha
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