Cresce la febbre dell'attesa. Fra cinque giorni il film tratto dal bestseller di Dan Brown sarà al Festival di Cannes, mentre il 19 maggio arriverà nelle sale. La Chiesa lo condanna senza appello e i militanti cattolici si mobilitano per boicottarlo. «Panorama» ha letto in anteprima la blindatissima sceneggiatura ed è in grado di rispondere alla domanda: fino a che punto la pellicola è fedele alle contestate tesi su Gesù e i Vangeli? Anche perché secondo un sondaggio fra i giovani...
Dan Brown, il protagonista del business editoriale del secolo, non nasconde la sua soddisfazione. Dice di essere entusiasta del film omonimo tratto dal Codice da Vinci, elogia la perfetta fedeltà al romanzo e, pur ammettendo di essere negato a scrivere copioni cinematografici, ringrazia calorosamente il regista Ron Howard e lo sceneggiatore Akiva Goldsman per l'ottimo risultato ottenuto. Dichiarazioni di circostanza? Scontato compiacimento per la realizzazione di un'opera che porta sullo schermo il thriller che da due anni domina le classifiche internazionali con 3 milioni di copie vendute in Italia e quasi 50 milioni nel mondo?
Niente affatto. Lo scrittore queste parole le ha scelte con cura. Firmando, dopo aver visto il film, il breve saggio che fa da introduzione al Codice da Vinci. Sceneggiatura illustrata, il volume che la Mondadori manda in libreria il 23 maggio e che contiene i dialoghi, le foto di scena e quelle inedite dei backstage, oltre agli scritti di Brown, del regista, del produttore Brian Grazer e di Goldsman.
Inutile dire che la febbre dell'attesa è alle stelle. E che il comando strategico della Sony Pictures programma minuziosamente la promozione mediatica. Il film sarà in anteprima mondiale all'apertura del Festival di Cannes il 17 maggio e nelle sale a partire dal 19.
Davanti alla fortezza di cemento armato che i produttori hanno innalzato ai quattro angoli della pellicola, nella quale hanno investito 125 milioni di dollari, la chiave in grado di aprire qualche spiraglio nell'impenetrabile velo di mistero che circonda il film è una sola: il testo della sceneggiatura.
Pagine che Panorama ha letto in anteprima e che danno le prime, anche se non definitive, risposte (soltanto alcune parti, spiega il regista, sono state sottoposte a una ulteriore riscrittura finale) agli interrogativi che accompagnano l'attesa. E che vanno ben al di là dell'evento spettacolare.
Primo interrogativo: è giustificato l'allarme della Santa sede che ha spinto il numero due della Congregazione per la dottrina delle fede, Angelo Amato, a invitare i cristiani «al boicottaggio» del film, definito un coacervo di «offese, calunnie, errori storici e teologici nei confronti di Gesù, dei Vangeli e della Chiesa»?
E che dire delle parole pronunciate dal predicatore ufficiale della Casa pontificia, il francescano Raniero Cantalamessa, che non ha esitato a bollare l'intera industria editoriale con l'infamante epiteto di «Giuda»? «Cristo viene ancora venduto non più ai capi del sinedrio per 30 denari» ha detto a proposito del Codice da Vinci «ma a editori e librai, per miliardi di denari».
Mai, nell'attesa della prima di un film (nemmeno nel 1988 con il contestatissimo L'ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese), si erano sentite, da parte ecclesiastica, reazioni più infuocate. Anzi, condanne senza appello, che proprio alla luce dei dialoghi del film innescano, a questo punto, un terzo e altrettanto scomodo interrogativo: come reagirà l'Opus Dei?
Che cosa risponderà la prelatura della Chiesa cattolica prediletta da Giovanni Paolo II e stimata da Benedetto XVI per il suo apostolato nelle realtà del lavoro, davanti alla pellicola che, in perfetta coerenza con il romanzo, arruola nelle sue file un pazzo criminale, «il gigantesco albino chiamato Silas», un assassino che dicendosi fedelissimo a San Escrivà de Balaguer, il fondatore dell'Opus, si macchia dei più atroci delitti?
Materia di polemica ce n'è in abbondanza. La sceneggiatura ha avuto 25 revisioni in sei mesi e riesce a tenere perfettamente insieme tutti i fili del romanzo: Leonardo da Vinci e i templari, il sorriso della Gioconda e gli intrighi vaticani, quel puzzle di esoterismo, gotico e storia sacra, che è la vera forza del Codice da Vinci.
Nel meccanismo del thriller che procede per enigmi, infatti, sta il segreto del successo. O meglio, nell'indagine del professor Robert Langdon (Tom Hanks), studioso di iconografia religiosa dell'Università di Harvard, che trovandosi a Parigi per una conferenza viene chiamato a decifrare gli strani simboli religiosi scoperti sulla scena di un delitto. La sceneggiatura si apre con la Grande galleria del Louvre dove viene assassinato il famoso curatore Jacques Saunière. Chi è stato? E con quale movente?
L'inchiesta si rivela subito pericolosa, perché Langdon viene catapultato nella ricerca di una misteriosa organizzazione, il Priorato di Sion, che lo conduce a una nuova, imprevedibile scoperta: il Santo Gral non è, come vuole la tradizione, la coppa nella quale fu raccolto il sangue di Gesù, bensì una persona, Maria Maddalena, sposa di Gesù e madre dei suoi figli, alla quale il Maestro ha affidato il suo insegnamento La scoperta è drammatica. «Che cosa succederebbe» dice, nello scarno trailer del film, Sir Leigh Teabing (Ian McKellen), esperto del Gral che affianca Langdon nell'indagine, «se il mondo scoprisse che la più grande storia mai raccontata (il Vangelo ufficiale della Chiesa, ndr) è una menzogna?».
Ecco il punto. Anche il film, dunque, sposa in pieno le tesi di Dan Brown: le radici del Cristianesimo non sono quelle canoniche, anzi l'ipotesi che le cose siano andate diversamente rispetto alle versioni consolidate è da prendere in serissima considerazione. Nel bestseller lo scrittore cita fonti, butta sul tavolo ricerche e testimonianze.
«Tutte le descrizioni di opere d'arte e architettoniche, di documenti e rituali segreti contenute in questo romanzo» scrive a pagina 9 del Codice da Vinci «rispecchiano la realtà». E la sceneggiatura del film ribadisce: a fondamento dell'eredità di Gesù non c'è San Pietro ma Maddalena, che dopo la morte del Maestro si rifugiò in Francia e, attraverso i secoli, diede continuità alla discendenza.
A difenderne la memoria è il Priorato di Sion. Che non solo custodisce gelosamente la tomba della moglie di Gesù, ma difende anche le centinaia di documenti che fanno luce sulla verità, con la stessa ostinazione con la quale «una congrua di despoti che occupano posizioni di potere nella Chiesa» ha sempre cercato, anche con la violenza, di distruggerli.
«Fantasie. Solo la diffusa ignoranza religiosa spiega come qualcuno possa prendere sul serio un tale cumulo di affermazioni a dir poco ridicole» scrive lo studioso delle religioni Massimo Introvigne sul sito
www.cesnur.org. «Una serie di menzogne che possono tutt'al più passare in un romanzo ma sono totalmente inaccettabili se vengono spacciate come storia, aggiunge Arturo Cattaneo, docente all'Università Santa Croce di Roma, membro dell'Opus Dei e autore di un volume, La Frode del Codice da Vinci.
Giochi di prestigio ai danni del Cristianesimo (Elledici), dotta replica che smonta punto per punto, a livello storico, le pagine di Brown, bollando come ignobili bufale il matrimonio di Gesù, le vicende del Priorato di Sion e le accuse contro l'Opus Dei.
La reazione cattolica è dunque forte. E tuttavia la polemica apre nuovi interrogativi. Le tesi di Brown saranno anche fantasie, ma la Chiesa si dimostra preoccupata: ecco perché il quotidiano Avvenire, giovedì 4 maggio, in prima pagina, invitava i cattolici a boicottare il film. Perché tanto allarme?
Il motivo è semplice. A rimettere in discussione le basi storiche di 20 secoli di Cristianesimo non è il solito incorreggibile illuminista da salotto che scrive sui giornali liberal.
È un bestseller globale da 40 milioni di copie, il cui impatto sarà moltiplicato per mille dall'arrivo di un film girato con impeccabile professionalità e sostenuto dai capitali e dal marketing della macchina hollywoodiana.
Un film che non lima di un millimetro le provocazioni del romanzo: i Vangeli, insiste, non sono di origine divina, la storia insegnata dalla Chiesa non è quella vera, all'ombra della Cupola di San Pietro agiscono poteri forti e poco trasparenti impegnati in imprese, a dir poco, oscure.
Le premesse per lo scontro ci sono tutte. Da una parte la Chiesa, infastidita e presa in contropiede perché costretta a scendere in campo in una contesa che sposta l'attenzione mediatica da temi come i valori cristiani, la coppia e la bioetica (molto cari ai vescovi e a Papa Benedetto XVI), ad argomenti e spiegazioni che si davano per aquisite: Gesù e Maddalena, la consistenza storica dei Vangeli, le origini del Cristianesimo. Dall'altra parte un romanzo e un film che a causa della polemica vedranno incrementato il successo e gonfiato il portafoglio della squadra hollywoodiana capitanata da Howard, il simpatico Ricky Cunningham della storica serie televisiva Happy days.
A concludere il volume della sceneggiatura c'è la postfazione di John Calley, amministratore delegato della Sony Pictures e artefice dell'operazione. Calley dice di essere rimasto stregato dal romanzo di Brown e di considerare Il Codice da Vinci un magnifico prodotto di intrattenimento spettacolare e niente di più. Le polemiche non lo sfiorano. Del resto, il mercato ha le sue leggi e Hollywood è sensibile al business. Nell'attesa che sulla scia del film, come già è avvenuto per il romanzo, altri milioni di dollari vengano investiti in prodotti simili, per cavalcare l'onda di quel grande demone irresistibile che si chiama successo.
da
panorama.it