Il sofà delle muse

E parliamo di terrorismo allora, ragionando, non scrivengo ottusangolate

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Maximus05
view post Posted on 15/7/2005, 07:09 by: Maximus05




Non saprei, certo che teoricamente i ragionamento fila.
La notizia di oggi è questa

Erano kamikaze o reclute inconsapevoli?

Barbe non rasate, timer negli zaini, nessun biglietto: forse non pensavano di morire

di Guido Olimpio

«Presumibilmente hanno voluto compiere un attacco suicida, però occorre considerare che il modus operandi non è quello classico del kamikaze in Kashmir o in Palestina». Per l’alto ufficiale «per colpire una città aperta in una democrazia aperta non è necessario ricorrere» a una missione suicida.

Le parole di Ian Blair, capo della polizia di Londra, sembrano nascondere qualche dubbio sulla dinamica dell’attacco. Partiamo dalla bomba. Nei primi tre giorni gli investigatori hanno parlato della presenza di timer facendo delle analogie con la strage di Madrid: tre delle quattro esplosioni sono state quasi simultanee.

Sarebbe però la prima volta che un kamikaze utilizza questo metodo di innesco, a meno che non si sia trattato di un sistema di riserva. Nel caso che il terrorista avesse avuto dei problemi poteva abbandonare lo zaino e andarsene.

Dunque hanno agito come uomini- bomba ad orologeria. Ma c’è chi avanza l’ipotesi che il team non sapesse di andare incontro alla morte e che siano rimasti vittime del loro mandante. Guardiamo ad altri teatri operativi.
Negli anni ’80 una fazione mediorientale, specializzata nelle valige- bomba, usava l’attentatore inconsapevole manomettendo il timer.

Nell’attacco dell’11 settembre non tutti i dirottatori conoscevano l’obiettivo finale. Nel massacro di Casablanca (maggio 2003) due kamikaze erano legati insieme da un paio di manette. A Bagdad i seguaci di Al Zarkawi hanno fatto detonare con il telefonino il veicolo condotto da un loro complice. Nella foto che lo ritrae il giovane Hasib Mir Hussain appare con un filo di barba mentre di solito i kamikaze si radono completamente.

Nelle case perquisite non è stato poi rinvenuto — fino ad oggi— un video o un testamento, né la classica lettera alla famiglia. Davvero strano per il primo attacco suicida compiuto da cittadini occidentali in Europa. Nei comunicati di rivendicazione —anche se vi sono dubbi sull’autenticità —non compaiono riferimenti specifici a un’azione kamikaze. Immaginate l’impatto propagandistico del filmato con un giovane inglese che spiega il suo «martirio » nel Tube. Altra stranezza: i documenti. La polizia sostiene di aver rinvenuto sui resti carte che hanno permesso l’identificazione. Da qui gli investigatori sono risaliti agli appartamenti di Leeds e alla vettura parcheggiata alla stazione di Luton. All’interno c’era una scorta di esplosivo e il telefonino del chimico egiziano, sospettato di aver avuto un ruolo nella preparazione degli ordigni. Tracce che dovevano essere cancellate. Ad alimentare le domande c’è poi il comportamento di Hussain. E’ al punto di incontro con i compagni e poi parte come un automa per la missione. Dalle 8.30 alle 9.47—ora in cui salta per aria sul bus 30 — è come in caccia dell’obiettivo. La polizia ritiene che volesse raggiungere il metrò ma che la chiusura di tutte le stazioni dopo le prime deflagrazioni glielo abbia impedito. Gli scampati del bus hanno raccontato di quel giovane agitato con le mani dentro uno zainetto. E’ stato lui ad attivare la bomba? Il suo timer era programmato su un’ora diversa? E’ interessante sottolineare che la polizia ha lanciato un appello ai cittadini per scoprire se Hussain sia stato visto insieme a qualcuno. Chi stanno cercando gli investigatori? Forse «l’accompagnatore », il complice che porta il kamikaze vicino all’obiettivo assicurandosi che non vi siano intoppi. Figura che compare spesso nelle missioni degli uomini-bomba palestinesi in Israele. Considerano gli attentatori dei «robot» e uno di loro, incontrato a Nablus, ci ha spiegato la filosofia: «E’ lo shahid che ci chiede di mandarlo incontro alla morte, non siamo noi».

Riesaminando il dossier dell’inchiesta un punto importante è quello dell’esplosivo. I presunti kamikaze ne hanno usato davvero poco: 4-5 chilogrammi per ogni ordigno.

La polizia ne ha invece trovato grandi quantità all’interno di una casa di Leeds e sull’auto a Luton. In pratica un deposito. A cosa serviva quella scorta se i quattro dovevano saltare per aria nell’azione del 7 luglio? La risposta è che l’esplosivo doveva servire all’ondata successiva di attacchi e dunque — come hanno avvertito le autorità—ci sono in giro altri militanti.
Una ragione in più, allora, per proteggere l’identità del primo team e le basi di partenza.

Quindi abbiamo una organizzazione capace di ottenere esplosivo potente, di ideare un piano letale, di individuare dei ragazzi in grado di attuarlo e di gettarli come «vuoti a perdere». Più reclute che soldati. Ma la stessa organizzazione qaedista, all’opposto di Madrid, non sembra preoccuparsi di proteggere il network, di usare i kamikaze come missili intelligenti. Eppure aveva alternative. Solo la cattura della mente sgombrerà il campo dagli interrogativi.
15 luglio 2005


da corriere.it


 
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23 replies since 14/7/2005, 07:18   129 views
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