Il sofà delle muse


 
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verbenasapiensPosted: 25/7/2005, 07:49
Amicizie Sbagliate STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
Di solito prima di portare qualcuno a casa nostra, ci si informa quantomeno su chi sia. Capita invece che noi italiani non soltanto ci portiamo in casa un estraneo, ma l’abbracciamo e stringiamo accordi. Accordi che ridicolizzano la nostra credibilità e minano la nostra sicurezza. Sarà perché siamo anime pie, forse spregiudicati avventurieri o peggio ancora degli ideologizzati che infieriscono contro se stessi. Ma è così che abbiamo consegnato la rete delle moschee d'Italia agli integralisti e estremisti islamici dichiarati fuorilegge nei rispettivi Paesi d'origine. Che scegliamo come interlocutori all'estero nomi altisonanti di prestigiose istituzioni islamiche, come l'università Al Azhar del Cairo o la Lega musulmana mondiale della Mecca, senza preoccuparci minimamente del fatto che in realtà sono degli strenui apologeti del terrorismo suicida che massacra gli ebrei in Israele o gli occidentali in Iraq. E tra questi, val la pena ricordarlo, ci siamo anche noi italiani.
E' successo poco più di un mese fa, il 15 giugno, che al Cairo è stato siglato un accordo per la creazione di un Comitato accademico italo-egiziano di «studi comparati per il progresso delle scienze umane nel Mediterraneo» (Oscum), tra la celebre università islamica di Al Azhar, considerata una sorta di Vaticano sunnita, e un cartello di cinque università italiane (La Sapienza di Roma, il Pontificio Istituto Orientale di Roma, l'Orientale di Napoli, la Bocconi di Milano, l'Iuav di Venezia), coordinato dal professore Sergio Noja Noseda, ex docente di Lingua e letteratura araba alla Cattolica di Milano e titolare di una omonima Fondazione. L'accordo è stato firmato dal rettore di Al Azhar, Ahmed al-Tayeb e dall'ambasciatore d'Italia, Antonio Badini, alla presenza dello sheikh di Al Azhar, Mohamed Sayed Tantawi, ritenuto la massima autorità teologica dell'islam sunnita. Ed è sorprendentemente l'Avvenire , l'organo della Cei (Conferenza episcopale italiana), a ricordarci che proprio Tantawi, un «amico del Papa» avendo accolto Giovanni Paolo II al Cairo nel 2000 e partecipato alle sue esequie, è in realtà a capo di un'istituzione islamica che legittima il terrorismo suicida.
Lo ha fatto il rettore al-Tayeb persino nel convegno organizzato dalla comunità di Sant’Egidio a Milano il 7 settembre 2004 dal titolo «Disarmare il terrore. Un ruolo per i credenti». «Un conto è il terrorismo che colpisce innocenti, un conto è affibbiare l'etichetta di terrorismo a quella che è solo una reazione di autodifesa per proteggersi da qualcosa, come nel caso della resistenza nei confronti di forze di occupazione», spiegò in un'intervista al mensile 30 Giorni , «I palestinesi sono un popolo che non ha niente. Povera gente che viene uccisa ogni giorno. Nella disperazione ricorrono a mezzi estremi per opporsi all'occupazione». In precedenza, il 4 aprile 2002, quando ricopriva la carica di Gran mufti d'Egitto, massimo giureconsulto islamico, sentenziò che «la soluzione al terrorismo israeliano si basa sulla proliferazione degli attacchi di martirio che terrorizzano i cuori dei nemici di Allah. I Paesi islamici, sia i popoli che i governanti, devono sostenere queste operazioni di martirio». Così come lo stesso Tantawi, sempre il 4 aprile 2002, ricevendo al Cairo il deputato arabo-israeliano Abdel Wahhab Darawsheh, emise una fatwa, un responso giuridico, in cui sentenziò che «le operazioni di martirio contro qualsiasi israeliano, inclusi i bambini, le donne e i giovani, sono legittime dal punto di vista della legge islamica».
Tantawi spronò «il popolo palestinese a intensificare le operazioni di martirio contro il nemico sionista, in quanto la manifestazione più alta della Jihad». Non sorprende quindi che il collega Carlo Termignoni concluda sull' Avvenire : «Alla luce di una simile realtà ad alcuni osservatori non è parso dunque prudente l'accordo di collaborazione culturale e di cooperazione scientifica tra l'università di Al Azhar e istituzioni italiane». Che l'università di Al Azhar sia pesantemente infiltrata dal movimento integralista dei Fratelli Musulmani è un fatto noto. Così come lo è la Lega musulmana mondiale sponsorizzata dall'Arabia Saudita che, tramite il Centro culturale islamico d'Italia, gestisce la grande moschea di Roma. Anche se l'ambasciatore Mario Scialoja, che presiede la sezione italiana della Lega musulmana mondiale, non ha nulla a che fare con i Fratelli Musulmani. Ben diverso è il caso di gran parte delle moschee sorte in modo incontrollato in Italia. E che oggi sono sottoposte al controllo, diretto o indiretto, dell'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), emanazione dei Fratelli Musulmani, e di gruppi fondamentalisti che predicano la Jihad, intesa come guerra santa, ed esaltano i kamikaze islamici in Israele e in Iraq. E' qui che si attua il lavaggio di cervello che trasforma i musulmani in robot della morte. Ed è da qui che deve scaturire il riscatto alla piena legalità dell'islam d'Italia.
Magdi Allam

da corriere.it
Infatti, ma finchè si trattava di Kamikaze contro Israele, certi tartufi poteva far finta di nulla, ora le cose sono cambiate..volenti o nolenti siamo in guerra , vediamo ora certa gente cosa dice e cosa fa
verbenasapiensPosted: 25/7/2005, 07:35

Infatti....

Un ufficiale egiziano: «Chi attacca il Ghazala punta a voi»

Sharm: l'obiettivo erano gli italiani Due dei tre attentatori sono ancora in vita.

Arrestati ottanta sospetti, ma le indagini si annunciano difficili

SHARM EL SHEIKH - Due dei tre attentatori sono ancora in vita. Solo uno, quello che si è fatto saltare nella lobby dell'Hotel Ghazala Gardens, ha portato a termine la sua azione kamikaze. E potrebbe essere che mirassero proprio a colpire gli italiani. Lo rivela in un'intervista al Corriere Hayman Ibrahim, un capitano della polizia egiziana nelle unità per la difesa del turismo. «L'attentatore nella stazione degli autobus di Naama Bay ha deposto il pacco esplosivo ed è fuggito. Ma è stato visto da diversi testimoni. Siamo sulle sue tracce. Quello che guidava l'autobomba nel mercato del quartiere vecchio invece sembra più difficile da rintracciare. Le prime indagini lasciano credere che non fosse quello il suo obiettivo. Solo all'ultimo momento ha visto un posto di blocco volante della polizia. Doveva cercare di raggiungere un luogo più affollato da turisti occidentali. Ma probabilmente si è fatto prendere dal panico, ha attivato il timer del detonatore ed è fuggito», racconta.

Manifestazione contro il terrorismo domenica sera a Sharm El Sheikh (Reuters)
Sono i primi passi di un'indagine che si annuncia difficile. Mentre difficile sarà anche verificare la notizia, raccontata in maniera identica dopo l’attentato di Taba, nel 2004, che la notte degli attentati di Sharm i parcheggi dei taxi si siano svuotati. Nessuna auto disponibile per le migliaia di turisti in giro da una discoteca all’altra. Ma le vittime sono state soprattutto egiziane: perché non avvertire anche loro? Intanto le autorità hanno già fermato un'ottantina di persone, tra cui alcuni beduini sulle montagne che circondano la piana di Sharm El Sheikh. La polizia egiziana è riuscita a ricostruire l'identikit di uno degli attentatori di Sharm el Sheikh sulla base delle testimonianze raccolte fra la gente. Dal Cairo gli inquirenti fanno sapere di essere alla caccia di 9 pakistani entrati illegalmente in Egitto il 5 luglio. C'è inoltre il sospetto che gli attentati di venerdì notte possano essere solo l'inizio di una nuova ondata terroristica.
Lo prova l'arresto ieri al Cairo del 33enne Sami Gamal Hegazi, dipendente di un ospedale della capitale. Stava recandosi con una bomba verso la zona turistica delle piramidi, quando l'ordigno è accidentalmente esploso. Ricoverato all'ospedale, al momento l'uomo è troppo grave per essere interrogato. «Certo i terroristi sono ben organizzati. Probabilmente una cellula che in qualche modo si rifà all'ideologia di Al Qaeda. Gente che vuole colpire il governo egiziano, affossare l'economia e uccidere il maggior numero di turisti stranieri. Gli italiani ormai da tanto tempo vengono al Ghazala Gardens, chi lo attacca mira a loro. Le bombe probabilmente sono state costruite al Cairo, portate a Sharm El Sheikh in componenti separate, magari in più viaggi per sfuggire ai controlli della polizia. I tre attentatori sono forse stranieri. Ma hanno almeno un basista qui in città. Forse anche un egiziano dipendente di questo albergo. È lui che stiamo cercando più di tutti. Pensiamo si possa essere allontanato per un giorno o due. Ma deve tornare per non destare sospetti», aggiunge il capitano. La prima mossa sarà dunque quella di verificare i movimenti dei circa 16.000 egiziani che lavorano con i turisti. Ognuno di loro è stato schedato, non può muoversi dal Sinai senza la specifica autorizzazione della polizia.

Tanti sono gli elementi che fanno pensare si mirasse anche agli italiani. «Lo sanno tutti qui in città che da molti anni il Ghazala Gardens rappresenta il quartier generale di noi della Columbus, legati al Ventaglio (tour operator italiano, ndr)», dice Rosalba Andresini, 36 anni di Campione d'Italia, che dal 1996 è capo-area per l’agenzia turistica qui a Sharm el Sheikh. La incontriamo mentre sta organizzando la partenza dei suoi clienti. Entro oggi dovrebbero essere tutti tornati in Italia. «È stato un miracolo. Oltre 250 tra i nostri clienti stavano in questo albergo. E abbiamo avuto solo una decina di feriti», aggiunge la Andresini. In serata due nuove rivendicazioni via web. Le firme, ancora tutta da verificare: «Brigate Martiri del Sinai» e «Mujaheddin dell’Egitto».
Lorenzo Cremonesi
25 luglio 2005

da corriere.it
valmont74Posted: 25/7/2005, 07:15
La notte dell’orrore

A Sharm strage di egiziani e stranieri
Almeno novanta morti, in maggioranza arabi
Arrestati 35 sospetti nella penisola del Sinai
SHARM EL SHEIKH — La facciata è completamente crollata. Dove prima c’era la lobby e il bar che conduce al salone da pranzo, ora si vedono solo pile di macerie. Creme da sole e sangue sul selciato. Vetri infranti di narghilè e seggiole di vimini sventrate: tutto scaraventato nelle aiuole transennate dalle squadre speciali della polizia. Non doveva esserci molta gente all’una di ieri notte all’entrata del Ghazala Gardens Hotel. Ma sicuramente chi c’era non potrà più raccontarlo. E’ qui infatti che sono morti quasi tutti i 9 turisti stranieri nella serie di tre attentati che ha sconvolto Sharm el Sheikh. Probabilmente anche Sebastiano Conti, il 34enne che sino a ieri sera veniva contato come l’unico italiano deceduto tra la decina di feriti. «Nessuno grave, solo due sono in condizioni considerate stabili, ma bisognosi di cure», specificano i diplomatici italiani arrivati in fretta e furia dal Cairo. Certo che chi ha scelto proprio questo albergo tra le centinaia su questo tratto di costa del Sinai meridionale sapeva bene di colpire un simbolo. Il simbolo della pace e della via negoziale contro quella del terrorismo e della violenza. Nel Ghazala sono stati spesso organizzati gli uffici stampa dei summit israelo-palestinesi dalla metà degli anni Novanta a oggi. E ancora lo scorso autunno proprio qui si incontravano i portavoce dei governi impegnati nella conferenza dedicata alla ricostruzione dell’Iraq.
La deflagrazione è stata violentissima. «Mi trovavo con un amico alla stazione degli autobus, una ventina di metri dalla lobby del Ghazala e non lontano dall’Hotel Moevenpick. All’improvviso ho visto un’auto che saltava sul marciapiede e a velocità elevata sfondava la vetrata. Ho avuto solo il tempo di voltare la testa per guardare meglio. E c’è stato lo scoppio che ci ha buttati a terra. Per qualche secondo non sono riuscito a respirare, ho visto la morte sfiorarmi vicinissima», racconta traumatizzato dal letto dell’Ospedale internazionale Walid Rafiah, un programmatore saudita che era venuto con l’amico Said al-Ghool per una settimana di immersioni lungo la barriera corallina. Lui ora ha il corpo lacerato dalle schegge. Said giace nel letto con le due gambe spezzate. Secondo un’altra versione, a scoppiare sarebbe stata invece una bomba piazzata in precedenza nella lobby. Se così fosse, vi sarebbero solo due auto-bomba e un ordigno posto separatamente. Ma andiamo con ordine. Perché nel caos delle ore seguite agli attentati — con le spiagge deserte davanti a un mare perfettamente blu, i pochi turisti scioccati a fissare sperduti le vetrine infrante dei negozi dove sino a poco prima avevano fatto shopping, gli ordini confusi della polizia e le sirene dei mezzi di soccorso—già poche ore dopo il nostro arrivo a Sharm el Sheikh una verità appariva evidente: i terroristi hanno fallito. Volevano uccidere più occidentali, probabilmente i kamikaze nella loro missione suicida puntavano soprattutto agli italiani. Ma a morire sono stati in gran maggioranza egiziani. Almeno un’ottantina, oltre a una quota preponderante di loro tra i circa 200 feriti.
Cercavano di ripetere il massacro di Bali o quello di Luxor pochi anni fa. E invece hanno replicato le carneficine che negli ultimi mesi stanno falcidiando la popolazione civile irachena. Vittoria possibile invece, anche se le autorità hanno già annunciato di aver effettuato 35 arresti nella zona del Sinai, per quello che riguarda il tentativo di boicottare l’economia egiziana e spaventare i turisti. «Adesso ci vorranno anni per riportare i bagnanti sulle nostre spiagge. Chi ci pagherà il danno?», lamentano in coro gli egiziani. Ecco il film dell’attentato, ricostruito anche con le testimonianze della popolazione e alcune osservazioni ufficiose di un poliziotto locale. Tutto lascia credere che le bombe dovessero esplodere contemporaneamente verso l’una di notte nella zona di Naama Bay, il vero centro del turismo straniero nell’area, dove sono concentrati gli alberghi di lusso, i migliori bar e ristoranti, la villa del presidente Hosni Mubarak e le spiagge frequentate 12 mesi all’anno. Invece qualche cosa non funziona per il primo kamikaze. Arriva verso l’una meno un quarto nel centro del «vecchio mercato». Una definizione un po’ pretenziosa: qui dopo la Guerra del Kippur, nel 1973, c’erano solo postazioni militari, sabbia, dune e beduini che vendevano angurie. Tutte le strutture turistiche sono state costruite dopo il ritiro israeliano nel 1982, seguito alla pace di Camp David. L’attentatore percorre la via principale, che a quest’ora è frequentata praticamente solo da egiziani che prendono il fresco e si avviano verso casa dopo una giornata di lavoro con i turisti. Ora gli manca solo di girare a sinistra e imboccare la litoranea che lo condurrà a Naama Bay.Maalla svolta incontra un inaspettato posto di blocco della polizia egiziana. Probabilmente si lascia prendere dal panico, teme di essere scoperto, e fa brillare l’esplosivo.
La deflagrazione scava nell’asfalto un cratere profondo quasi un metro, scaglia il blocco motore della vettura ad almeno 30 metri di distanza e uccide una cinquantina di egiziani. Diverse auto prendono fuoco, i vetri infranti delle vetrine si trasformano in schegge micidiali. Circa 10 minuti dopo è la volta dell’attacco contro il Ghazala. Apparentemente l’unico che raggiunge l’obbiettivo prefissato. «Qui quasi nessuno aveva sentito l’esplosione nel vecchio mercato. Dista cinque o sei chilometri. La gente era tranquillamente per le strade. Nessun segno di allarme da parte della polizia. Anzi, relax completo, con i capannelli di giovani che ancora indugiavano nel discutere se andare a bere un ultimo drink nelle discoteche e i pub sulla spiaggia», raccontano Andy Wilson e Mark Chilton, due istruttori inglesi di sub, sulla trentina, che in passato hanno fatto parte dei corpi speciali dell’esercito britannico e dal 2003 vivono in pianta stabile sul Mar Rosso. Sentono lo scoppio, cadono le vetrate nella hall del loro albergo e si precipitano in strada. «Abbiamo assistito a una baraonda. Con i poliziotti e gli agenti dei servizi di sicurezza pronti a fuggire davanti ai turisti. Per lungo tempo non c’è stato nessun tipo di aiuto organizzato alle vittime. Niente ambulanze, niente paramedici e niente poliziotti a controllare il terrore», aggiungono polemici.
Trascorre una decina di minuti, ormai siamo oltre l'una e un quarto di notte, quando scoppia la terza bomba, a circa 800 metri dal Ghazala. Nella stazione dei taxi a Naama Bay, che in quel momento è semideserta. Poche ore prima sarebbe stata trafficatissima. Fortuna o un secondo errore? Fatto sta che in quel momento le vetture sul posto sono solo due. L'onda d'urto le investe in pieno. Alcune ore dopo sono ancora ferme sul selciato, tempestate di schegge, sporche di sangue e brandelli di carne sulla parte anteriore. Qui le vittime non sono molte, meno di una decina. I feriti molti di più. «Ho visto un giovane. Penso mormorasse in italiano. Anzi, sono certo fosse italiano. Si lamentava, soffriva, aveva ferite profonde all’addome », continuano i due inglesi. Più tardi i diplomatici italiani all’ospedale negheranno vi siano feriti tanto gravi. Ma ciò che più stupisce i testimoni è il luogo dell'esplosione: «Bastava che i terroristi percorressero una cinquantina di metri in più e avrebbero incontrato migliaia di turisti seduti ai tavolini di bar e ristoranti sul lungomare. Sarebbe stato un massacro». Verso le dieci di ieri mattina arriva Mubarak. I corpi speciali dell'esercito lo scortano tra le macerie. Cammina nel mercato mentre ancora decine di lavoratori cercano di pulire la strada dai detriti. «Questa barbarie ci spronerà a combattere il terrorismo più determinati di prima», dice. Ma, ancora quasi non ha terminato, che su Internet appare un comunicato, giudicato «attendibile» dagli esperti, in cui le «Brigate del Martire Abdallah Azzam, rivendicano la paternità dell'azione «devastante contro i crociati, i sionisti e il regime egiziano infedele». Una sigla nota agli esperti del terrorismo, considerata alleata alla galassia di movimenti islamici ispirati da Osama bin Laden. Ma qui la gente proprio non ci crede. «Ma che Bin Laden! Voi occidentali non fate altro che criminalizzare l'Islam», reagiscono quasi all'unisono tra la popolazione locale. Non c'è ostilità per i turisti. Anzi tutti sono invitati a restare. «Se il turismo chiude, l'Egitto va in bancarotta », esclamano con lo stesso tono il fruttivendolo e l'avvocato. Ma è anche palpabile una frustrazione strisciante. «Ve lo diciamo noi chi è stato.
I terroristi vengono da Israele, sono gli israeliani a volere il collasso economico dell'Egitto. Al Qaeda non c'entra con le Torri Gemelle, così come non c'entra con Londra e Sharm el Sheikh», rincarano i proprietari del supermarket Sharm Express, a poche decine di metri dalla devastazione nel mercato vecchio. Intanto si sparge la voce che una delle vetture kamikaze ha la targa israeliana. E non c'è più discorso razionale che tenga. Per tanti, i criminali sono sempre loro: «Gli israeliani, gli ebrei». E gli stranieri? Per l'intera mattina sono spariti, invisibili. Molti cancellano le prenotazioni, altri anticipano il rientro. I più chiamano nervosamente sul telefonino i parenti rimasti a casa e prendono tempo. C'è chi ha anche le idee chiare. «Resteremo e torneremo. Dobbiamo dare fiducia agli egiziani. Noi sono 11 anni di seguito che veniamo a Sharm», dicono Lella Tonti, di Cesena, e Rosangela Fusco di Seregno con il marito Gianni. Eccezioni davanti al fuggi fuggi generale? Non tanto. In serata piscine e spiagge dei grandi alberghi erano tornate a riempirsi di gente decisa a non farsi rovinare la vacanza dai terroristi.
Lorenzo Cremonesi
24 luglio 2005
da corriere.it

Ho sempre pensato che questo attentato è diretto ANCHE contro l'Italia perchè quella è una zona in cui sono stati investiti capitali italiani e ci soo moltissimi turisti italiani
Esistono nella storia momenti di non ritorno, però, colpire l'Egitto comunque e la sua economia alla lunga non credo che porterà a questi scuacalli vigliacchi dei benefeci, anzi servira' quersta strage solo a capire che la CASSANDRA Oriani Fallaci AVEVA RAGIONE..e che è lucidissima nel fare certe analisi alla faccia dei beoti ottusangoli che credono di essere illuministi ma intanto sono dei fessi emeriti che si prestano ad aiutare chi è più fesso di loro nell'aggredire chi non è supino ai voleri del fesso .
verbenasapiensPosted: 24/7/2005, 15:51
Illusionisti pericolosi

La parola terrorismo non va fatta sparire

di Giovanni Sartori

Dopo l’attacco terroristico di Londra la «zietta », la British Broadcasting Corporation (Bbc) ha deciso che non era il caso di spaventare oltre misura i suoi nipotini, gli inglesi, e quindi ha deciso che la parola terrorismo andava bandita e sostituita con la parola bombers, «bombisti». Ma perché mai gli inglesi non dovrebbero essere spaventati? Uomo avvisato mezzo salvato. Invece uomo ingannato mezzo fregato. Quando la paura è giustificata, allora è «salvifica», allora fa bene. Ma fin qui è una questione di opinioni. La questione seria è la questione sottostante: la liceità della manipolazione del linguaggio. Una manipolazione nella quale la Bbc si esercita da tempo. Per il broadcasting britannico i terroristi irlandesi sono dei «criminali », quelli palestinesi sono «militanti», gli islamici di Londra dell’altro giorno sono dei «bombisti». Eppoi si dice che i media di massa semplificano troppo. Qui, invece, «sofisticano » e mistificano. La filosofia della Bbc è che il linguaggio deve essere «neutro», deve essere asettico, e cioè che non deve implicare valutazioni né di bene né di male.
Il dibattito è antico. Già Hobbes sapeva. E da un secolo a questa parte il principio della «avalutatività» (la Wertfreiheit di Max Weber) è stato al centro del dibattito delle scienze sociali. Per questo principio lo studioso non deve valutare e non deve «prescrivere »: deve soltanto descrivere. D’accordo. Ma come? Addirittura arrivando a sterilizzare il linguaggio? In tal caso dovremmo eliminare tutte le parole emotive e valutative che indicano cose buone (desiderabili) ovvero cose cattive (da rifiutare). Pertanto una volta imboccata questa china la Bbc non si può fermare alla eliminazione della parola terrorismo (che suscita, appunto, emozioni di rigetto). Alla stessa stregua dovrebbe espungere dal suo vocabolario la parola pace (rea di essere scandalosamente apprezzativa). Anche «guerra » non va bene: meglio sostituirla con la dizione più asettica di «dissenso armato». E così via per centinaia e centinaia di parole. Quel che sfugge agli apprendisti stregoni della Bbc è che la vita umana è tale proprio perché intessuta di valori che perseguiamo e di disvalori che rifiutiamo, e che questo «tessuto di valore » ci viene fornito dal linguaggio. Gli animali non hanno un linguaggio valutativo; gli esseri umani sì.
A dispetto della Bbc, non è davvero il caso di animalizzarlo. C’è poi un’altra faccia della medaglia. Eliminare parole è impoverire la presa e la precisione del linguaggio. Come diceva Linneo: nomina si nescis, perit et cognitio rerum, se non hai un nome non percepisci nemmeno la cosa. Così, se non dici terrorismo fai sparire eo ipso la realtà che denota. Il terrorismo c’è, ma se resta innominato lo cancelli. Io sono affascinato dagli illusionisti. Ma al teatro, non alla Bbc o al governo. La parola deve dunque restare, anche se resta il problema di definirla. Sulla definizione del termine i giuristi ancora annaspano, e i dizionari fanno davvero acqua. Eppure la parola ha, per così dire, una sua evidentissima trasparenza semantica: indica un intento, l’intento di terrorizzare al massimo, con qualsiasi mezzo e senza limitazione di bersaglio, il maggior numero di persone possibili. Questa definizione già basta, direi, a differenziare il terrorismo globale e fideistico del nostro tempo dai più modesti terrorismi locali (baschi e irlandesi), dagli anarchici, resistenti, partigiani e simili. Ma questo è, beninteso, un discorso da approfondire.
24 luglio 2005

da corriere.it

che altro aggiungere di mio?A parte che concordo con Sartori..peccato che lui non si accorga di concordare con la Fallaci, ora..
Chissà se qualche bloggista fru fru, di quelli che parlano anche di mondanità, in carenza di mondane ma non di mondine ( di grossa stazza pero') cozzute, conviene o no
verbenasapiensPosted: 23/7/2005, 19:43
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verbenasapiensPosted: 23/7/2005, 19:40
I morti sono 90, tra cui un italiano.

I feriti sono 200 Egitto: tre bombe a Sharm, nuova strage

Tre autobombe in due hotel a Naama Bay e nel vecchio bazar di Sharm el-Sheik affollato di turisti.

Al Qaeda rivendica sul web

SHARM EL-SHEIK (Egitto) - Nuova strage contro i turisti in Egitto e purtroppo c'è anche una vittima italiana: Sebastiano Conti, 33 anni, della provincia di Catania. Dopo le bombe contro gli hotel di Taba del 7 ottobre scorso in cui morirono anche due giovani piemontesi, nella notte sono esplose tre bombe a Sharm el-Sheik, nel Sinai egiziano. I morti sono almeno 90, tra questi almeno sette-otto stranieri, il resto tutti egiziani. I feriti sono 200, di cui almeno 32 stranieri, secondo il ministro dell'Interno egiziano che si è recato subito nella località colpita. In particolare 21 sono italiani, cinque sauditi, tre britannici, un russo, un ucraino e un arabo israeliano.

In ospedale sono ancora ricoverate molte persone, di queste 23 sono in condizioni definite critiche. Il ministero degli Esteri italiano ha confermato che tra i feriti ci sono almeno dieci italiani, «non gravi» e già usciti dagli ospedali dopo le prime cure.

FERITI - Otto dei dieci feriti italiani rientreranno entro sabato sera con un C-130 dell'Aeronautica militare italiana con una squadra medica. Il ministero della Difesa ha inoltre messo a disposizione dei diplomatici italiani le strutture del contingente italiano che opera con tre pattugliatori nel porto di Sharm nell'ambito della missione Multinational Force and Observer.
La Farnesina ha istituito un numero di telefono per avere informazioni sugli italiani presenti a Sharm el-Sheik. Il numero è 06.36225.
LA SEQUENZA - Le esplosioni sono avvenute tra l'una e l'1,15 di notte (un'ora in meno in Italia). La prima esplosione è avvenuta nel vecchio bazar di Sharm el-Sheik. Secondo il governatore della provincia del Sinai del Sud, Mustafa Afifi si è trattato di un'autobomba nel posteggio dei mini-bus, ma altre testimonianze parlano di una bomba in una borsa. A quell'ora i caffè, i ristoranti e i negozi erano affollati: i morti qui sono stati almeno 17, probabilmente tutti egiziani.
Un quarto d'ora dopo un'autobomba, probabilmente condotta da un kamikaze, è penetrata nella reception dell'hotel Ghazala Gardens a Naama Bay, località a pochi chilomentri dal centro di Sharm el-Sheik, la perla del turismo balneare egiziano sul mar Rosso molto frequentata dai vacanzieri italiani in ogni stagione. L'esplosione ha devastato il complesso di 176 stanze.
Poco dopo una terza auto è saltata in aria nel posteggio del vicino hotel Jolie Ville Mövenpick Resort & Casino, sempre a Naama Bay.

RIVENDICAZIONE - In mattinata un gruppo terroristico legato ad Al Qaeda ha rivendicato su internet in un sito islamico gli attentati di Sharm. L'autenticità è al vaglio degli inquirenti. Il messaggio è firmato «Gruppo di Al Qaeda nei Paesi del levante e in Egitto».

MUBARAK - Proprio sabato il presidente egiziano Hosni Mubarak, che ha una residenza a Sharm ma al momento degli attentati non si trovava nella località, avrebbe dovuto annunciare la sua candidatura per il quinto mandato presidenziale nelle elezioni che si terrano in settembre. Il 23 luglio inoltre è l'anniversario della rivoluzione nasseriana. Il presidente poco prima delle 11 è giunto a Sharm per fare il punto della situazione e per visitare i feriti. Mubarak ha ribadito in un discorso televisivo «la determinazione a proseguire con forza la lotta contro terrorismo» e ha aggiunto che nessuno minerà la sicurezza dell'Egitto.
23 luglio 2005
da corriere.it
verbenasapiensPosted: 23/7/2005, 07:33
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verbenasapiensPosted: 23/7/2005, 07:30
Il cordoglio dei leader politici
Kofi Annan: "Dolore e collera"

ROMA - A poche ore dall'attentato di Sharm El Sheikh, i leader politici di tutto il mondo esprimono cordoglio e indignazione. Il segretario Onu Kofi Annan esprime dolore e collera in un comunicato diramato a New York da un portavoce: "Il Segretario generale della Nazioni Unite esprime il suo dolore e la sua collera all'annuncio dei molteplici attentati kamikaze con autobomba nel Sinai, che ha colpito crudelmente la coraggiosa nazione egiziana nel giorno della sua festa nazionale".

Oggi in Egitto si celebra il 53/o anniversario della Rivoluzione del 23 luglio 1952, quando il gruppo di 'ufficiali liberi' guidati da Gamal Abdel Nasser rovesciò il regime monarchico di re Faruq e aprì la strada alla Repubblica Araba d' Egitto. "Una volta di più in questo mese tragico, egli condanna l'uso del terrore e della violenza cieca contro civili, che nessuna causa e nessuna fede possono giustificare", afferma il documento.

Annan ha inviato le sue condoglianze alle famiglie delle vittime, al popolo e al governo egiziani e ai dirigenti di tutti i Paesi che hanno avuto loro cittadini fra le vittime degli attentati della notte scorsa.
da repubblica.it

Parole, chiacchiere e distintivi: vene o viente e l'accocchia: quo usque tandem?( e non mi riferisco ad un tandem cretino che vuole vivere fuori dal mondo..tanto vive bene uguale..senza fare un tubo)
verbenasapiensPosted: 23/7/2005, 07:28
Una serie di autobombe nella zona del bazar e degli hotel
sono scoppiate nel giro di un quarto d'ora.

Panico nelle strade
Strage a Sharm el Sheikh
almeno 50 morti e 200 feriti

Azione coordinata compiuta da attentatori suicidi


I soccorsi
SHARM EL SHEIKH (Egitto) - Una serie di autobombe sono esplose in rapida successione nella notte a Sharm el Sheikh. Secondo un bilancio ancora provvisorio ci sono 50 morti e 200 feriti, 120 dei quali sarebbero in condizioni gravi. Tra questi ultimi ci sono degli italiani. Il terrorismo è tornato quindi a colpire l'Egitto, paese arabo moderato, meta ogni anno di centinaia di migliaia di turisti occidentali. E a quanto pare, l'attacco è stato compiuto da kamikaze.

La situazione è stata a lungo molto confusa. Anche il numero esatto delle esplosioni non era certo e variava da tre (secondo il governatore della provincia del Sinai meridionale) a quattro (Al Jazeera) a sette (secondo alcuni testimoni). L'ipotesi più accreditata è quella che le esplosioni siano state tre e che i testimoni siano stati tratti in inganno dagli echi.

Al momento degli attentati, all'una di notte ora locale (mezzanotte in Italia), le strade della città erano affollate. Ci sono state scene di panico, la gente è fuggita terrorizzata per le strade della famosa località balneare del Mar Rosso.

La prima esplosione è avvenuta nel bazar della città vecchia. Il boato è stato avvertito nel raggio di circa un chilometro. Subito dopo è scoppiato un incendio e una nube di fumo si è alzata su Sharm.

Circa 15 minuti più tardi ci sono state altre esplosioni nell'area degli alberghi a Naama Bay. Una al Ghazala Gardens, devastato dalla deflagrazione, un'altra nelle vicinanze del Moevenpick Hotel.

E con il passare delle ore è apparso chiaro che si è trattato di un'azione coordinata compiuta da attentatori suicidi. Diverse testimonianze hanno avvalorato questa tesi almeno per tre esplosioni. Il parlamentare Alà Husnein, che si trovava a Sharm el Sheikh, ha ad esempio raccontato di essere stato testimone di uno degli attentati suicidi. Intervistato dalla tv satellitare Al Jazeera, ha detto di aver visto l'autobomba che è andata a schiantarsi contro il Ghazal Gardens: "Era in movimento quando è esplosa".

E qualche ora dopo le esplosioni gli alberghi della zona hanno fatto sapere di aver annullato tutte le escursioni in programma per sabato e di aver invitato gli ospiti a rimanere nelle loro stanze.

Naama Bay è l'area di Sharm el Sheik a più alta concentrazione di alberghi, in questi giorni affollati di turisti, moltissimi dei quali europei. Nel Golf Hotel, adiacente al Moevenpick, il presidente egiziano Hosni Mubarak ha una casa per le vacanze.

Tutta l'area era molto affollata al momento degli attentati: a quell'ora negozi e bazar sono pieni di gente, soprattutto turisti che scelgono di passeggiare di sera e di notte per trovare un po' di refrigerio dopo una giornata di caldo torrido.

L'ultimo atto terroristico in Egitto risaliva ad aprile quando tre turisti erano rimasti uccisi e altri feriti in due attentati al Cairo. Nell'ottobre scorso fu colpita Taba, località turistica al confine con Israele: persero la vita 34 persone, tra le quali due sorelle italiane, Jessica e Sabrina Rinaudo.

(23 luglio 2005)
da repubblica.it