Il sofà delle muse

E parliamo di terrorismo allora, ragionando, non scrivengo ottusangolate

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PalladeAthena
view post Posted on 25/7/2005, 19:40






Il contratto anti-terroredi Piero Ostellino

Per tutelare la sicurezza della collettività, la polizia londinese ha ucciso, per sua stessa ammissione, un individuo innocente; cioè ha apparentemente ignorato e disatteso la finalità stessa nella quale si sostanzia e si concreta il concetto di sicurezza, la salvaguardia della vita contro la violenza. È quello che si direbbe un «paradosso morale». Un caso esemplare di eterogenesi dei fini. Massimo Cacciari, su Repubblica , dice che in certe circostanze è legittimo che lo Stato ricorra all’uso della forza, mentre non lo sarebbe se vi ricorressero i singoli cittadini. Sotto il profilo del Diritto pubblico positivo, la sua riflessione è ineccepibile. Che sia lo Stato a detenere il «monopolio della violenza», cioè che solo lo Stato abbia il diritto di ricorrervi, secondo le leggi che esso stesso si è legittimamente dato, non ci piove. Ma lascia ancora senza soluzione il «paradosso morale». A meno che non ci si riferisca allo Stato etico, quello che dispone a proprio piacimento della vita dei suoi cittadini, senza vincoli e limiti, quale è proprio il rispetto della vita umana, che ne legittimino i comportamenti. In tal caso, però, la legalità non coincide con la legittimità. E, allora, come se ne esce?
Non se ne esce. O meglio, se ne esce solo a una condizione, che già i padri del liberalismo avevano individuato e teorizzato e che nell’attuale clima di restaurazione neospiritualistica si tende a sottovalutare, se non addirittura a ignorare. Riconoscendo un fondamento all’ordine politico e giuridico indipendente dalle religioni e dalle etiche. La «naturalità» della condizione umana, ricordava Hobbes, è la lotta di tutti contro tutti. Perciò, il sentimento prevalente e immutabile nell’uomo è la paura della violenza, della fame, della morte. Per il liberalismo, l’ordine politico «buono» è, dunque, quello che riesce a sconfiggere (o ridurre) tale paura. La politica - in questa logica - è, allora, il Contratto civile che i cittadini hanno liberamente sottoscritto. È «prestazione di servizi», non «missione etica». Se si confondono i due piani, se l’etica diventa la sola giustificazione all’uso (o all’inibizione) della coercizione da parte delle istituzioni pubbliche, il solo risultato è che la giustificazione etica delle scelte collettive diventa più importante della capacità della politica di risolvere i problemi di un dato tempo e di una data natura.
È questa l’ottica - che potremmo definire laicamente realista - dalla quale il governo britannico guarda al fenomeno terrorista e alla quale esso ispira ora la lotta che sta conducendo nelle strade di Londra dopo gli attentati, compresa la disposizione di sparare a vista e alla testa ai sospetti terroristi. A questo punto, la quadratura del cerchio diventano le regole del gioco e la capacità di farle conoscere a tutti. La cornice entro la quale la polizia esercita il suo compito non è arbitraria, bensì procedurale e pubblica. Se all’intimazione delle forze dell’ordine il cittadino si comporta in un certo modo (non scappa, tiene le mani bene in vista, segue le disposizioni che gli sono impartite), non corre inutili rischi. In caso contrario e se è ucciso, la sua morte non è più un «paradosso morale».
25 luglio 2005

corriere.it

elementare watson...ma sai quanti pacifistici della domenica diranno che questo atto della polizia inglese è nefando e giustifica i kamikaze..come no..
 
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salvatores
view post Posted on 25/7/2005, 20:21




L'Islam tradito dagli estremisti(ilgiorno)
Mandato da Il Legno Storto Lunedì, 25 luglio 2005, 06:29.
di Edward Luttwak

Non ci sono legami organizzativi fra gli attacchi di Londra, il massacro di Sharm El Sheikh e quelli quotidiani in Iraq. Da tempo Al Qaeda non è operativa. Da quando, per la precisione, i suoi campi di addestramento, i depositi di armi, la struttura di comando sono stati distrutti in Afganistan. Di Al Qaeda rimangono qualche capo in qualche caverna e il nome, naturalmente, come simbolo di terrore.
Ma un legame c’è. Ed è religioso, culturale. Chi si uccide pur di uccidere, lo fa per fede. Smentisce il mito per il quale tutte le religioni sono ugualmente buone. In verità non sono nemmeno tutte ugualmente cattive.

Per quanto riguarda l’Islam, la minaccia viene da tre movimenti che tendono a soffocare quelli più tradizionali e meno radicali:
1) gli estremisti sciiti, che governano l’Iran e finanziano l’Hezbollah in Libano.
2) i salafisti sunniti del Gia algerino, della defunta Al Qaeda, di Hamas, dei terroristi iracheni. I salafisti considerano gli sciiti apostati e dunque meritevoli di morte.
3) il movimento Deobandi, il più estremista (i talebani erano Deobandi), con diecimila scuole. E’ il più influente e pericoloso, perché radicato nelle popolosissime regioni musulmane di Pakistan e India.
All’ideologia Deobandi si ispiravano i kamikaze di Londra. Ecco perché rigettavano la politica estera inglese per motivi religiosi e non politici.

L’Islam tradizionale insegna a rispettare la legge del luogo in cui vivi. Per il Deobandi invece un buon musulmano deve piegarsi sempre e solo alla religione. E’ suo dovere e sacro diritto andare in ogni Paese per proteggere i musulmani locali dagli infedeli e dagli apostati sciiti.
Persino i presunti moderati capi dell’Islam britannico, convocati da Blair per condannare il terrorismo, si sono rivelato seguaci del Deobandi quando hanno criticato la politica governativa in Afganistan e Iraq. E non hanno nemmeno accennato alla guerra santa in Afganistan, Yemen, Israele cui hanno partecipato molti musulmani con passaporto britannico.
Non ci sono dubbi che sino al 7 luglio, giorno degli attentati, Londra ha seguito una politica di calcolata inazione. Un esempio: solo ora si è decisa a dare la caccia a Haroon Rashid Aswat di cui gli americani avevano chiesto l’arresto un anno fa. E’ ritenuto il pianificatore degli attentati. Viveva libero e tranquillo senza controlli.

Ma oggi l’inazione non è più tollerabile.
Tornando all’Egitto, Mubarak ha certo combattuto il terrorismo per decenni, ma non è riuscito ad arginare la predicazione fondamentalistica. E anche se pochi fondamentalisti sono poi diventati terroristi, quei pochi sono stati sufficienti a seminare la morte fra gli stranieri e a danneggiare l’industria turistica.
L’Egitto e i Paesi arabi moderati debbono essere più energici. L’Islam radicale minaccia la loro stessa esistenza.
Ma anche l’occidente deve essere più energico: contro gli Stati soprattutto che appoggiano il terrorismo (l’Iran) e contro quelli, come Arabia Saudita e Emirati Arabi Riuniti, che riciclano il denaro ad esso destinato.

da legnostorto.it
 
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verbenasapiens
view post Posted on 26/7/2005, 07:28




Nuove moscheeQuei soldi pubblici agli integralistidi Magdi Allam STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
L’Italia dei politici creduloni e degli ideologizzati non si smentisce. Accadde all’indomani dell’11 settembre, il più sanguinoso attentato terroristico. Allora la Regione Campania promosse la costruzione di una grande moschea a Napoli. All’indomani del 7 luglio il Consiglio comunale di Firenze ha concordato sulla costruzione di una moschea cittadina.
Chiariamo subito: ben vengano le moschee quali luoghi di culto. Ma il problema si pone quando rischiano di trasformarsi in centri di indottrinamento all’integralismo islamico, se non veri e propri covi di arruolamento di terroristi. Ebbene, sapete da chi sarebbero controllate le moschee di Napoli e Firenze qualora fossero realizzate? Dall’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), affiliata ai Fratelli Musulmani, un movimento integralista fuorilegge nella maggior parte dei Paesi musulmani. E visto che queste moschee verrebbero finanziate con il denaro pubblico, non è il caso di domandarsi se non esistano altre priorità in cui investire per agevolare una costruttiva integrazione dei musulmani?
Il caso della moschea di Napoli si arenò in Parlamento per l’opposizione della Lega e le riserve della Casa delle libertà al finanziamento pubblico, oltre due miliardi di lire, deciso dal presidente della Regione Antonio Bassolino. L’onorevole Antonio Soda, dei Ds, denunciò la «cultura dell’intolleranza». Passò invece del tutto inosservato il fatto che un’istituzione dello Stato avesse deciso di costruire e consegnare la moschea non a una rappresentanza qualificata e possibilmente eletta dei musulmani partenopei, ancor meglio se cittadini italiani, bensì ai consoli dei Paesi arabi e ad alcuni imam stranieri auto-eletti legati all’Ucoii. Il convincimento, legato allo stereotipo del tutto visionario secondo cui l’homo islamicus non avrebbe altra aspirazione che pregare dalla mattina alla sera, sembra aver ispirato il capogruppo dei Ds a Firenze Ugo Caffaz, di fede ebraica, che ha annunciato l’iniziativa di una grande moschea destinata ai «fratelli islamici».
I consiglieri verdi Varrasi e Valentino hanno sostenuto che «la religione, la conoscenza e la bellezza estetica sono gli antidoti più potenti contro la violenza». Peccato che l’Arabia Saudita con le sue 45 mila moschee e l’Egitto con le sue 90 mila moschee si siano rivelati terreni fertili del terrorismo islamico. La verità è che, a differenza di quanto asserito ieri da Paolo Portoghesi sul Corriere, non è affatto automatico che il luogo di culto si traduca in una cultura della pace. La verità, ahimè amara, è che se anche non tutte le moschee sono integraliste o terroriste, tutti i terroristi sono diventati tali attraverso la moschea. Una verità che dovrebbe tener presente anche Paolo Brogioni, sindaco di Colle Val d’Elsa (Siena), che si appresta a costruire una moschea che rischia di finire sotto il controllo dell’Ucoii.
Ieri Osvaldo Napoli, di Forza Italia, ha invocato la richiesta di un «certificato antiterrorismo» ai gestori delle moschee. Certamente servono imam compatibili al cento per cento con le nostre leggi e con i valori della nostra società. Prima delle moschee pensiamo a formare gli imam. Prima degli imam pensiamo a integrare i musulmani. Che hanno né più né meno le stesse priorità di tutte le altre persone umane.

da corriere.it

E certo..ma i buonisti d'accatto che abbondano in Italia, queste cose le sanno?
 
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PalladeAthena
view post Posted on 26/7/2005, 08:27




Chi chiede il ritiro delle truppe occidentali dall'Iraq è un cretino(ilfoglio)



Fatti. Primo. Colpiscono dovunque, da Bali a Sharm el Sheik, da New York a Londra, da Madrid a Casablanca, da Baghdad a Beslan, da Gerusalemme a Mosca ad Amsterdam.

Secondo. Colpiscono civili inconsapevoli, nella loro vita ordinaria, diffondendo terrore, stordimento, incomprensione, divisione, paura in tutto l'occidente.

Terzo. Colpiscono sacrificando anche la loro vita, il che li rende martiri del dio in cui credono, che è il dio dei musulmani con le sue promesse di riscatto e di felicità ultraterrena. Non uomini e donne in armi, ma armi dalle sembianze umane o concetti teologici militarizzati.

Quarto. Sono tutti musulmani, i maestri e seguaci del terrore globale. Le vittime sono multiculturali, i carnefici no. I carnefici hanno le loro televisioni globali, il loro sistema di diritto alimentato dalle fatwa, la loro giustificazione per fede e attraverso le opere.

Quinto. Hanno cominciato molto prima dell'Iraq. Vivono in un altro mondo morale esplicitamente nemico del nostro mondo, combattono gli infedeli cristiani ed ebrei in quanto tali e con ogni mezzo. Non sono una spectre né pochi fanatici: sono un popolo, molti popoli, sono una predicazione che forma generazioni attraverso le frontiere.

Sesto. Non sono figli di un qualche nazionalismo, il loro retroterra è la umma islamica, una comunità globale di credenti, una nozione che si identifica con la civiltà fondata da Maometto nel VII secolo. E che si estende all'islam europeo, il luogo in cui si sono insediati a milioni e in cui sono stati progettati e realizzati i colpi più clamorosi, come quello dell'11 settembre del 2001. La demografia è dalla loro parte, il tempo è dalla loro parte.

Settimo. La loro guerra è altamente ritualizzata, liturgica: se ti sgozzano, prima ti sottopongono a un giusto processo islamico, Corano alla mano. Non rispettano distinzioni accettate anche in tempo di guerra dagli occidentali: non esistono ambasciatori, per loro, né bambini da rispettare, ma solo fedeli e infedeli.

Ottavo. I loro capi sono teologi, poeti e profeti, sceicchi, mullah e imam che assommano potere civile e potere religioso, il dettato della parola divina e della sharia, la legge islamica. La loro è una sporca guerra culturale dichiarata in nome di valori tremendi, ispirati alla sottomissione, cioè al contrario della parola che fonda il nostro mondo moderno, libertà. Theo van Gogh non è morto per l'Iraq, ma per avere esercitato la libertà di espressione. Ayan Hirsi Ali, la sua compagna di lavoro musulmana e coautrice di un corto sulla condizione schiavistica della donna islamica, non è bandita dalla vita civile e braccata per l'Iraq, ma per apostasia e per femminismo. Noi abbiamo finto di non vedere e lasciamo soli combattenti culturali ed apostati dell'islam non per ritegno multiculti, ma per paura di ritorsioni.

Nono. Le radici di questo fenomeno sono antiche, ultramillenarie, quanto lo sono le radici del cristianesimo e del giudaismo; ma sono più robuste, nessuno le ha recise. Il carburante è ingente, non c'è paragone con il terrorismo classista o separatista che abbiamo conosciuto in Europa negli anni Settanta. Il wahabismo e le madrasse non sono paragonabili con l'attivismo marxista, coda di cometa del dio che è fallito. Il loro dio non è fallito, vive nella loro testa e nei loro cuori.

Decima. Gli stati opulenti e nostri alleati politici e finanziari, nonché quelli falliti e che noi consideriamo canaglie, le culture di riferimento, la moralità diffusa che sorregge il jiliadismo si esprimono anche nella lapidazione delle adultere, nel divieto per le donne di guidare, nell'impiccagione degli omosessuali, nel disprezzo aperto e consapevole dei fondamenti del diritto liberale.

Esaminati brevemente questi fatti, direi che chi chiede il ritiro delle truppe occidentali dall'Iraq è un cretino. Chi dice che ce la siamo cercata è un cretino. Chi idolatra l'impassibilità e la difesa passiva del nostro modo di vita è un cretino. Chi nega l'esistenza di una guerra di civiltà a sfondo religioso è un cretino. Chi pensa che il problema sia Guantanamo è un cretino e anche un ipocrita. Non ho altro da aggiungere.

DA LEGNOSTORTO

Iinfatti, non c'è altro da aggiungere
 
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Ishtar
view post Posted on 9/8/2005, 06:49




Come conciliare islam e modernità


La democrazia e i musulmani

di Angelo Panebianco

Scegliere in politica parole sbagliate significa sbagliare politica. Lo mostra la storia dell’espressione «islam moderato ». Cominciò a circolare dopo la rivoluzione khomeinista del 1979. Nel linguaggio superficiale ma utile della diplomazia indicava i governi musulmani amici dell’Occidente e che, a differenza del nuovo Iran, non volevano esportare la rivoluzione islamica. La guerra santa di Al Qaeda era ancora di là da venire e le connessioni col mondo islamico erano limitate ai rapporti interstatali e alla geo-economia (il petrolio arabo).

L’11 settembre cambiò tutto. Si scoprì ciò che fino a quel momento era noto solo agli esperti di islam, ossia che dietro le nostre sommarie etichette si nascondono mondi assai complessi.
Si scoprì, per esempio, che la «moderata » Arabia Saudita, da sempre alleata dell’Occidente e attenta a manipolare con saggezza i rubinetti del petrolio, era un covo di vipere. Da lì veniva la maggior parte degli attentatori dell’11 settembre, da lì partivano i finanziamenti più robusti a Bin Laden. E il fondamentalismo wahhabita dei sauditi era risultato un humus culturale assai fertile per la diffusione dell’ideologia jihadista nel mondo islamico. Si scoprì che la «moderazione » politico-diplomatica dei governi di società impregnate di fondamentalismo religioso non impedisce a quel fondamentalismo di alimentare l’islamismo radicale.

La stessa guerra che Al Qaeda ha scatenato in Arabia Saudita viene interpretata da non pochi specialisti come frutto di una lotta per il potere fra fazioni della società saudita. Tutto questo, naturalmente, non poteva essere compreso quando ci si limitava ad etichettare come «moderato» (che stava per «amico» e «inoffensivo ») il fondamentalismo wahhabita.
Dopo l’11 settembre occorre tener conto di più livelli. C’è il livello dei rapporti politico-diplomatici per il quale vale, come sempre, la regola amico/nemico: ci si allea con chi più conviene al momento allo scopo di fronteggiare meglio i nemici più pericolosi. Nel caso dei sauditi, ad esempio, non possiamo fare a meno del loro petrolio e, per giunta, ci sono in giro, nel mondo islamico, altri pericoli decisamente più immediati.
Ma il livello «diplomatico » non esaurisce tutto. Ad un altro livello conta il tipo di islam con cui si ha a che fare. Se, per esempio, una associazione di fondamentalisti, siano essi filiazione del wahhabismo oppure imparentati con i Fratelli Musulmani, dichiara di condannare il terrorismo in Europa possiamo esserne (cautamente) lieti, ma non possiamo abbassare la guardia e precipitarci ad applicare la rassicurante etichetta di «moderati » a quei fondamentalisti.

Dimenticando che il fondamentalismo, o tradizionalismo, religioso è l’incubatrice culturale dell’estremismo jihadista.
Fuori dall’ambito che gli è proprio, quello della diplomazia, «islam moderato» è dunque espressione sbagliata e fuorviante. Ad essa conviene sostituire la distinzione fra musulmani che, come noi, amano libertà e democrazia (e vogliono quindi conciliare l’islam e la modernità) e musulmani il cui progetto di società è invece inscritto nella sharia, nella legge islamica.
«Moderato», per Montesquieu, era il governo che tutelava la libertà dei cittadini. In nessun senso il termine può applicarsi all’ideale di società e di governo perseguito dai fondamentalisti islamici.
07 agosto 2005
da corriere.it

infatti..troppi schemi fissi a proprio uso e consumo fatti non si sa quanto sempre in buona fede, in base alla CHIESA di appartenenza..del resto la Chiesa più fanatica è quella rossa e poi sparlano di ratzinger che ,almeno, è coerente con se stesso e con quello che CREDE

Edited by Ishtar - 9/8/2005, 07:52
 
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Ishtar
view post Posted on 10/8/2005, 07:03




Osama bin Yousaf sarebbe il braccio destro del numero tre di Al Quaeda

Arrestato terrorista con mappe italiane

Prima di essere fermato in Pakistan aveva anche fatto alcune telefonate con il cellulare verso il nostro paese

ISLAMABAD - Un presunto terrorista di Al Qaeda arrestato domenica in Pakistan, a Faisalabad, aveva mappe dell'Italia, della Germania e della Gran Bretagna. Lo scrive il quotidiano pachistano «Daily Times», secondo cui Osama bin Yousaf era uno stretto collaboratore di Abu Farj al Libbi, il libico arrestato nei mesi scorsi in Pakistan e considerato il numero tre dell'organizzazione terroristica di Al Qaeda. Lo stesso quotidiano riferisce che, prima di essere catturato a Faisalabad, Bin Yousaf ha fatto alcune telefonate dal suo cellulare in Italia, Germania e Gran Bretagna.
Nel raid che ha portato al suo arresto sono stati sequestrati anche tre carte di credito, un computer, decine di Cd, tre granate, due fucili AK-47 e centinaia di proiettili.
da corriere.it

ma non mi pare una cosa seria ecco..
 
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verbenasapiens
view post Posted on 11/8/2005, 19:02




Nelle edicole turche spunta Kaide, la rivista di al Qaida editore(ilfoglio)
.
Un nuovo settimanale celebra gli attentati, canta le lodi di Osama, minaccia l’occidente.

Grazie a un colosso della distribuzione

Istanbul. In Turchia è in vendita nelle edicole Kaide, il nuovo settimanale di al Qaida, in cui si inneggia a Osama bin Laden e si esulta per ogni strage islamista.

Nel paese in bilico tra riforme e smentite, con la porta dell’Europa mezza aperta e mezza chiusa, la rivista Tempo ha dato la notizia della novità editoriale ed è subito stata seguita dagli altri media turchi, secondo i quali, dietro il lancio di Kaide, c’è l’Ibda, il Fronte islamico dei cavalieri del grande oriente, una formazione terroristica che vuole imporre al paese la legge islamica e che ha rivendicato gli attentati alle due sinagoghe di Istanbul del 15 novembre 2003. Kaide – che in turco significa “al Qaida” – è diffuso legalmente (almeno per ora) da Yay-Sat, la più grossa compagnia di distribuzione dei giornali, che fa capo al Dogan media group, proprietario di parecchi importanti quotidiani e riviste – tra le qu li anche Tempo – e di canali televisivi come Cnn-Turchia e Kanal D.

Kaide vuole essere il gazzettino ufficiale dei qaidisti. Il titolo dell’articolo dominante, corredato da immagini di vagoni sventrati, si riferisce agli attacchi di Londra che il 7 luglio hanno fatto 56 vittime: “Al Qaida sta liberando il mondo”. In copertina c’è la foto di Salih Mirzabeyoglu, conosciuto anche come “il comandante”, leader dei cavalieri del grande oriente, che passerà il resto dei suoi anni in carcere dopo che i giudici turchi hanno convertito in ergastolo la sua condanna a morte. In quarta di copertina ci sono altre foto di Salih – insieme con quelle di Osama bin Laden, definito “un eroe” – e una sua lugubre profezia del 1996: “Il terrore crudele che oggi colpisce i russi in Russia e i francesi in Francia (si riferisce agli attentati nella metropolitana di Parigi, ndr) presto colpirà gli inglesi in Inghilterra e gli americani in America”.

A sfogliarlo, ci si imbatte in articoli come “I talebani hanno ammazzato seicento Johnnies” (il nomignolo dato ai soldati americani) o “I combattenti del jihad continuano a decapitare!”, in cui si dà fiero annuncio delle ennesime esecuzioni in Afghanistan e Iraq. C’è anche l’editoriale di presentazione, come in ogni corretto lancio editoriale, che individua nella “dominazione” l’obiettivo della rivista e dichiara che l’odio più forte è diretto contro “l’imperialismo cristiano-ebreo-occidentale”. In redazione lavorano persone che dovrebbero scontare pesanti condanne per terrorismo, ma oggi sono in libertà grazie a un’amnistia governativa. Negli uffici di Kaide – che stanno a Kasimpasa, quartiere nel centro della capitale – il direttore Ali Osman Zor ribadisce che Osama bin Laden è un “eroe” e le stragi di Londra “atti di vendetta per Allah”. Il settimanale turco Tempo gli ha chiesto quali fossero le effettive relazioni della rivista con al Qaida. “Anche se le avessimo, vista la legge attualmente in vigore, non potete aspettarvi da noi alcuna dichiarazione. Ma Allah dice nel Corano che tutti i musulmani sono fratelli. Includete pure in questa fratellanza i nostri fratelli di al Qaida, i nostri fratelli di Hamas e tutti i nostri fratelli che stanno con Zarqawi, il leggendario combattente in Iraq. Le nostre anime sono legate ad al Qaida. Non neghiamo questo legame. Siamo onorati da questo legame”. Ma non siete turbati dall’uccisione di persone innocenti? “No, affatto. Non considero innocenti quelli che sono morti a Londra. Perché pagavano le tasse al governo inglese, che è responsabile della morte di migliaia di musulmani”. Questo vuol dire che siete felici degli attacchi di Londra? “Certo che siamo felici”.

Il Foglio 10.8.2005

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Ishtar
view post Posted on 12/8/2005, 06:57




Aveva lasciato l'Inghilterra sabato scorso

Arrestato in Libano Omar Bakri E' il leader di al-Muhajisoun, organizzazione integralista dichiarata fuorilegge da Tony Blair.

Dieci arrestati in Gran Bretagna

BEIRUT - È stato arrestato in Libano l'imam radicale Omar Bakri Mohammed, che aveva lasciato Londra sabato scorso, quando si profilava l'introduzione del reato di apologia del terrorismo. Il religioso di origine siriana e passaporto libanese è considerato uno degli esponenti della frangia più radicale dell'islamismo nel Regno Unito. Al suo arrivo a Beirut aveva sdrammatizzato il senso della sua partenza: «Sono partito con il mio passaporto. Tornerò tra quattro settimane, a meno che il governo mi dichiari persona non grata».
Bakri è il fondatore di al-Muhajisoun, organizzazione integralista dissolta e poi rinata sotto il nome di Hizb ut-Tahrir, dichiarate ambedue fuorilegge dal premier Tony Blair. La settimana scorsa l'iman fece scandalo dicendo che, se fosse stato a conoscenza di piani terroristici in Inghilterra, non avrebbe informato la polizia.
DIECI ARRESTI A GRAN BRETAGNA - C’è anche Abu Qatada, il religioso islamico considerato l’ambasciatore spirituale di Al Qaida in Europa,fra i dieci stranieri arrestati in diverse zone del Regno Unito e posti in custodia preventiva perché considerati una minaccia per la sicurezza nazionale. I dieci saranno espulsi dal Paese.
11 agosto 2005
da corriere.it

Diranno che è un perseguitato dal mammone Blair...
 
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verbenasapiens
view post Posted on 12/8/2005, 18:59




Così Londra ha svegliato Parigi, Berlino e Roma nella lotta al terrorismo
Misure restrittive, espulsioni, procedure legislative accelerate. L’Europa non è la stessa del dopo Atocha (grazie a Blair)

Londra. A cinque settimane dagli attacchi di Londra, l’onda di ritorno dell’azione antiterrorismo dei grandi governi d’Europa inizia a chiudersi, fredda e fragorosa, sulle teste degli individui sospettati di incitare all’odio e alle stragi islamiste. Il 7 luglio è stata la “wake up call” non soltanto della della Gran Bretagna, ma anche di Francia, Germania e Italia. Non è stato immediato, il risveglio, all’inizio ha vinto lo stordimento e forse un pizzico di rassegnazione, ma alla fine è arrivato. E’ accaduto quello che non era successo dopo l’11 marzo, il giorno della strage di Madrid, che pure era stata più violenta e il primo uno squarcio nella convinzione europea che il terrorismo fosse un problema degli americani. Ora si lavora sodo, per avere livelli di sicurezza più alti – anche se i tempi di realizzazione saranno diversi da paese a paese – e per spazzare via quella zona grigia di ambiguità in cui si annidano i terroristi.
Tony Blair è la guida del risveglio. Ieri Scotland Yard ha arrestato dieci stranieri che, secondo l’Home Office, mettono a repentaglio la sicurezza nazionale. Non hanno materialmente commesso alcun reato, ma saranno espulsi perché la loro presenza non è più tollerabile sul suolo britannico, o meglio, per usare le parole della legge, “perché non contribuisce al bene pubblico”. “Le circostanze della nostra sicurezza sono cambiate – ha detto il ministro dell’Interno, Charles Clarke – Ed è di vitale importanza che noi agiamo contro chi rappresenta una minaccia”. Tra i dieci c’è anche “l’ambasciatore spirituale di Osama bin Laden in Europa”, Abu Qatada, condannato all’ergastolo da un tribunale giordano e mentore di Mohamed Atta, il capo dei dirottatori dell’11 settembre 2001. L’Human Rights Act del 1998 proibisce la consegna di una persona a un paese in cui c’è il rischio che sia torturata o uccisa, ma Londra, dopo gli attentati, ha intrapreso una serie di rapidi accordi bilaterali con paesi mediorientali e nordafricani come Libano, Giordania e Algeria, impegnandoli a non sottoporre i rimpatriati a maltrattamenti o torture. Nonostante le proteste degli attivisti per i diritti umani, il viceministro dell’Interno, Hazel Blears, ha fatto sapere che gli accordi – come il protocollo d’intesa con la Giordania firmato due giorni fa – prevedono “un meccanismo indipendente” che controllerà il trattamento di ogni deportato. In Libano, intanto, le forze di sicurezza hanno arrestato Omar Bakri. Il predicatore aveva trovato riparo a Beirut da pochi giorni, dopo essere diventato in Gran Bretagna il volto del nemico che approfitta delle libertà civili per fare impunemente opera di propaganda del jihad. Secondo il suo portavoce in Inghilterra, Anjem Choudray, però le autorità libanesi lo avrebbero già liberato: “E’ stata solo una chiacchierata informale”, ha detto.

Sarkozy, Schily e Pisanu sulla scia di Tony
A Parigi il risveglio è guidato da Nicolas Sarkozy, il ministro dell’Interno e il più blairiano dei francesi. La Francia – che conta circa 5 milioni di musulmani – ha annunciato misure restrittive nei confronti degli estremisti, tra cui la stretta sorveglianza, l’eventuale espulsione e la perdita della cittadinanza francese. Sarkozy ha già annunciato che entro la fine di agosto saranno messi alla porta dieci islamisti “per le parole di odio contro il nostro paese”: uno è già stato rispedito in Algeria. Ieri è stata istituita la nuova polizia di frontiera, che conterà trecento funzionari e lotterà contro l’immigrazione clandestina, canale di potenziali minacce terroristiche.
Berlino è rimasta un po’ indietro – è impegnata nella campagna elettorale – ma tenta di allinearsi alla nuova tendenza europea. Il ministro dell’Interno tedesco, Otto Schily, ha ribadito la necessità della carcerazione preventiva per motivi di sicurezza, perché “non si può stare a guardare il pericolo senza agire”. Nel mirino ci sono gli islamisti che, in possesso della cittadinanza tedesca, non possono essere espulsi, ma anche quelli contro i quali non si può aprire un procedimento per mancanza di prove. “E’ un’evidente insensatezza”, secondo Schily, che l’antiterrorismo tedesco possa attivarsi solo dopo un attacco e non prima.
In Italia abbiamo il “pacchetto Pisanu”, iniziativa del ministro dell’Interno. Approvato a tempo di record alla fine di luglio, prevede tra le altre cose il prolungamento del fermo per identificazione da 12 a 24 ore, il prelievo forzoso della saliva per l’esame del Dna e la facoltà, anche per noi, di espellere con modi spicci gli stranieri ritenuti pericolosi.

da il foglio.it

Ho ascoltato Blair in originale sulla CNN mentre ero a Praga : freddo, determinato,convincente, capace di esprimersi in un inglese scandito e chiarissimo..Più passa il tempo più mi convinco che è un vero animale politico, nel senso piu' alto del termine e, inoltre, l'unico leader che veramente esiste in Europa perchè ha grande carisma che gli deriva dalla credibilità, alla faccia degli attacchi beceri a cui è sottoposto dai soliti che agiscono sempre e solo pro domo propria smile.gif e che pongono in evidenza ogni giorno che passa in misura pià lampante la loro idiota pochezza
 
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23 replies since 14/7/2005, 07:18   129 views
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