Sbaglio o in TV stanno per dare La Grande Guerra?Devo trovare un articolo del corsera su Monicelli..
per ora inserisco questa intervista
Monicelli: single e felice.
A 90 anni mi sento libero Festeggiamenti con ironia: «A me basta un vassoio di cannoli. Il segreto della mia carriera? Per far ridere devi essere cattivo»
Meno tre, meno due, meno uno: novanta candeline. Mario Monicelli sarà dal 15 maggio il decano, il patriarca della commedia italiana. Domani lo festeggiano a Roma con un David di Donatello speciale; sabato a Viareggio, sua città natale, Europa Cinema gli prepara «scherzi»... da amici suoi, poi di nuovo il 10 maggio grande festa romana all'Auditorium col bel libro intervista scritto dal suo pro-pro nipote Sebastiano Mondadori.
Ma l'interessato cosa ne pensa dei suoi 90 anni?
«Che vuole che faccia? Qualche telefonata e un pacchetto di cannoli più grande ».
Si sente l'età?
«No, poco. Certo non ho 40 anni e per fortuna alla mia età non si sente più l'ossessione del sesso».
Altre ossessioni?
«Nessuna. Mi sento libero. Posso dire quello che voglio, non possono farmi nulla. E posso dimenticarmi gli anniversari, non sono mai stati il mio forte; il mio ideale è sempre stato sganciarmi. Coltivo la filosofia del non rispondere alle lettere, ora è quasi un diritto».
Lei è tornato a vivere solo, pur con 3 figlie e 2 nipoti. «Sto magnificamente da single. Vivere solo mi è sempre piaciuto, almeno a intervalli. Ho imparato a farmi due uova sode e le patate lesse con l'insalata. Ma adoro andare amangiare in trattoria col giornale appoggiato alla bottiglia, mi isolo in pubblico: sarà un po' squallida, ma anche questa è felicità».
E non la riconoscono? «A volte sì, allora chiedo uno sconto- notorietà». Memorie particolari?
«Ricordo volentieri quando, giovane studente a Milano, fondai una rivista d'avanguardia con Sereni, Cantoni, Lattuada, Freda e Paci; si lavorava nella cantina di Mondadori. Si intitolava "Camminare", verbo all'infinito e slogan mussoliniano, ma noi facevamo ovviamente la fronda contro il fascismo che da populista era finito piccolo borghese. Ricordi belli, chiacchierate infinite notturne nella nebbia della vera metropoli, aspettando la neve e il bando per spalarla».
E poi a Roma...
«Era più provinciale, meno europea, anche se conteneva il governo e il Vaticano. Prendevo la corriera all'alba per Cinecittà ».
Sempre voluto far cinema?
«Sempre. Avevo 5 anni vedevo i film muti, Tom Mix, le comiche, ridevo e sentivo di voler entrare in quel mondo che era popolare ma pochi ne tentavano la scalata, non c'era gran concorrenza».
E a casa?
«Mio padre era un grande giornalista, aveva qualche dubbio ma mi lasciava fare, si chiedeva se il cinema era arte».
Lei ha sempre detto di no.
«Difatti. E' un'arte compromessa con l'industria, è artigianato. Oggi che sono scomparsi i produttori infatti il nostro cinema è praticamente morto».
Negli anni 50 girò un film con Scotti «cavaliere». «Sì, ma era solo un prototipo, la parodia del milanesismo e del bauscia. Il rischio inizia quando un tipo così vuole l'Italia da governare».
Ha girato oltre 50 film,molti successi: ne scelga uno. «L'Armata Brancaleone, perché ribaltò l'idea scolastica del Medioevo cavalleresco e io ne andavo orgoglioso. Nelle scuole gli studenti erano con me, i professori contro. Io vedevo il Medioevo come un periodo selvaggio, ignorante, in cui rompemmo le scatole con le Crociate all' Islam».
E ora il film dal romanzo di Tobino sulla guerra d'Africa. «Speriamo si faccia, gli attori ci sono, il budget è in dubbio. Anche qui c’è la storia di un gruppo di giovani che si imbarcano in qualcosa di più grande di loro ».
Le cito dei nomi a lei cari: Sordi...
«Era religioso, provvisto di vera spiritualità, gentile e in letizia nel senso profondo e cattolico del termine».
Totò...
«Un proletario affettuoso e sensibile, veniva dalla vera miseria dei quartieri spagnoli di Napoli».
Gassman...
«Era colto e un po' fissato col mito di Kean. Beveva molto, era un tipo forte e atletico, ma molto fragile dentro. Accettò di farsi cambiare i connotati e con I soliti ignoti divenne comico. Era genovese, come Germi».
E Germi?
«Ci volevamo bene ma perché due volte ci eravamo proprio menati. Alla fine mi affidò il suo Amici miei».
Mastroianni?
«Grande e solidissimo».
Monica Vitti?
«Era divertente nella vita, per questo le offrii La ragazza con la pistola, lei aveva iniziato da brillante a teatro. La frequentavo con Antonioni e a cena faceva le imitazioni».
E Antonioni?
«Un amico grande, io lo ammiro molto, l'ho sempre difeso: ciascuno invidia quello che non è capace di fare, sono quelli i film che vado a vedere».
E lei?
«Dicono che sul set sono duro, io penso di no».
Come autore?
«Sono cattivo. Chi fa commedia non può rinunciare al cinismo, guardi Swift, Campanile. Veniamo tutti dalla covata della commedia dell'arte e, ancora prima, da Plauto: il vero umorista è quello che non ha paura di affondare il bisturi, deve essere spietato con le cose che ha vissuto. La commedia italiana è sempre stata anche una tragedia».
Adesso la commedia è finita... «Temporaneamente.Masi rifarà, morte e miseria producono pietà».
Progetti?
«Il film in Africa, che si girerà credo in Marocco. Alla mia età non voglio lavorare tanto per fare qualcosa, voglio scegliere e dire qualcosa che non ho ancora detto ».
Cosa le fa paura oggi?
«La ferocia di un certo liberismo. Se sei sul mercato bene, altrimenti ti arrangi ».
Maurizio Porro
28 aprile 2005
da corriere.it