Il sofà delle muse

Strage a Sharm el Sheikh, ancora giustificheremo queste belve?

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valmont74
view post Posted on 25/7/2005, 07:15 by: valmont74




La notte dell’orrore

A Sharm strage di egiziani e stranieri
Almeno novanta morti, in maggioranza arabi
Arrestati 35 sospetti nella penisola del Sinai
SHARM EL SHEIKH — La facciata è completamente crollata. Dove prima c’era la lobby e il bar che conduce al salone da pranzo, ora si vedono solo pile di macerie. Creme da sole e sangue sul selciato. Vetri infranti di narghilè e seggiole di vimini sventrate: tutto scaraventato nelle aiuole transennate dalle squadre speciali della polizia. Non doveva esserci molta gente all’una di ieri notte all’entrata del Ghazala Gardens Hotel. Ma sicuramente chi c’era non potrà più raccontarlo. E’ qui infatti che sono morti quasi tutti i 9 turisti stranieri nella serie di tre attentati che ha sconvolto Sharm el Sheikh. Probabilmente anche Sebastiano Conti, il 34enne che sino a ieri sera veniva contato come l’unico italiano deceduto tra la decina di feriti. «Nessuno grave, solo due sono in condizioni considerate stabili, ma bisognosi di cure», specificano i diplomatici italiani arrivati in fretta e furia dal Cairo. Certo che chi ha scelto proprio questo albergo tra le centinaia su questo tratto di costa del Sinai meridionale sapeva bene di colpire un simbolo. Il simbolo della pace e della via negoziale contro quella del terrorismo e della violenza. Nel Ghazala sono stati spesso organizzati gli uffici stampa dei summit israelo-palestinesi dalla metà degli anni Novanta a oggi. E ancora lo scorso autunno proprio qui si incontravano i portavoce dei governi impegnati nella conferenza dedicata alla ricostruzione dell’Iraq.
La deflagrazione è stata violentissima. «Mi trovavo con un amico alla stazione degli autobus, una ventina di metri dalla lobby del Ghazala e non lontano dall’Hotel Moevenpick. All’improvviso ho visto un’auto che saltava sul marciapiede e a velocità elevata sfondava la vetrata. Ho avuto solo il tempo di voltare la testa per guardare meglio. E c’è stato lo scoppio che ci ha buttati a terra. Per qualche secondo non sono riuscito a respirare, ho visto la morte sfiorarmi vicinissima», racconta traumatizzato dal letto dell’Ospedale internazionale Walid Rafiah, un programmatore saudita che era venuto con l’amico Said al-Ghool per una settimana di immersioni lungo la barriera corallina. Lui ora ha il corpo lacerato dalle schegge. Said giace nel letto con le due gambe spezzate. Secondo un’altra versione, a scoppiare sarebbe stata invece una bomba piazzata in precedenza nella lobby. Se così fosse, vi sarebbero solo due auto-bomba e un ordigno posto separatamente. Ma andiamo con ordine. Perché nel caos delle ore seguite agli attentati — con le spiagge deserte davanti a un mare perfettamente blu, i pochi turisti scioccati a fissare sperduti le vetrine infrante dei negozi dove sino a poco prima avevano fatto shopping, gli ordini confusi della polizia e le sirene dei mezzi di soccorso—già poche ore dopo il nostro arrivo a Sharm el Sheikh una verità appariva evidente: i terroristi hanno fallito. Volevano uccidere più occidentali, probabilmente i kamikaze nella loro missione suicida puntavano soprattutto agli italiani. Ma a morire sono stati in gran maggioranza egiziani. Almeno un’ottantina, oltre a una quota preponderante di loro tra i circa 200 feriti.
Cercavano di ripetere il massacro di Bali o quello di Luxor pochi anni fa. E invece hanno replicato le carneficine che negli ultimi mesi stanno falcidiando la popolazione civile irachena. Vittoria possibile invece, anche se le autorità hanno già annunciato di aver effettuato 35 arresti nella zona del Sinai, per quello che riguarda il tentativo di boicottare l’economia egiziana e spaventare i turisti. «Adesso ci vorranno anni per riportare i bagnanti sulle nostre spiagge. Chi ci pagherà il danno?», lamentano in coro gli egiziani. Ecco il film dell’attentato, ricostruito anche con le testimonianze della popolazione e alcune osservazioni ufficiose di un poliziotto locale. Tutto lascia credere che le bombe dovessero esplodere contemporaneamente verso l’una di notte nella zona di Naama Bay, il vero centro del turismo straniero nell’area, dove sono concentrati gli alberghi di lusso, i migliori bar e ristoranti, la villa del presidente Hosni Mubarak e le spiagge frequentate 12 mesi all’anno. Invece qualche cosa non funziona per il primo kamikaze. Arriva verso l’una meno un quarto nel centro del «vecchio mercato». Una definizione un po’ pretenziosa: qui dopo la Guerra del Kippur, nel 1973, c’erano solo postazioni militari, sabbia, dune e beduini che vendevano angurie. Tutte le strutture turistiche sono state costruite dopo il ritiro israeliano nel 1982, seguito alla pace di Camp David. L’attentatore percorre la via principale, che a quest’ora è frequentata praticamente solo da egiziani che prendono il fresco e si avviano verso casa dopo una giornata di lavoro con i turisti. Ora gli manca solo di girare a sinistra e imboccare la litoranea che lo condurrà a Naama Bay.Maalla svolta incontra un inaspettato posto di blocco della polizia egiziana. Probabilmente si lascia prendere dal panico, teme di essere scoperto, e fa brillare l’esplosivo.
La deflagrazione scava nell’asfalto un cratere profondo quasi un metro, scaglia il blocco motore della vettura ad almeno 30 metri di distanza e uccide una cinquantina di egiziani. Diverse auto prendono fuoco, i vetri infranti delle vetrine si trasformano in schegge micidiali. Circa 10 minuti dopo è la volta dell’attacco contro il Ghazala. Apparentemente l’unico che raggiunge l’obbiettivo prefissato. «Qui quasi nessuno aveva sentito l’esplosione nel vecchio mercato. Dista cinque o sei chilometri. La gente era tranquillamente per le strade. Nessun segno di allarme da parte della polizia. Anzi, relax completo, con i capannelli di giovani che ancora indugiavano nel discutere se andare a bere un ultimo drink nelle discoteche e i pub sulla spiaggia», raccontano Andy Wilson e Mark Chilton, due istruttori inglesi di sub, sulla trentina, che in passato hanno fatto parte dei corpi speciali dell’esercito britannico e dal 2003 vivono in pianta stabile sul Mar Rosso. Sentono lo scoppio, cadono le vetrate nella hall del loro albergo e si precipitano in strada. «Abbiamo assistito a una baraonda. Con i poliziotti e gli agenti dei servizi di sicurezza pronti a fuggire davanti ai turisti. Per lungo tempo non c’è stato nessun tipo di aiuto organizzato alle vittime. Niente ambulanze, niente paramedici e niente poliziotti a controllare il terrore», aggiungono polemici.
Trascorre una decina di minuti, ormai siamo oltre l'una e un quarto di notte, quando scoppia la terza bomba, a circa 800 metri dal Ghazala. Nella stazione dei taxi a Naama Bay, che in quel momento è semideserta. Poche ore prima sarebbe stata trafficatissima. Fortuna o un secondo errore? Fatto sta che in quel momento le vetture sul posto sono solo due. L'onda d'urto le investe in pieno. Alcune ore dopo sono ancora ferme sul selciato, tempestate di schegge, sporche di sangue e brandelli di carne sulla parte anteriore. Qui le vittime non sono molte, meno di una decina. I feriti molti di più. «Ho visto un giovane. Penso mormorasse in italiano. Anzi, sono certo fosse italiano. Si lamentava, soffriva, aveva ferite profonde all’addome », continuano i due inglesi. Più tardi i diplomatici italiani all’ospedale negheranno vi siano feriti tanto gravi. Ma ciò che più stupisce i testimoni è il luogo dell'esplosione: «Bastava che i terroristi percorressero una cinquantina di metri in più e avrebbero incontrato migliaia di turisti seduti ai tavolini di bar e ristoranti sul lungomare. Sarebbe stato un massacro». Verso le dieci di ieri mattina arriva Mubarak. I corpi speciali dell'esercito lo scortano tra le macerie. Cammina nel mercato mentre ancora decine di lavoratori cercano di pulire la strada dai detriti. «Questa barbarie ci spronerà a combattere il terrorismo più determinati di prima», dice. Ma, ancora quasi non ha terminato, che su Internet appare un comunicato, giudicato «attendibile» dagli esperti, in cui le «Brigate del Martire Abdallah Azzam, rivendicano la paternità dell'azione «devastante contro i crociati, i sionisti e il regime egiziano infedele». Una sigla nota agli esperti del terrorismo, considerata alleata alla galassia di movimenti islamici ispirati da Osama bin Laden. Ma qui la gente proprio non ci crede. «Ma che Bin Laden! Voi occidentali non fate altro che criminalizzare l'Islam», reagiscono quasi all'unisono tra la popolazione locale. Non c'è ostilità per i turisti. Anzi tutti sono invitati a restare. «Se il turismo chiude, l'Egitto va in bancarotta », esclamano con lo stesso tono il fruttivendolo e l'avvocato. Ma è anche palpabile una frustrazione strisciante. «Ve lo diciamo noi chi è stato.
I terroristi vengono da Israele, sono gli israeliani a volere il collasso economico dell'Egitto. Al Qaeda non c'entra con le Torri Gemelle, così come non c'entra con Londra e Sharm el Sheikh», rincarano i proprietari del supermarket Sharm Express, a poche decine di metri dalla devastazione nel mercato vecchio. Intanto si sparge la voce che una delle vetture kamikaze ha la targa israeliana. E non c'è più discorso razionale che tenga. Per tanti, i criminali sono sempre loro: «Gli israeliani, gli ebrei». E gli stranieri? Per l'intera mattina sono spariti, invisibili. Molti cancellano le prenotazioni, altri anticipano il rientro. I più chiamano nervosamente sul telefonino i parenti rimasti a casa e prendono tempo. C'è chi ha anche le idee chiare. «Resteremo e torneremo. Dobbiamo dare fiducia agli egiziani. Noi sono 11 anni di seguito che veniamo a Sharm», dicono Lella Tonti, di Cesena, e Rosangela Fusco di Seregno con il marito Gianni. Eccezioni davanti al fuggi fuggi generale? Non tanto. In serata piscine e spiagge dei grandi alberghi erano tornate a riempirsi di gente decisa a non farsi rovinare la vacanza dai terroristi.
Lorenzo Cremonesi
24 luglio 2005
da corriere.it

Ho sempre pensato che questo attentato è diretto ANCHE contro l'Italia perchè quella è una zona in cui sono stati investiti capitali italiani e ci soo moltissimi turisti italiani
Esistono nella storia momenti di non ritorno, però, colpire l'Egitto comunque e la sua economia alla lunga non credo che porterà a questi scuacalli vigliacchi dei benefeci, anzi servira' quersta strage solo a capire che la CASSANDRA Oriani Fallaci AVEVA RAGIONE..e che è lucidissima nel fare certe analisi alla faccia dei beoti ottusangoli che credono di essere illuministi ma intanto sono dei fessi emeriti che si prestano ad aiutare chi è più fesso di loro nell'aggredire chi non è supino ai voleri del fesso .
 
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8 replies since 23/7/2005, 07:28   224 views
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