Il sofà delle muse

Il Codice da Vinci sta per diventare un film, protagonista Tom Hanks

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verbenasapiens
view post Posted on 9/1/2006, 18:49




ora c'è un trailer più decente e visibile
http://it.movies.yahoo.com/il-codice-da-vinci/

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Rachael
view post Posted on 9/1/2006, 21:02




Non é che mi convinca molto Tom Hanks..... rolleyes.gif
 
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valmont74
view post Posted on 10/1/2006, 20:22




Concordo, non h il fascino dell'avventuriero alla Indiana Jones: è un poco patatoso dry.gif
 
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*Ishtar*
view post Posted on 13/1/2006, 21:33




Codice da Vinci. Dan Brown secondo Hollywood

di Stefania Berbenni

Girato al Louvre, firmato dall'ex ragazzino di «Happy days», Ron Howard, con Tom Hanks protagonista. E qualche intrigo in più, non previsto nel libro. Come le pressioni di Jacques Chirac per scritturare l'amica della figlia, l'irritazione dell'Opus Dei e un potente avvocato capace di decidere le sorti di un blockbuster annunciato.
Michael Rudell è un avvocato, ha passaporto americano, pingue conto in banca, amici e clienti giusti. Non è un bell'uomo, ma per mesi Hollywood gli ha fatto il filo: signorine delle pubbliche relazioni, manager, produttrici e produttori l'hanno blandito con cene, percentuali, promesse per convincerlo a firmare il contratto per i diritti cinematografici del Codice da Vinci. Rudell è l'avvocato di Dan Brown, così come lo è stato di Patricia Cornwell e John Le Carré. Fu trattando i diritti dei due scrittori che divenne amico dell'executive John Calley, che oggi di anni ne ha 75, molta esperienza di major, carisma. Calley è riuscito dove avvenenti pierre hanno fallito: si è portato a casa il pezzo di carta che dà alla Sony (di cui è consulente) la possibilità di trasferire sullo schermo il thriller esoterico.

In cambio, la società ha messo sul tavolo un budget da 125 milioni di dollari (così si vocifera) e il nome di un regista non geniale ma di mestiere, buon confezionatore di storie, Ron Howard, ex ragazzino nei Settanta in Happy Days, poi regista di Apollo 13, A beautiful mind. Nei mesi intercorsi fra la fatidica firma e la fine delle riprese, Il codice ha continuato a riservare colpi di scena. Il più clamoroso vede Jacques Chirac fra gli interpreti a sorpresa, sorridente nel suo ufficio, caffè fumante sul tavolo e davanti a lui Howard e il produttore Brian Grazer (che, con la sua società, aveva tentato di acquistare i diritti per usarli in una serie tv, 24).

Scopo del presidenziale invito era convincere i due a scritturare l'amica della figlia, attrice in erba, per la parte di Sophie Neveu, andata poi ad Audrey Tautou, conosciuta con Il favoloso mondo di Amélie. Il secondo colpo di scena è la crescente ostilità dell'Opus Dei al progetto cinematografico: seccata per il trattamento riservatole nel libro, la prelatura ha deciso di intraprendere azioni giudiziare se la propria immagine sarà di nuovo compromessa. Ron Howard giura di non aver cambiato nulla di quanto scritto da Brown...

Terzo, la scelta dei set: per la prima volta il Louvre ha concesso a una troupe di girare un film. Ci sono voluti però tre mesi di carte bollate per ottenere i permessi ma alla fine ha vinto la ragion di stato perché la Francia è convinta che il Codice, in uscita il 19 maggio nel mondo, sia la miglior campagna pubblicitaria per incrementare il numero dei turisti. Con conseguenti polemiche e timori. Cécile Scailliérez, capo dei conservatori della pittura italiana al museo parigino, ha ventilato possibili dimissioni. Da vent'anni studia La Gioconda, protagonista silente del Codice da Vinci. La restauratrice sente che la morbosità collettiva generata dal libro è un ulteriore pericolo per la tela leonardesca. Durante le riprese è stato mobilitato l'intero personale di sorveglianza oltre alla polizia privata ingaggiata dalla produzione. Vietate le luci di scena vicino ai quadri, niente sangue sul pavimento e nessuna ripresa della Gioconda originale, una copia ha fatto all'uopo.

Ron Howard ha detto di essersi ispirato a L'esorcista e a Rosemary's Baby. Meglio sarebbe stato se avesse colto la citazione di Dan Brown dell'orgia massonica in Eyes Wide Shut e fosse andato a scuola da Stanley Kubrick. E chissà se lo smagrito Tom Hanks sa che il suo personaggio è, nella testa dello scrittore, «un Harrison Ford in Harris tweed». A Hollywood pesano sempre i confronti, e Hanks ha 25 milioni di rivali, tanti sono i Robert Langdon elaborati dalle fantasie degli altrettanti lettori del tomo. I quali hanno preso per oro colato la ricostruzione esoterica di Brown, piena di errori, come studiosi e precisini hanno sottolineato (facendoci non pochi soldi). A Parigi, il parrocco di Saint Sulpice con cristiana pazienza risponde alle domande dei turisti muniti di Codice da Vinci in mano: «Scusi, dov'è la linea d'argento della navata centrale, sa quella dove si consuma il delitto?».

Serafico, il parrocco la indica. A 16 chilometri da Edimburgo, i visitatori della Rosslyn Chapel di Roslin hanno toccato quota 120 mila, due anni fa erano 38: come gli altri portano il romanzo appresso, devoti a Dan Brown più che al mito del Santo Graal. Cosa abbia scatenato la febbre collettiva per il Codice hanno tentato di spiegarlo in molti, compreso Umberto Eco (Espresso, 4 agosto): «La gente è assetata di misteri (e di complotti) e basta che gli offri la possibilità di pensarne uno di più ed ecco che tutti cominciano a crederci». Convinzione che doveva avere anche quando scrisse Il nome della rosa e Il pendolo di Foucault senza riuscire però a generare la pandemia fantateologica provocata dal Codice, aprendo invece il filone medievalista-religioso («colpa» che non gli perdona Goffredo Fofi, ipercritico sul tema in queste pagine).
Dan Brown non è Mordecai Richler o Sándor Márai (per citare altri due casi editoriali degli ultimi anni), ha il plot facile, i sapori elementari, tanto da andar bene indifferentemente a palati asiatici, europei, americani. Ha costruito il suo thriller come un videogioco, capitoli brevi che consentono di passare a un altro livello, superi la prova e apri un'altra porta, enigmi, sciarade; e c'è anche un po' di romanzo d'appendice senza la grandezza dei personaggi ottocenteschi.
Da un regista come Ron Howard, cresciuto a drive-in, Fonzie e americanismo hollywoodiano, c'è da aspettarsi un'onesta trasposizione della pagina scritta; da un professionista come Tom Hanks, una buona interpretazione. Basteranno a garantire incassi pari ai costi? Venticinque milioni di persone sanno come va a finire la storia, ovvero zero suspense. Destino che sta perseguitando Dan Brown visto che a marzo uscirà Da Vinci in America firmato da Greg Taylor. Il giornalista ha utilizzato piccoli accenni fatti in questi mesi dall'autore sul suo prossimo libro, The Solomon Key, per costruirci lui un romanzo, svelando trama, personaggi. E finale.
http://www.panorama.it/spettacoli/anteprim...1-A020001034277

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Girato al Louvre, firmato dall'ex ragazzino di Happy days, Ron Howard, con Tom Hanks protagonista. E qualche intrigo in più, non previsto nel libro. Come le pressioni di Jacques Chirac per scritturare l'amica della figlia, l'irritazione dell'Opus Dei e un potente avvocato capace di decidere le sorti di un blockbuster annunciato.

In questa photogallery alcune immagini esclusive del Codice Da Vinci. Nel cast nomi famosi come Tom Hanks, Audrey Tautou, Jean Reno, Ian McKellen, Paul Bettany.

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petrus33
view post Posted on 10/5/2006, 19:51




Ron Howard: "Il mio Codice da Vinci
è buon cinema non provocazione

LOS ANGELES - Ron Howard, l'ex Ricky Cunningham di "Happy days", oggi con barbetta rossiccia e baffi, sempre più calvo; Tom Hanks invece coi capelli sempre più lunghi come a voler sfidare il tempo (compie 50 anni a settembre): oggi sono la coppia regista/attore più sexy del momento, dato che il loro Codice Da Vinci, una produzione Sony da 125 milioni di dollari tratto dal mega-best-seller di Dan Brown, sta per uscire. Data fatidica per il thriller teologico è il 19 maggio, due giorni dopo il debutto in anteprima al Festival di Cannes. Mancano dunque 10 giorni: ma Howard confessa che il film non è ancora del tutto finito ed è per questo che a noi giornalisti della Hollywood Foreign Press ha mostrato solo 35 minuti dell'attesissimo film che sta facendo tremare l'Opus Dei.

35 minuti che però danno l'idea dell'opera, centrata su un delitto che svela l'esistenza di una società segreta devota da centinaia di anni a proteggere il mistero della vera identità femminile della discendente di Gesù Cristo e Maria Maddalena (che si suppone fossero sposati). Sì, l'Opus Dei viene menzionata nel film, e sì, il film segue molto fedelmente la trama del libro. Tom Hanks interpreta il professor Robert Langdon, un Indiana Jones della simbologia, mentre la francese Audrey Tautou ("Amelie") è l'esperta in criptologia Sophie Neveu, che aiuta Langdon nella sua formidabile inchiesta. Ian McKellen è lo studioso Sir Leigh Teabing, Jean Reno il capitano della polizia francese Bezu Fache, e a completare il cast internazionale c'è l'inglese Paul Bettany nei panni del monaco albino Silas.

Inutile stuzzicare Howard o Hanks sulle controversie che stanno accompagnando l'uscita del film, compresa la minaccia di certe organizzazione cattoliche di bandirlo dalle sale. Per loro il dibattito non sussiste perché il film è "fiction", come lo era il romanzo di Brown. Ma un po' di "rumore" fa sempre comodo alle sorti commerciali di un kolossal. "Di natura sono il contrario del provocatore", dice alla fine della proiezione Ron Howard, l'ex Richie Cunningham di "Happy Days". "Tuttavia ho scelto questa storia perché alcune idee nel libro sono decisamente intriganti. Se il cinema sa generare una discussione e un dibattito civili vuol dire che è buon cinema".

Signor Howard, non teme quindi l'eventuale boicottaggio della Opus Dei?
"Sono un regista, dunque uno che racconta storie: per me la libertà di espressione è sacra. Rispetto chiunque decida di non andare a vedere il film. Nessuno li obbliga a farlo. Ma negare il diritto di vederlo è un atto fascista".

Nessuno, oltretutto, ha ancora visto il film intero.
"Esatto. Come si può boicottare un film prima di averlo visto? Questo è odioso dogmatismo settario".

Ma il contenuto del romanzo di Brown è noto a tutti.
"Ma il film è un'opera a se. E comunque anche il libro è di finzione, non un trattato storico-teologico da prendere con fanatica serietà. Il contenuto del libro lo conoscono tutti e non sarebbe stato possibile soppiantare le idee più controverse per evitare eventuali critiche. Ormai sanno tutti che alcuni gruppi cattolici ci hanno chiesto di mettere all'inizio del film la scritta: questo è un film di finzione. Mi sembrava ridicolo. Come lo è sottovalutare l'intelligenza del pubblico".

Durante la realizzazione del film ha mai cercato di incontrare membri del Vaticano o dell'Opus Dei?
"No, anche perché ho affrontato la teoria cospiratoria al pari, che so, di un losco piano della CIA contro i voleri della Casa Bianca. E impostato la trama intorno al classico "What if?", cosa succederebbe se...".

Ci sono riferimenti alla realtà che stiamo vivendo?
"C'è una sottotrama con due personaggi pericolosi fondamentalisti militanti. Per loro la fede cieca è una virtù, che poi si trasforma in militanza che porta all'odio e al sangue. Il mondo in cui viviamo è testimone che quando la fede si trasforma in militanza le conseguenze sono disastrose".

Mr. Hanks, la pensa così anche lei?
"Si, Il codice Da Vinci non è un documentario ma nemmeno un'affermazione teologica. Offenderà qualcuno né più né meno di tanti altri film. E vi assicuro che se il romanzo di Brown avesse venduto solo 100.000 copie, non staremmo qui a parlarne tanto".

Vuol dire che anche come lettore, e soprattutto considerata la sua educazione cattolica, non si è posto i quesiti sollevati da Brown?
"Mi affascinano le speculazioni astratte, ma niente nel libro mi ha sorpreso più di tanto. E poi tutto è soggetto a interpretazione. Ogni libro in cui sostiene che Da Vinci, Isaac Newton o Scooby Doo appartengono a una società segreta che cerca di alterare il corso della storia diventa per forza un bestseller".
http://www.repubblica.it/2006/05/sezioni/s...ron-howard.html
 
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*PalladeAthena
view post Posted on 15/5/2006, 20:11




Cresce la febbre dell'attesa. Fra cinque giorni il film tratto dal bestseller di Dan Brown sarà al Festival di Cannes, mentre il 19 maggio arriverà nelle sale. La Chiesa lo condanna senza appello e i militanti cattolici si mobilitano per boicottarlo. «Panorama» ha letto in anteprima la blindatissima sceneggiatura ed è in grado di rispondere alla domanda: fino a che punto la pellicola è fedele alle contestate tesi su Gesù e i Vangeli? Anche perché secondo un sondaggio fra i giovani...



Dan Brown, il protagonista del business editoriale del secolo, non nasconde la sua soddisfazione. Dice di essere entusiasta del film omonimo tratto dal Codice da Vinci, elogia la perfetta fedeltà al romanzo e, pur ammettendo di essere negato a scrivere copioni cinematografici, ringrazia calorosamente il regista Ron Howard e lo sceneggiatore Akiva Goldsman per l'ottimo risultato ottenuto. Dichiarazioni di circostanza? Scontato compiacimento per la realizzazione di un'opera che porta sullo schermo il thriller che da due anni domina le classifiche internazionali con 3 milioni di copie vendute in Italia e quasi 50 milioni nel mondo?

Niente affatto. Lo scrittore queste parole le ha scelte con cura. Firmando, dopo aver visto il film, il breve saggio che fa da introduzione al Codice da Vinci. Sceneggiatura illustrata, il volume che la Mondadori manda in libreria il 23 maggio e che contiene i dialoghi, le foto di scena e quelle inedite dei backstage, oltre agli scritti di Brown, del regista, del produttore Brian Grazer e di Goldsman.
Inutile dire che la febbre dell'attesa è alle stelle. E che il comando strategico della Sony Pictures programma minuziosamente la promozione mediatica. Il film sarà in anteprima mondiale all'apertura del Festival di Cannes il 17 maggio e nelle sale a partire dal 19.

Davanti alla fortezza di cemento armato che i produttori hanno innalzato ai quattro angoli della pellicola, nella quale hanno investito 125 milioni di dollari, la chiave in grado di aprire qualche spiraglio nell'impenetrabile velo di mistero che circonda il film è una sola: il testo della sceneggiatura.
Pagine che Panorama ha letto in anteprima e che danno le prime, anche se non definitive, risposte (soltanto alcune parti, spiega il regista, sono state sottoposte a una ulteriore riscrittura finale) agli interrogativi che accompagnano l'attesa. E che vanno ben al di là dell'evento spettacolare.

Primo interrogativo: è giustificato l'allarme della Santa sede che ha spinto il numero due della Congregazione per la dottrina delle fede, Angelo Amato, a invitare i cristiani «al boicottaggio» del film, definito un coacervo di «offese, calunnie, errori storici e teologici nei confronti di Gesù, dei Vangeli e della Chiesa»?
E che dire delle parole pronunciate dal predicatore ufficiale della Casa pontificia, il francescano Raniero Cantalamessa, che non ha esitato a bollare l'intera industria editoriale con l'infamante epiteto di «Giuda»? «Cristo viene ancora venduto non più ai capi del sinedrio per 30 denari» ha detto a proposito del Codice da Vinci «ma a editori e librai, per miliardi di denari».
Mai, nell'attesa della prima di un film (nemmeno nel 1988 con il contestatissimo L'ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese), si erano sentite, da parte ecclesiastica, reazioni più infuocate. Anzi, condanne senza appello, che proprio alla luce dei dialoghi del film innescano, a questo punto, un terzo e altrettanto scomodo interrogativo: come reagirà l'Opus Dei?
Che cosa risponderà la prelatura della Chiesa cattolica prediletta da Giovanni Paolo II e stimata da Benedetto XVI per il suo apostolato nelle realtà del lavoro, davanti alla pellicola che, in perfetta coerenza con il romanzo, arruola nelle sue file un pazzo criminale, «il gigantesco albino chiamato Silas», un assassino che dicendosi fedelissimo a San Escrivà de Balaguer, il fondatore dell'Opus, si macchia dei più atroci delitti?

Materia di polemica ce n'è in abbondanza. La sceneggiatura ha avuto 25 revisioni in sei mesi e riesce a tenere perfettamente insieme tutti i fili del romanzo: Leonardo da Vinci e i templari, il sorriso della Gioconda e gli intrighi vaticani, quel puzzle di esoterismo, gotico e storia sacra, che è la vera forza del Codice da Vinci.
Nel meccanismo del thriller che procede per enigmi, infatti, sta il segreto del successo. O meglio, nell'indagine del professor Robert Langdon (Tom Hanks), studioso di iconografia religiosa dell'Università di Harvard, che trovandosi a Parigi per una conferenza viene chiamato a decifrare gli strani simboli religiosi scoperti sulla scena di un delitto. La sceneggiatura si apre con la Grande galleria del Louvre dove viene assassinato il famoso curatore Jacques Saunière. Chi è stato? E con quale movente?

L'inchiesta si rivela subito pericolosa, perché Langdon viene catapultato nella ricerca di una misteriosa organizzazione, il Priorato di Sion, che lo conduce a una nuova, imprevedibile scoperta: il Santo Gral non è, come vuole la tradizione, la coppa nella quale fu raccolto il sangue di Gesù, bensì una persona, Maria Maddalena, sposa di Gesù e madre dei suoi figli, alla quale il Maestro ha affidato il suo insegnamento La scoperta è drammatica. «Che cosa succederebbe» dice, nello scarno trailer del film, Sir Leigh Teabing (Ian McKellen), esperto del Gral che affianca Langdon nell'indagine, «se il mondo scoprisse che la più grande storia mai raccontata (il Vangelo ufficiale della Chiesa, ndr) è una menzogna?».
Ecco il punto. Anche il film, dunque, sposa in pieno le tesi di Dan Brown: le radici del Cristianesimo non sono quelle canoniche, anzi l'ipotesi che le cose siano andate diversamente rispetto alle versioni consolidate è da prendere in serissima considerazione. Nel bestseller lo scrittore cita fonti, butta sul tavolo ricerche e testimonianze.

«Tutte le descrizioni di opere d'arte e architettoniche, di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo» scrive a pagina 9 del Codice da Vinci «rispecchiano la realtà». E la sceneggiatura del film ribadisce: a fondamento dell'eredità di Gesù non c'è San Pietro ma Maddalena, che dopo la morte del Maestro si rifugiò in Francia e, attraverso i secoli, diede continuità alla discendenza.
A difenderne la memoria è il Priorato di Sion. Che non solo custodisce gelosamente la tomba della moglie di Gesù, ma difende anche le centinaia di documenti che fanno luce sulla verità, con la stessa ostinazione con la quale «una congrua di despoti che occupano posizioni di potere nella Chiesa» ha sempre cercato, anche con la violenza, di distruggerli.

«Fantasie. Solo la diffusa ignoranza religiosa spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale cumulo di affermazioni a dir poco ridicole» scrive lo studioso delle religioni Massimo Introvigne sul sito www.cesnur.org. «Una serie di menzogne che possono tutt'al più passare in un romanzo ma sono totalmente inaccettabili se vengono spacciate come storia, aggiunge Arturo Cattaneo, docente all'Università Santa Croce di Roma, membro dell'Opus Dei e autore di un volume, La Frode del Codice da Vinci.
Giochi di prestigio ai danni del Cristianesimo (Elledici), dotta replica che smonta punto per punto, a livello storico, le pagine di Brown, bollando come ignobili bufale il matrimonio di Gesù, le vicende del Priorato di Sion e le accuse contro l'Opus Dei.

La reazione cattolica è dunque forte. E tuttavia la polemica apre nuovi interrogativi. Le tesi di Brown saranno anche fantasie, ma la Chiesa si dimostra preoccupata: ecco perché il quotidiano Avvenire, giovedì 4 maggio, in prima pagina, invitava i cattolici a boicottare il film. Perché tanto allarme?
Il motivo è semplice. A rimettere in discussione le basi storiche di 20 secoli di Cristianesimo non è il solito incorreggibile illuminista da salotto che scrive sui giornali liberal.
È un bestseller globale da 40 milioni di copie, il cui impatto sarà moltiplicato per mille dall'arrivo di un film girato con impeccabile professionalità e sostenuto dai capitali e dal marketing della macchina hollywoodiana.
Un film che non lima di un millimetro le provocazioni del romanzo: i Vangeli, insiste, non sono di origine divina, la storia insegnata dalla Chiesa non è quella vera, all'ombra della Cupola di San Pietro agiscono poteri forti e poco trasparenti impegnati in imprese, a dir poco, oscure.

Le premesse per lo scontro ci sono tutte. Da una parte la Chiesa, infastidita e presa in contropiede perché costretta a scendere in campo in una contesa che sposta l'attenzione mediatica da temi come i valori cristiani, la coppia e la bioetica (molto cari ai vescovi e a Papa Benedetto XVI), ad argomenti e spiegazioni che si davano per aquisite: Gesù e Maddalena, la consistenza storica dei Vangeli, le origini del Cristianesimo. Dall'altra parte un romanzo e un film che a causa della polemica vedranno incrementato il successo e gonfiato il portafoglio della squadra hollywoodiana capitanata da Howard, il simpatico Ricky Cunningham della storica serie televisiva Happy days.

A concludere il volume della sceneggiatura c'è la postfazione di John Calley, amministratore delegato della Sony Pictures e artefice dell'operazione. Calley dice di essere rimasto stregato dal romanzo di Brown e di considerare Il Codice da Vinci un magnifico prodotto di intrattenimento spettacolare e niente di più. Le polemiche non lo sfiorano. Del resto, il mercato ha le sue leggi e Hollywood è sensibile al business. Nell'attesa che sulla scia del film, come già è avvenuto per il romanzo, altri milioni di dollari vengano investiti in prodotti simili, per cavalcare l'onda di quel grande demone irresistibile che si chiama successo.
image
da
panorama.it




 
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